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latex_neoprene_libertaBeh a distanza di quasi una settimana si torna a parlare di elezioni, del risultato delle elezioni. Nei due post precedenti  avevo invitato ad un uso della matita copiativa coerente con gli eventi storici degli ultimi 70 anni,  tutti quanti, purtroppo, sappiamo com’è andata a finire.

 

Certo potrò sempre dire che io l’avevo detto, ma mi limiterò, se pure si tratta di una citazione banale, a fare nuovamente un salto  indietro nel tempo per prendere a prestito le parole con cui Elsa Morante definisce il popolo italiano nel 1945, in riferimento all’appoggio incondizionato al Duce.

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La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto.

Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei.

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Cosa resta a questo punto? Beh visto che un qualunque Casaleggio con una S.r.l. sotto i 15 dipendenti è in grado di fondare un partito che si accaparra il 25% dei voti, Germano M. e Alex Girola si sono detti: perché non dare vita ad un nuovo MovImenTo[1] rivoluzionario? Così se gli ideali e i valori ormai stanno progressivamente scomparendo, se mancano gli investimenti nella ricerca e nel lavoro, se il Paese è ad un passo dal baratro… rimangono sempre il latex e il neoprene, si perché il latex e il neoprene  diventeranno per tutti noi come una seconda pelle che avrà l’obiettivo non di distruggere la Casta ma di estenderne i privilegi a tutti quanti;  sì, anche a te che hai un orgasmo mentre i comici arringano le folle.

 

Immaginate un mondo fatto di belle donne inguinate nel latex, immaginate di aderire ad un  MovImenTo veramente liberale ma sopratutto esteticamente gradevole e se proprio non ci riuscite… il MovImenTo vi fornirà anche il borotalco, ma noi pensiamo che nessuno potrà realmente resistere.

 

[1]  maiuscole scelte a caso

 

fasci_di_combattimentoGuardare indietro per cercare di andare avanti. Gli italiani sono sempre stati attratti dalle facili promesse di rivalsa sociale, da coloro che prospettano la rivoluzione ma senza troppo sbattimento. Quello che segue è il programma/manifesto del Movimento dei Fasci Italiani di Combattimento[1] ufficialmente pubblicato su Il Popolo d’Italia il 6 giugno 1919.

Oggettivamente questo programma, che come altri più attuali propone risposte semplici a problemi complessi, a prima vista appare del tutto condivisibile;  francamente se fosse attuabile io lo voterei anche adesso. Ovviamente le cose poi sono andate diversamente, com’era inevitabile, ma come vedete i bimbi nella culla sono tutti belli.

Buona lettura ed occhio a come usate la matita copiativa.

 

[1] Per i precisini: che lo si chiami Movimento dei Fasci Italiani di Combattimento o Movimento delle Camicie Nere la parola chiave, l’hashtag come si dice nell’e-democracy è #movimento, un’oggetto politico preludio della formazione di un partito.

 

 

Italiani! Ecco il programma di un movimento genuinamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico; fortemente innovatore  antipregiudiziaiolo.

 

Per questo NOI VOGLIAMO

Per il problema politico

a) suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.

b) Il minimo di età per gli elettori abbassato a 18 anni; quello per i deputati abbassato a 25 anni.

c) L’abolizione del Senato.

d) La convocazione di una assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di costituzione dello Stato.

e) La formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni, ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro.

f) L’elezione popolare di una magistratura indipendente dal potere esecutivo.

 

Per il Problema Sociale:

NOI VOGLIAMO

a) La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per  tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.

b) Minimi di paga.

c) La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria

d) L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie e servizi pubblici.

e) La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasporti.

f) Una necessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sulla invalidità e sulla vecchiaia abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.

 

 

Per il Problema Militare:

NOI VOGLIAMO

a) L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione a compito esclusivamente difensivo e il disarmo generale.

b) La nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.

c) Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo. 

