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No, Presidente, stia calmo, pensi alle coronarie, lo so che già spende un patrimonio per la patonza ma io sto parlando della patata danese… fritta!

Eh sì pare che in Danimarca, primo paese al mondo,  sia stata introdotta una norma anti junk-food, una nuova tassa che si applichera’ su tutti i prodotti contenenti grassi saturi e che prevede un aumento di 16 corone (2,15 euro) al chilo su tutti i cibi che contengono un valore di grassi saturi superiore ad una certa soglia.

In Danimarca, in attesa che venga approvata la nuova legge i cittadini stanno facendo incetta di burro, margarina, merendine, biscotti, patatine e schifezze varie prima che i prezzi schizzino a valori da mercato nero.

Ormai  in tutti i paesi occidentali è scoppiata la guerra contro i cibi grassi, il colesterolo e l’obesità e se fino a qualche anno fa il nemico era il fumo oggi è la volta dei grassi saturi. Per come la vedo io, in questo che è il giorno in cui si celebra la Giornata Mondiale dei vegetariani, ognuno dovrebbe sentirsi libero di farsi del male come vuole e se, da non fumatore, sono stato sempre contrario ai divieti di fumare, da consumatore, anche, di junk food penso che ancora una  volta, oggi nel nome di un salutismo d’accatto ci si stia privando di qualcosa, di una libertà per quanto piccola e che procedendo di questo passo…

Carne..
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
solitudine della carne
dalle anime di ogni carne

Patimento della carne
Corpo sacro della carne
compassione della carne
fuoco fatuo della carne
carne e carne
la morte della carne…

Pietà della carne
lutto della carne
il buio della carne
la passione della carne
la penitenza della carne
l’estasi della carne
il caos della carne

Scandalo della carne
sacrifico della carne
e la carne che vuole carne
santuario della carne
la morte della carne

Estasi della carne
sacrificio della carne
marcire della carne
fiorire della carne
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
non è morto
non sei morto
nella carne

L’anno scorso, di questi tempi, davo la ferale notizia della chiusura degli stabilimenti Borsci e di conseguenza della fine di un liquore, il famoso elisir San Marzano, che io ho sempre visto in casa da quando son nato e che quindi era, per me, una sorta di certezza; c’è mancato poco che mi aggiudicassi una bottiglia su E-Bay a 48 euro, tanto era lo sconforto. Oggi, mentre ero in giro per il classico shopping natalizio, Monica mi fa notare sugli scaffali la classica e mitica bottiglia di San Marzano. Io strabuzzo gli occhi, tanti sono stati i tentativi di imitazione, anche grafici, in questi mesi; questa volta no, era proprio il San Marzano. La Borsci Industria Liquori S.r.l., scopro ora, qualche mese fa è stata acquisita da un’azienda di Ostuni, la Telcom S.p.A.  leader nel settore della trasformazione del materiale termoplastico e di proprietà della famiglia Casale. Nonostante siano ancora in atto una serie di tira e molla sulla proprietà del marchio è ripresa la produzione  del mitico elisir San Marzano, dal gusto unico e inconfondibile, creato nel 1840 da  Giuseppe Borsci.

Per la cronaca a me il San Marzano non è che piaccia particolarmente, però come ho detto prima per me è una sorta di pilastro :-)

