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«Eh sì, il progresso certo è una buona cosa ma non ci sono più i sapori antichi, quelle pietanze di una volta preparate con amore e che facevano così bene»

 

così diceva, strettamente in dialetto, il mio bis-nonno Nicola a mio nonno Raffaele nel 1925.[1] E’ proprio vero, il tempo passa ma le sciocchezze sono sempre le stesse; così, nonostante un’alimentazione più sana e cibi più controllati, che hanno contribuito ad allungare la vita media agli attuali 75 anni, troviamo sempre il solito ambientalista della domenica che perfettamente omologato alla corrente luddista propagata tramite app per smartphone è pronto ad ammorbarci la vita con le sue sparate inconcludenti e intrise di ignoranza su OGM, grassi idrogenati, oli vegetali, emulsionanti ed altre amenità che insieme alle scie chimiche minaccerebbero la nostra salute e provocherebbero il cancro, notoriamente assente fino agli anni ’80. Ah le malattie del benessere!!

 

Oggi vi parlerò, quindi, di 5 cibi figli dell’era industriale e assolutamente non genuini ma tanto buoni e che fanno tanto tanto bene allo spirito.

 

Al quinto posto gli Hamburger di McDonald’s

Big MacAd essere onesto non mi piacciono molto i panini del noto fast food ma se sono fuori e non so dove andare a mangiare li preferisco a qualunque altro cibo “take away” perché sono certamente migliori di molti panini del bar, con una fetta di salame nel sandwich del giorno prima. E’ ovvio che si tratta di panini precotti infarciti di prodotti chimici, che vengono riscaldati al momento e vanno mangiati subito, ma chi se ne frega! Poi c’è da dire che i ristoranti della catena McDonald’s sono molto accoglienti e a misura di famiglia con gli Happy Meal, le palestrine e tutto il resto. Alla domanda «daresti mai da mangiare a tuo figlio di un anno e mezzo un hamburger di McDonald’s» la risposta è scontata «lo faccio già» ho la netta sensazione che il cibo della catena di  ristoranti fastfood più diffusa del pianeta sia più controllato  del piatto di pasta della trattoria da “Mario il Trucido“[2]

 

Al quarto posto i wurstel

wurstelSi tratta di  carne di varia derivazione che viene sottoposta a una minuta macinazione insieme a grasso di maiale, aromi, additivi e a un’alta percentuale di acqua (ghiaccio), insaccata in budelli naturali o artificiali e quindi cotta in forni a vapore, i salsicciotti così realizzati vengono quindi confezionati sottovuoto in un involucro costituito da una pellicola di plastica.

Effettivamente la descrizione non è un granché ma il risultato è sorprendentemente buono. Generalmente i wurstel vanno consumati dopo essere cotti, che dire dei mitici hot dog… personalmente non disdegno nemmeno di mangiarli crudi e mi piacciono molto sulla pizza o nei rustici. Mio figlio Pierpaolo poi ne va pazzo, adora gli hot dog… crudi :-)

Al terzo posto la carne in scatola

Walter Chiari e la SimmenthalMi piace molto la carne in scatola sia che si parli di Simmenthal, Montana e analoghi, carne lessa conservata in gelatina, con cui si fanno delle ottime insalate  sia i pasticci di carne tipo quelli della Tulip o il famoso Spam con carne di maiale tritata e pressata, ottima in padella o impanata. Una buona  soluzione quando torno a casa, non c’è nessuno, ho fame e non ho voglia di cucinare nulla (cioè praticamente sempre).

Consiglio una semplice soluzione gastronomica con la carne in gelatina: una scatoletta in un piatto insieme a un cucchiaio di maionese e pomodori. Condire con sale e olio d’oliva (che è più genuino). Non so di preciso il livello calorico di tale pietanza e francamente non me ne importa una sega.  La carne Simmenthal e ottima anche per fare le polpette o nel sugo.

Al secondo posto la Coca Cola

coca-colaSiamo ad agosto ci sono quaranta gradi e vostra moglie vi costringe ad attraversare una città assolata perché ha deciso di andare per negozi, cosa meglio di una Coca Cola per dissetarsi?