 

Per il problema finanziario:

NOI VOGLIAMO

a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia forma di vera ESPROPRIAZIONE PARZIALE di tutte le ricchezze.

b) Il sequestro (confisca) di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense vescovili che costituiscono una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi.

c) La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro dell’85% per cento dei profitti di guerra.

d) La gestione cooperativa della produzione agricola e la concessione della terra ai contadini.

Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno

 

Mussolini nuotatoreL’11 novembre 1918, con la resa della Germania, l’Italia fu fra i vincitori della Grande Guerra. Il paese vive un’ondata di ottimismo e il futuro dell’Italia rurale e contadina sembrerebbe essere un po’ più roseo, sembrerebbe…

 

L’industria italiana che aveva avuto una crescita esponenziale nel periodo del conflitto, per via delle commesse belliche, non riesce a riconvertirsi alla produzione civile e i reduci della I Guerra Mondiale a cui, implicitamente, era stato promesso un nuovo mondo scintillante di ricchezza, non riescono ad accettare di dover tornare ad arare i campi del vecchio genitore.

 

In questa nuova realtà  socio-politico nasce il movimento futurista in grado di stimolare l’intero sistema culturale e artistico europeo e in cui le giuste istanze della società nata dalle ceneri della guerra e del nuovo contesto politico-economico e sopratutto tecnologico cominciano a confluire.

 

Nel contempo nascono nuovi personaggi “carismatici”  e, oltre a Gabriele D’Annunzio, abbiamo il giovane socialista  Benito Mussolini che fonda un nuovo Movimento popolare, quello delle Camicie Nere con un “Vaffa “Me ne Frego” ricamato sulla bandiera; un Movimento nato con l’obiettivo di fare del Parlamento “ il bivacco per i miei manipoli” frase questa che, credo,  abbia qualcosa a che fare  con le scatolette di tonno.

 

Ovviamente in un contesto come quello dell’Italia dell’inizio del XX secolo, il Movimento delle Camicie Nere riempiva le piazze facendo breccia nel cuore dei giovani incapaci italioti che, già allora,  credevano che i loro problemi fossero causati sempre da qualcun altro, dalla cattiva gestione, dai politicanti locali…. Mussolini non aveva ancora un programma preciso, in realtà non ce l’ha mai avuto, l’idea delle Camicie Nere era semplicemente di scardinare il sistema, combattere la vecchia politica, arginare il pericolo proveniente dalla Russia con la sua rivoluzione politico-sociale del 1917 che aveva visto i socialisti occupare le fabbriche d’armi per dare una nuova speranza agli operai.

 

Così nel 1921, il Movimento, costituitosi in un Partito riuscì a fare eleggere alcuni deputati e l’anno successivo potremo finalmente assistere alla vergognosa “Marcia su Roma” e alla conseguente proclamazione di Mussolini quale Presidente del Consiglio a causa dell’insipienza del Re, com’è andata a finire spero non debba essere io a raccontarvelo ma vi invito a riflettere.

 

 

Nel pieno di questa inutile campagna elettorale[1], ieri grande risalto ha avuto questa affermazione di Mario Monti

La bozza di riforma del mercato del lavoro a cui sta lavorando la lista Monti prevede anche una riforma del calendario scolastico in modo da limitare ad un mese le vacanze estive,’sulla base della partecipazione volontaria delle famiglie’. La misura ‘non vuole aggravare il lavoro degli insegnanti’ ma favorire i genitori lavoratori.

Scuola PrimariaIn sostanza Monti propone la possibilità di tenere le scuole aperte anche d’estate per sostenere le famiglie che non hanno altro modo di prendersi cura dei figli che non sia quello di affidarli a strutture private con i costi e i disagi che ciò comporta.

 

Come ovvio questa “esternazione” ha provocato la classica reazione scomposta dei sindacati degli insegnanti – lavorare d’estate, giammai – e dei sociologi della domenica – i bimbi hanno bisogno di riposarsi – eppure, a prescindere dalle giuste motivazioni di sostegno alla famiglia,  sarebbe ora di ripensare al modello scuola che, ancora, nel 2013 si basa su processi formativi risalenti all’italia del 1800.

