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Durante un seminario sulla sicurezza alla York University di Toronto, teatro di un’escalation di stupri, un poliziotto ha rivolto alle ragazze l’invito a evitare di indossare abiti succinti per limitare i rischi di diventare vittime di stupri.
Il poliziotto, Micheal Sanguinetti, ha citato un luogo comune nemmeno tanto lontano dalla realtà, certo non è stato molto politically correct ma non credo pensasse di scatenare un putiferio planetario: lo slutwalk.

Da quella frase, infatti, è nato un movimento di rivendicazione dei sacrosanti diritti della donna di vestire come più ritiene opportuno senza, per questo, dover destare la bramosia del maschio e senza rischiare di essere violentata.

Negli anni ’70 Bennato cantava:

Se una ragazza, vuole di sera
andare sola per strada
non lo può fare
non è corretto
che non sia accompagnata

Andare sola per la città
e non c’è niente di male
ma una ragazza
chissà perché
questo non lo può fare

Andare sola, per la città
mi sembra un fatto normale
ma una ragazza
chissà perché
questo non lo può fare

E’ un incantesimo strano, che la colpisce da sempre
mentre il duemila, non è più tanto lontano
Tutte le sere rinchiusa in casa
ma questa volta ha deciso
e vuole andare
per la città
sola col suo sorriso

Sola per strada col suo sorriso
e chi può farle del male
se ci saranno
mille ragazze
che la vorranno imitare!

certo Bennato non parlava di abbigliamento ma già 40 anni fa, senza aspettare il moonwalk lo slutwalk, si rivendicava il  diritto della donna a poter andare in giro come e quando le pare senza per questo essere additata e senza che nessuno potesse farle del male. Oggi questo  nuovo movimento femminista al grido di “A dress is not a Yes” o simili slogan ripropone, di fatto, il vecchio motto delle femministe “L’utero è mio e me lo gestisco io” (già obsoleto quando fu coniato) e rivendicano, con orgoglio e senza vergogna, il diritto di vestire da puttana (quindi col normale abbigliamento da discoteca) e a tirarsela come ce l’avessero d’oro senza doversi necessariamente concedere al primo venuto, al contrario delle puttane vere che, invece, quando finiscono di lavorare si rivestono poiché, giustamente, si vergognano ad andare in giro con abiti sconci.

Ecco quindi il Nord Amrica e  l’Europa invase da questi flash mob più o meno organizzati con ragazze grasse, vecchie tardone e zitelle inacidite vestite da prostitute che sfilano con i loro bei colorati cartelli a rivendicare il loro sacrosanto diritto a vestire come gli pare e io allora mi domando: dove sono tutte queste femministe della domenica quando tutti i paesi occidentali partoriscono leggi e regolamento liberticidi sull’abbigliamento delle donne islamiche, costrette a scoprire il capo o il viso per venire in contro, non tanto ad una reale esigenza di sicurezza, quanto a una fasulla rivendicazione di libertà delle povere donne oppresse(1) imponendo loro, di fatto, una vera e propria violenza?

Anti femminista? No, solo poco politicamente corretto. Non penso che certe manifestazioni servano a nulla se non a assecondare l’ego smisurato di chi le organizza ma, sopratutto sono ben altri i motivi per cui le donne dovrebbero scendere in piazza. Se io fossi una donna, quello che vorrei è che non ci fossero discriminazioni sui luoghi di lavoro e che fosse tutelata la maternità; solo così una donna può riuscire a dimostrare il suo valore, solo così una donna può avere realmente gli stessi diritti di un uomo, quella di vestirsi da puttane mi sembra sia una libertà ormai ampiamente acquisita, ma io non sono una donna…

(1) al contrario di quello che si dice, in generale, le donne musulmane NON sono costrette da nessuno a vestirsi come mummie egiziane

 

Ho già avuto modo di scrivere cosa penso della democrazia diretta, in breve,  concedere ai cittadini la possibilità di legiferare su questioni di cui sanno poco o nulla equivale un po’ a fare le leggi col testa o croce.

DEMOCRAZIA DIRETTA

La democrazia diretta prevede che i cittadini, in quanto popolo sovrano siano anche legislatori e possano proporre e votare direttamente le leggi ordinarie e attraverso diversi istituti di consultazione popolare e diverse forme di partecipazione popolare.

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA

La democrazia rappresentativa prevede che i cittadini eleggano, attraverso una consultazione popolare, i propri rappresentanti  a cui delegare il compito di proporre e votare le leggi ordinarie

Appare, dunque, subito evidente che il punto debole di entrambe le democrazie siano i cittadini. Al singolo cittadino, come unico requisito per esercitare l’enorme potere di contribuire alle scelte di un paese, viene richiesto un limite d’età, di solito basso. Da qui il grosso limite dell’impianto democratico che tanto più manipolabile quanto più sono manipolabili le masse e, in un sistema come l’attuale, dove la scuola è ridotta ad un posto per parcheggiare i ragazzi mentre i genitori sono a lavoro e la cultura è propugnata quasi completamente dai media, le masse sono molto, troppo manipolabili.