La Coca Cola nasce come rimedio per il mal di testa e fu inventata, nel 1886, da un farmacista, ad Atlanta.

Da allora qualche elemento è stato cambiato ma sostanzialmente  si tratta di acqua, zucchero, acido citrico, vaniglia e caramello più ovviamente aromi e altre schifezze. Il risultato però è sorprendente, una bibita incredibilmente buona e dal sapore totalmente artificiale. Ottima per accompagnare qualunque pasto, sopratutto se di cibi industriali. :-) Inutile dire che mio figlio Pierpaolo va pazzo per la Coca Cola.

Al primo posto la Nutella

NutellaLa Nutella è l’alimento più odiato dai nutrizionisti della domenica che amano discutere di grassi saturi e zuccheri, riempiendosi la bocca di percentuali di nocciola e di latte in polvere per giungere alla conclusione che la Nutella faccia male alla Salute.

E’ inutile che stia qui a elogiare le proprietà terapeutiche di questo capolavoro gastronomico della Ferrero, se anche fosse vero che mangiarla corrisponda ad un lento suicidio è anche probabile che la Nutella abbia contribuito a salvare più di una persona da pensieri di auto-eliminazione, variando semplicemente l’equilibrio biochimico del cervello grazie al massiccio apporto di zuccheri :-)

Mi limito a dire (e ribadire) solo una cosa, che è quella che conta, la Nutella è buona!

E dopo questa insolita top 5, se qualcuno fosse interessato ad approfondire senza pregiudizi, rimando a questo articolo di Messer Sottile, a proposito del saggio di Dario Bressanini,  Pane e Bugie.

[1] Non lo so se il mio bisnonno l’abbia detto veramente, leggetela come una parabola

[2] Non so se esiste realmente una trattoria “da Mario il Trucido” in questo caso vale il disclaimer “ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale

 

Mi riferisco alla consultazione che ha sancito la cancellazione della legislazione relativa all’installazione di nuove centrali nucleari in Italia, fatta sull’onda del disastro nucleare di Fukushima-Daiki. Ve lo ricordate, vero, lo spettro di centinaia di migliaia di morti aleggiare sul Giappone, il blocco delle importazioni alimentari, le notizie che davano Tokyo come città fantasma… beh scusate signori ma c’eravamo sbagliati. Sì, perché, se pure senza il rilievo mediatico che la questione meriterebbe, a quanto pare la rivista Nature ha presentato ben due studi scientifici che hanno analizzato nei dettagli tutti gli aspetti degli eventi di Fukushima, valutando la dose di radiazioni assorbita in relazione agli effetti biologici. Beh, riassumendo, di tutti gli operai  kamikaze che hanno lavorato per tenere sotto controllo i reattori durante la crisi nucleare solo sei di loro avrebbero superato la soglia di 250 mSV(millisievert) di radiazioni assorbite e solo due di loro, quelli che erano nelle centrali di controllo dei reattori, avrebbero superato la soglia di 600 mSv e solo perché non avevano potuto prendere le compresse di iodio che avrebbero ridotto l’assorbimento delle radiazioni letali. Per la cronaca sotto i 100 mSV non esistono prove scientifiche di un aumento delle casistiche tumorali mentre 250 mSV è la soglia prevista, dalla legge giapponese, per gli operatori che devono lavorare in caso di emergenza nucleare. Per quanto riguarda la popolazione civile, poi,  l’OMS  parla di un  assorbimento di radiazioni pari a quella di una TAC all’addome (10 mSV).

Sì lo so, anche questo fa parte del solito complotto demo-pluto-giudo-massonico-bancario, lo so che la scienza ufficiale e la rivista Nature sono asserviti alle logiche del potere, lo so che i tumori si curano col bicarbonato e che i pannelli solari nel Sahara insieme all’ E-cat  a fusione nucleare di Andrea Rossi risolveranno tutti i problemi del pianeta e so anche che, nella peggiore delle ipotesi, ripuliremo tutto con la bio wash ball di Beppe Grillo.