 

In questi giorni sto girando per le scuole elementari primarie per decidere quale scegliere e come organizzarmi il prossimo anno con Pierpaolo[2] che lascia l’oasi protetta della scuola materna privata. Devo ammettere che, con mia somma sorpresa, le attrezzature e le strutture che ho visitato sono tutt’altro che obsolete, ci sono palestre, laboratori, aule multimediali, tutto quello che serve per avviare un percorso didattico di tutto rispetto… in teoria.

Quando si va a scalfire la superficie glitterata, invece,  si scopre che nulla è cambiato rispetto a trenta anni fa; a parte qualche ora alla settimana dedicata ad attività collaterali la scuola rimane lezioni di  italiano, matematica, storia e geografia inculcate a forza di compiti a casa e intervallate da compiti in classe.

 

Niente approfondimenti, niente socializzazione se non sulle  slide dei POR fatte col Powerpoint e ovviamente nessun sostegno alla famiglia, persino il “tempo pieno” termina alle 16.15 e inizia a novembre, quando le lezioni sono cominciate da due mesi.  Eppure basterebbe così poco: le strutture ci sono, le attrezzature anche, cosa manca? In un paese come il nostro dove qualunque tipo di riforma attira i veti contrapposti di corporazioni, sindacati e comitati di quartiere, mutare qualunque tipo di equilibrio  sedimentato nella tradizione di una nazione allo sfacelo è talmente oneroso che qualunque tipo di proposta è destinata a naufragare e così ci ritroviamo di fronte a personale, strutture e attrezzature sotto-utilizzate e tutto ciò a scapito dei bambini che hanno bisogno di un’educazione diversa da quella che poteva essere fornita trent’anni fa.

 

Gli strumenti culturali di cui dispongono i così detti “nativi digitali” sono di 100 ordini di grandezza maggiori di quelli che avevo a disposizione io alla loro età, ma contestualmente il rischio, in una scuola ancora nozionistica e legata a modelli educativi obsoleti, è di trasformare i bambini in un cumulo di “ignoranti digitali” e farne dei parìa della società prossimo futura; è ora di ripensare all’intero processo formativo, di integrarlo con percorsi di socializzazione e di approfondimento che non si limitino ad un’ora alla settimana di educazione fisica e a due ore di laboratorio,è ora di trasformare la scuola in un centro di aggregazione culturale con personale continuamente formato e fortemente motivato, in grado di guidare i bambini in un percorso che li renda sufficientemente maturi da affrontare le sfide di una società in continua evoluzione e di renderli capaci, superato il concetto di nozionismo, di discernere fra l’enorme mole di informazioni disponibili per ogni argomento.

 

 

[1] Tanto lo sapete chi vincerà le elezioni, no?

[2] Organizzare l’asilo, la scuola e  il doposcuola, lasciandosi un adeguato margine di manovra ricorda molto il giocare a Tetris.

Infame Volantino Ero combattuto se parlare o meno di questa faccenda, ma francamente è tutto il giorno che ci penso e non posso farne a meno. La storia è abbastanza nota, un  prete di provincia ha affisso sul portone della chiesa un manifesto, tratto, se ho capito bene, da un sito di ultra integralisti cattolici e fatto di tante ignobili parole che possono essere riassunte in una frase che mia nonna mi disse quando avevo, boh, 16 anni anni:

 

«Angelo, ricordati che le donne sono tutte puttane.»

Ora, mia nonna è nata nel 1912 è pagava la sua educazione retrogada e contadina e poi, è inutile nasconderlo, era davvero una cattiva persona, invidiosa, superficiale, sostanzialmente stupida; francamente non so perché mio nonno ci stesse insieme. Però siamo nel 2013 e, premesso che nemmeno mia nonna avrebbe approvato l’omicidio delle “puttane”, certe affermazioni non devono essere tollerate, non tanto per il tono o per i contenuti quanto perché sono indice di un modo di pensare ignobile e fascista, una serie di idee che sembrano voler riemergere dalle ceneri di 60 anni di tentativi, evidentemente non riusciti, di rendere questo un “paese libero”.