La campagna per l’ormai imminente referendum abrogativo è stata esemplare per spiegare quello che voglio dire. I sostenitori del “NO”, di fatti, hanno un controllo totale dell’informazione tradizionale (TV, radio e giornali) col risultato che per far fallire il referendum non raggiungendo il quorum(*) hanno pensato che fosse sufficiente non fornire alcun tipo di informazione ai cittadini. Fosse stato cinque anni fa o un quesito meno “interessante” avrebbero avuto ragione. Nel frattempo, però, sono entrati in scena nuovi media meno tradizionali ma non per questo meno potenti in fatto di manipolazione delle masse e della realtà; parlo di internet e dei social network. I social network sono uno strumento difficilmente controllabile dall’esterno ma con un grosso limite: quando un meme si diffonde non è più possibile fermarlo finché non estingue da solo.

Cito Wikipedia

Un meme è una riconoscibile entità di informazione relativa alla cultura umana che è replicabile da una mente o un supporto simbolico di memoria, per esempio un libro, ad un’altra mente o supporto. In termini più specifici, un meme è “un’unità auto-propagantesi” di evoluzione culturale, analoga a ciò che il gene è per la genetica.

L’informazione può essere una leggenda metropolitana, un nuovo vezzo culturale, un concetto, in questo caso “4 SI ai referendum”. I social network, di fatto, hanno mandato a puttane tutto il lavoro di insabbiamento svolto dai media tradizionali: oggi tutti in italia sanno che c’è un referendum e sanno vagamente di cosa parlano i quesiti e andranno a votare SI perché hanno paura. Il fatto è che internet questa volta è stata usata non per fare informazione ma per fare propaganda a senso unico instillando dubbi, lanciando accuse, dicendo falsità e alimentando il terrorismo psicologico senza alcun contradittorio, se non altro perché, dall’altra parte se ne sono accorti tardi. Non sto facendo una valutazione sul referendum, si badi bene, ci sono ottimi motivi per votare SI e altri altrettanto buoni per votare NO, il mio è più un discorso, come dire, cybersociale.

Il punto dunque, indipendentemente dagli strumenti utilizzati, rimane sempre che l’opinione delle masse è facilmente manipolabile, basta saper premere i tasti giusti e più i media saranno pervasivi nella società, più la democrazia sarà a rischio di controllo di un Ente superiore, del resto Geroge Orwell queste cose le aveva scritte già nel 1948.

Il mio invito dunque è sempre quello di cercare di valutare le questioni utilizzando il proprio metro di giudizio senza volersi omologare a tutti costi all’opinione corrente, un po’ di sano spirito di contraddizione aiuta a valutare le questioni da tutti i punti di vista e a scegliere con più serenità. Con i nuovi media, fra l’altro, è ancora più difficile valutare bene. Mi spiego meglio: se un opinione viene esposta in TV da una persona da tutti riconosciuta essere un cretino tale opinione verrà scartata indipendentemente dal suo contenuto informativo; un meme che si diffonde invece, se pure partorito da un idiota, ha l’avvallo di migliaia di menti e viene gioco forza ritenuto affidabile.

E’ notizia di questi giorni quella di un interessante esperimento in Islanda, dove si sta scrivendo la nuova costituzione utilizzando internet per consentire a tutti i cittadini di partecipare direttamente alla sua stesura. In realtà  la supervisione dell’università di Reykjavík è molto forte e i cittadini dell’Islanda sono meno che quelli della città di Bari; questo esperimento di democrazia diretta, tuttava, rimane un interessante probabile fallimento da studiare con attenzione.

(*) i referendum abrogativi in italia prevedono, per essere validi, il raggiungimento del 50%+1 dei votanti. La cosa ovviamente si presta a forti manipolazioni sui cittadini dal momento che basta convincerne un buon numero a NON fare nulla per ottenere l’annullamento del referendum. Tuttavia l’esistenza del quorum ha un suo motivo di esistere. Nelle consultazioni referendarie io sono chiamato a votare non per eleggere un mio rappresentante ma per abrogare una legge votata da questi; dover intervenire personalmente per correggere il tiro, oltre palesare il fallimento della democrazia rappresentativa, significa anche che posso essere chiamato a decidere su questioni che magari non mi interessano perché troppo tecniche o poco rilevanti nell’impianto legislativo generale, da questo punto di vista l’astensione assume un forte significato politico di richiamo ai rappresentanti e ai cittadini che hanno sprecato risorse per una consultazione inutile/dannosa.