Ieri mattina ho incontrato il mio amico Roberto Lorusso che mi ha detto, fra le altre cose, di aver cambiato la sua Volvo, di dieci anni, per una Smart; ciò per una precisa scelta etica, dettata dalla sua volontà di mantere un regime di vita basato sul rispetto dell’ambiente e della collettività. Ineccepibile, una Smart ha bisogno certamente di minori risorse e indubbiamente inquina meno di una vecchia Volvo a nafta, io ho obiettato solo che, probabilmente, la piccolina di casa Mercedes non fosse altrettanto comoda, in particolare per un uomo alto 1,90. Tuttavia ho continuato a riflettere su questo episodio e mi sono ricordato di una cosa che avevo letto un po’ di tempo fa. Si tratta di un vecchio rapporto realizzato da Amici della Terra in collaborazione con le Ferrovie dello Stato dove, in breve, si facevano due conti sui costi di fabbricazione e smaltimento di un’autovettura in rapporto a quelli dei mezzi di trasporto collettivo.

In breve il documento partiva dall’assunto che un’autovettura, oggi, pesa mediamente circa 1,2 tonnellate di cui la maggior parte acciaio e ghisa, poi  alluminio,  rame,  vetro,  plastica,  gomma, vernici senza considerare la  batteria,  i pneumatici e i liquidi vari.

La produzione  richiede l’utilizzo di più di 100 metri cubi di acqua, l’emissione di 4 tonnellate di CO2 e la produzione di quasi 200 Kg di rifiuti non riciclabili mentre, nello smaltimento, il 20% dei materiali non può essere riciclato finendo in discarica per rifiuti speciali o pericolosi e in parte abbandonato nell’ambiente.

Ora non è il caso di Roberto che ha tenuto la sua macchina per dieci anni ma la maggior parte delle vetture vengono vendute o rottamate dopo 6-7 anni di vita e più o meno 200.000 Km.

La realtà è che:

1) nulla, a parte l’introduzione dell’obsolescenza programmata, vieta ai produttori di costruire automobili in grado di durare 20 anni e 1.000.000 di km(1);
2) il cambio della vettura, troppo spesso, è indotto dal susseguirsi delle mode e dall’uscita di nuovi modelli(fino all’introduzione del MY, Model Year, che porta a differenziazioni in piccoli particolari stilistici) che rendono obsoleto il modello precedente introducendo, negli allestimenti, elementi tecnici di cui nessuno sente realmente  il bisogno fino a quando, questo, non viene indotto dalla pubblicità e dalle mode;
3) riparare un’automobile costerà sempre meno che comprarne una nuova.

Tutto ciò non cambia nemmeno se sostituisco un’auto inquinante con una (teoricamente) pulita, perché il punto di pareggio fra i costi ambientali di produzione e smaltimento e il delta fra il vecchio e il nuovo fattore di carico ambientale potrebbe anche non essere mai raggiunto, in particolare, se il ciclo di vita delle vetture rimane troppo breve; intendo, in pratica, che anche se si dovesse passare ad una macchina realmente  meno inquinante il danno all’ambiente rimarebbe  sostanzialmente inalterato(2).

Non nascondo che stavo pensando di sostituire la mia FIAT Stilo 1.9 JTD da… ehm… 115cv (che infinite soddisfazioni mi ha dato) e lo stavo facendo cercando di autoconvincermi che fosse diventata vecchia, inaffidabile ed economicamente non sostenibile. La verità è che, in fondo, ho sempre saputo che queste sono banali giustificazioni anche se non avevo mai razionalizzato la cosa; dopo queste riflessioni, dunque, magari cambierò la macchina ma, almeno, lo farò con la consapevolezza che la mia scelta è dettata dal piacere di guidare un’automobile nuova senza inventare scuse con me stesso e sapendo che la mia decisione si concretizzerà in un costo economico per me (nessun risparmio nemmeno sul lunghissimo termine) e in un costo per l’ambiente :-)

(1) un mio collega, con una Mercedes 190, 2.0, del 1992 ha percorso 1.200.000 (un milioneduecentomila) Km prima della rottamazione

(2) ciò vale anche per le auto elettriche, per lo meno fino a quando l’elettricità verrà prodotta utilizzando, in maggioranza, fonti di energia a forte impatto ambientale. L’unica soluzione sostenibile, allo stato attuale, è la scelta di rinunciare al mezzo privato in favore dell’utilizzo dei mezzi pubblici; possibilità, questa, sostanzialmente non perseguibile, se non nelle grandi città, vista l’esiguità della spesa (non solo in Italia) per il trasporto pubblico.