Non è importante che queste parole vengano da un prete, se mai questa è un ulteriore conferma della reale mentalità che permea il mondo cattolico e non è nemmeno importante che il prete venga considerato indegno e  sia costretto ad appendere la tonaca al chiodo, non succederà mai, se non altro perché il suo pensiero è tutt’altro che lontano da quello delle alte sfere ecclesiastiche. No, la cosa importante è che questa storia ci serva a riflettere, ci aiuti a comprendere che l’unica cosa che differenzia l’uomo da tutto il resto del “creato” è l’anelito di libertà, la speranza di poter vivere e morire da esseri liberi, senza le imposizioni e i condizionamenti di chicchessia; ma sopratutto è importante per ricordarci che, oggi, nel 2013 non è ancora possibile per una donna uscire di casa, da sola, a piedi, la sera senza rischiare di essere stuprata e quel che è peggio non c’è nessuna tutela nei confronti delle potenziali vittime del così detto “femminicidio” perché, quasi sempre, prima che una donna venga uccisa, ci sono lo stalking e le minacce che se pure denunciati, non trovano mai nessuno che muova un dito per risolvere il problema salvo poi essere tutti in prima fila a rilasciare dichiarazioni del tipo “era tanto una brava ragazza”

Per chi fosse interessato cliccando su Mostra è possibile leggere, a imperitura memoria,  il coacervo di sciocchezze, non degne di un commento puntuale,  scritte nel manifesto affisso e ritirato; successivamente c’è una canzone di Edoardo  Bennato, del 1983, che dimostra come, in 30 anni, non solo non sia cambiato nulla, ma come forse le cose siano persino peggiorate.

[spoiler effect=”phase” show=”Mostra il contenuto dell’indegno manifesto” hide=”Nascondi”]

LE DONNE E IL FEMMINICIDIO, FACCIANO SANA AUTOCRITICA. QUANTE VOLTE PROVOCANO?

Proseguiamo nella nostra analisi su quel fenomeno che i soliti tromboni di giornali e Tv chiamano “femminicidio”. Aspettiamo risposte su come definire gli aborti: stragi? Notoriamente, l’aborto lo decide la donna in combutta col marito e sono molti di più dei cosiddetti femminicidi. Una stampa fanatica e deviata, attribuisce all’uomo che non accetterebbe la separazione, questa spinta alla violenza. In alcuni casi, questa diagnosi può anche essere vera. Tuttavia, non è serio che qualche psichiatra esprima giudizi, a priori e dalla Tv, senza aver esaminato personalmente i soggetti interessati. Non sarebbe il caso di analizzare episodio per episodio, senza generalizzare e seriamente, anche per evitare l’odio nei confronti dei mariti e degli uomini? Domandiamoci. Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell’arroganza, …… si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti.

Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici e da portare in lavanderia, eccetera… Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (FORMA DI VIOLENZA DA CONDANNARE E PUNIRE CON FERMEZZA), spesso le responsabilità sono condivise.

Quante volte vediamo ragazze e anche signore mature circolare per la strada in vestiti provocanti e succinti?

Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre, nei cinema, eccetera?

Potrebbero farne a meno. Costoro provocano gli istinti peggiori e se poi si arriva anche alla violenza o all’abuso sessuale (lo ribadiamo: roba da mascalzoni), facciano un sano esame di coscienza: “forse questo ce lo siamo cercate anche noi”?

Basterebbe, per esempio, proibire o limitare ai negozi di lingerie femminile di esporre la loro mercanzia per la via pubblica per attutire certi impulsi; proibire l’immonda pornografia; proibire gli spot televisivi erotici, anche in primo pomeriggio. Ma questa società malata di pornografia ed esibizionismo, davanti al commercio, proprio non ne vuol sapere: così le donne diventano libertine e gli uomini, già esauriti, talvolta esagerano.

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