Il 6 giugno 2011, quindi quattro giorni fa, è nato il piccolo Gabriele, il mio secondo figlio e la mia nuova fonte di gioie e preoccupazioni, nei giorni passati non ho avuto molto tempo per scriverne, giusto un paio di messaggi su FB dal cellulare… ora che c’è un po’ di calma relativa, pubblico, con una sola mano, perché l’altra è occupata a tenere il ranocchio frignante, una piccola gallery di questi primi giorni.

Torno sua questione referendum per fare una considerazione, non tanto sui quesiti, quanto sulla campagna a favore del Sì.

In estrema sintesi fate schifo!

E’ vergognoso che si possa dire “porta anche tu un parente (o un vicino) anziano a votare!”,  siamo al limite della circonvenzione di incapace.

E’ vergognoso che vengano pubblicizzate iniziative del tipo “portate tessera elettorale timbrata c’è un caffè / panino / aperitivo / concerto/ teatro gratis”, siamo al limite del voto di scambio.

E’ vergognoso che si possa fare terrorismo con frasi del tipo “l’acqua è come l’aria, senza si muore”, vai a farti fottere, prendi  un’ampolla e corri a prelevartela alla sorgente.

E’ vergognoso che venga strumentalizzata la tragedia accaduta in Giappone per portare consensi ad un quesito che non è nemmeno quello per cui sono state raccolte le firme. A titolo di informazione Tokyo NON è una città fantasma!

Per queste ragioni oltre che, entrando nel merito dei vari quesiti, per la disonestà intellettuale condita da profonda ignoranza propugnata in questi giorni dai promotori del Sì mi sta venendo seriamente voglia di astenermi da tutti i referendum, anche perché, francamente, in questi giorni, ho cose più importanti da fare che sprecare buttare via dilapidare impiegare mezz’ora per andare a votare per quello che, sostanzialmente, è diventata niente più una consultazione politica.

E poi… come ha detto una mia amica:-Voterò NO sul nuculare, e spero che ne muoia un sacco di gente, cazzo.- ;-)

 

Quella dei “cetrioli killer” potrebbe essere una battuta presa a prestito da un romanzo della mia amica Giusy De Nicolo se non fosse che i media hanno davvero lanciato a gran voce l'”allarme cetriolo” a seguito della solita pandemia stagionale. Il risultato del nuovo spauracchio mediatico, oltre al fatto che molte ragazze questa estate dovranno accontentarsi delle zucchine, è secondo il Codacons, che le vendite di frutta e verdura sono già crollate di almeno il 15%. In effetti, ieri, ero al fruttivendolo con Monica e il suo pancione; eravamo in procinto di scegliere i cetrioli per l’insalata, quando un signore si avvicina allarmato per avvisarci del fatto che i cetrioli fossero tutti contaminati… ma si può?!?

Ma cosa è successo? Pare che in Germania un batterio fecale, normalmente innocuo, l’Eserchia Coli  avrebbe contaminato alcuni alimenti, causando la morte di 19 persone (ad oggi). Il primo indiziato fra i cibi infetti è stato il cetriolo e da qui è partita la campagna a favore delle zucchine, generalmente più sottili, ma non ancora in grado di uccidere… Dopo qualche giorno il cetriolo è stato scagionato (sono state trovate tracce del batterio ma non della variante killer) ma nonostante il sospiro di sollievo tirato dalle donne europee e gli improperi dei titolari si sexy shop, che già si fregavano (vabbè) le mani,  la Russia insieme al Libano(?) ha bloccato le importazioni di frutta e verdura dall’UE e anche i consumatori europei sono ancora in preda al panico; stessa cosa dell’aviaria, della mucca pazza e di  tutte le altre pandemie fasulle che ci accompagnano ormai da più di un decennio.

La cosa divertente questa volta, però, che il principale indiziato, il cetriolo, fosse  prodotto da agricoltura bio. In effetti la cosa non è priva di senso. Quando il consumatore si trova di fronte al banchetto di verdura biologica e legge i prezzi dal 30 al 100% in più degli ortaggi (decisamente più gradevoli alla vista) esposti nel banchetto accanto, è convinto di fare un investimento per la salute sua  e della sua famiglia  comprando roba prodotta senza pesticidi chimici, senza OGM e con metodi “naturali”. Peccato, però, che naturale non fa sempre rima con salutare e che in particolare per l’agricoltura biologica “intensiva” (eh sì come credete che i prodotti bio finiscano nella GdO) dovrebbero essere imposti maggiori controlli per evitare possibili contaminazioni “naturali” ma non meno letali. Nel caso dell’e.coli, per esempio, la contaminazione dei cetrioli  potrebbe essere dipesa dal letame che viene utilizzato come concime e che difficilmente viene prodotto “in proprio” dai coltivatori e dunque di provenienza incerta.

Una cosa è sicura: io non posso rinunciare ai cetrioli e ai pomodori d’estate. :-)