Visto che siamo in tema ambientalista, stamattina voglio parlare di un film francese del 1996, diretto e interpretato dalla ottima Coline Serrau.

 

La Belle Verte è una commedia che denuncia gli sprechi, l’ipocrisia, il consumismo le smanie di potere che affliggono il mondo occidentale.

 

Siamo sul Pianeta Verde, come ogni anno tutti accorrono all’assemblea degli abitanti per decidere le linee guida da tenere il prossimo anno.

Gli abitanti del Pianeta Verde sono in tutto simili agli umani, solo infinitamente più evoluti; dopo essere passati dalla fase industriale, hanno rinunciato ai vantaggi della vita moderna per tornare indietro ad una civiltà bucolica in totale contatto con la natura, sviluppando così anche capacità telepatiche. La musica è stata abolita sostituita da concerti di silenzio, non esiste odio, risentimento, non si mangia carne sembra una gigantesca comune anni ’70 all’aria aperta solo che non fanno trip di acidi, non ne hanno bisogno. All’ordine del giorno, come tutti gli anni, inviare un rappresentante a studiare le condizioni del Pianeta Terra e come tutti gli anni, dall’epoca napoleonica,  nessun volontario fino a che, Mila, che aveva da poco perso il padre e scoperto di essere di origine terrestre, decide di sacrificarsi e andare a vedere a che punto sia lo sviluppo dei terrestri  aprofittando per scoprire di più sulle proprie origini.

 

Mila, così, si trova catapultata nella Parigi del 1996. I suoi tentativi di ambientarsi in questa diversa e arcaica società  serve a mostrare allo spettatore un diverso punto di vista sul nostro modo di vivere, dalla cementificazione selvaggia alla guerra in Bosnia, dallo smog al junk food, passando per la frenesia che ci accompagna tutti i giorni trasformandoci in  tante formiche impazzite.

 

Il film non è un capolavoro, ma merita certamente di essere visto, se non altro perché alla fine induce a porsi delle domande sulla nostra società e sui nostri atteggiamenti quotidiani. Fra gli interpreti una giovanissima e bellissima Marion Cotillard oggi famosissima non solo in Francia,  che rivedremo di nuovo ad Hollywood nell’atteso “Il Cavaliere oscuro – Il ritorno” e di cui vi propongo qualche foto.

 

Non è che io sia contrario al risparmio energetico e alle buone pratiche a difesa dell’ambiente, anzi. Quello che non amo sono gli atteggiamenti integralisti che spesso mascherano una fastidiosa ipocrisia di fondo, quello che non amo, l’ho già detto sono i finti ambientalisti disposti ad abbracciare acriticamente la causa del risparmio energetico listando al lutto il proprio blog in giornate come quella di ieri, organizzata come ogni anno dalla trasmissione radiofonica Catterpillar per mettere in risalto i vantaggi delle best practice per salvaguardare l’ambiente, salvo poi tenere il riscaldamento in casa a 26 gradi. Quelli che l’unica alternativa sono le energie rinnovabili e si lamentano se quando nevica rimangono senza corrente, quelli che l’auto elettrica è la soluzione di tutti i mali, come se per produrre elettricità non si usasse comunque il petrolio o il carbone, quelli che hanno salvato il mondo dalle buste di plastica a tutto vantaggio della GdO. La realtà è che il prezzo dello sviluppo sociale ed economico dei paesi occidentali lo paga l’ambiente attraverso la fornitura di una quantità enorme di energia. Non ci sono reali scorciatoie:  o si torna indietro, ma sul serio non a chiacchiere, ad una società pre-industriale, o lo sfruttamento delle risorse continuerà fino ad esaurimento. Certo ognuno di noi può contribuire evitando sprechi  ma può farlo realmente solo utilizzando il buon senso e non pensando che seguendo, quando fa comodo, le indicazioni del guru di turno riuscirà a salvare il mondo dalle profezie dei Maya.