Ieri sera vado a fare la spesa e al banco frutta trovo niente meno che varie cassette di uva. Decisamente siamo fuori stagione per l’uva, con tutta la buona volontà un produttore italiano puo’ mantenere il frutto sulla vite fino ad ottobre-novembre, dicembre forse in vigneti molto ben protetti; eppure in febbraio sul bancone del fruttivendolo c’e’ ancora l’uva, a un prezzo accettabile (2,90 euro al chilo) e pure di qualita’ media. La frutta ovviamente non era stata prodotta nelle splendide campagne della Puglia ma… in Costa Rica. Ripensando a questo episodio, oggi, mi sono trovato, dunque, a riflettere sulla possibilita’, sconosciuta fino a qualche anno fa, di avere ogni tipo di frutta e verdura e in ogni stagione.
Personalmente a me l’uva piace molto e poterla comprare a febbraio a prezzi quasi da saldo mi sembra un ottimo affare; d’altro canto c’è da dire che la moda ecologista dei prodotti alimentati a chilometro zero porta con se indubbi vantaggi. Pere chi non lo sappia sto parlando di frutta, verdura, salumi, formaggi prodotti a poca distanza dalla tavola del consumatore, così da risparmiare i costi ambientali dovuti alle emissioni di gas serra durante il trasporto. Tuttavia se pure, nemmeno con dati scientifici seri, riuscirebbero a convincermi che a livello ecologico questa trovata apporti un significativo miglioramento ci sono un sacco di motivi per sostenere il consumo di prodotti territoriali. In primo luogo esiste una motivazione economica; chiaramente favorire l’agricoltura delle nostre terre e tutto il relativo indotto non può fare che bene all’economia. Una seconda motivazione riguarda la qualità dei prodotti. E’ ovvio che solo un idiota campanilista affermerebbe che i prodotti del proprio territorio siano migliori di quelli del Costa Rica a prescindere, ma è comunque evidente che un controllo sulla qualità e sui metodi di produzione sia più semplice da esercitare a 5km di distanza piuttosto che a 5000; dunque appare chiaro che la ciliega che compro a Turi direttamente dal produttore sia inevitabilmente più buona di quella importata dal Sud America che compro all’ipermercato. Ovviamente è inutile dire che la qualità costa e non tutti sono disporti a pagare un prezzo, a volte anche doppio o triplo per un prodotto, tutto sommato, simile a quello di importazione e come dargli torto… inoltre è inutile nascondersi dietro un dito, semplicemente il nostro paese non è in grado di produrre generi alimentari per tutti e se ci provasse altro che scempio ambientale… dunque l’importazione è necessaria. Torniamo quindi al punto di partenza: quanto è giusto importare i prodotti alimentari da un altro continente, anche e sopratutto prodotti alimentari fuori stagione o “esotici”. Per quanto mi riguarda una cosa non esclude l’altra e se preferisco comprare i prodotti di stagione (quando ne ho il tempo) direttamente (o quasi) dal produttore mi fa piacere anche mangiare l’uva in febbraio, magari assieme ai datteri freschi importati da Israele; ciò anche perchè mele e pere non è che mi diano molta soddisfazione. Quindi la si pianti di dipingersi di verde anche perchè ormai è un colore sfruttato e si accettino, insieme ai tanti difetti, questi pregi della globalizzazione, pensando che, come ampiamente sancito nel recente summit sul clima di Copenaghen delle emissioni di gas serra non frega nulla a nessuno.

Forse arrivo tardi con questa notizia, ma saperlo mi ha messo una profonda tristezza. Mia madre per preparare i tipici dolcini di Natale (che poi chi glielo fa fare visto che i dolci alle mandorle in famiglia non piacciono a nessuno) aveva bisogno del mitico Elisir San Marzano, il famoso liquore prodotto dalla Borsci Industria Liquori. Dopo aver girato un paio di supermercati ha scoperto che semplicemente la Borsci è fallita. Quando me lo ha detto non ci potevo credere; poi ho verificato sul sito della Borsci che le vendite online erano sospese e da Repubblica.it vengo a sapere che dopo la pausa estiva gli stabilimenti Borsci hanno chiuso mandando in cassa integrazione i 26 lavoratori in attesa di qualcuno che rilevi la società. Ripeto, specie in questo perioso natalizio, la notizia mi ha messo su una profonda tristezza, non tanto per il liquore prodotto, che personalmente non mi è mai piaciuto, certamente per solidarietà con i lavoratori lasciati a casa, ma sopratutto per i bei ricordi di feste e dolcetti legati sopratutto al fatto che ho passato la mia infanzia a Taranto, dove il San Marzano insieme al caffè Ninfole è praticamente un must.