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“ Il collegio dei docenti adotta per l’anno scolastico 2013-2014 e successivi, esclusivamente libri nella versione digitale o mista, costituita da un testo in formato digitale o cartaceo e da contenuti digitali integrativi, accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto. Per le scuole del primo ciclo detto obbligo decorre dall’anno scolastico 2014-2015. La delibera del collegio dei docenti relativa all’adozione della dotazione libraria è soggetta, per le istituzioni scolastiche statali e limitatamente alla verifica del
rispetto del tetto di spesa di cui al comma 3-bis, al controllo contabile di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123.”

In pratica questa modifica alla legge del 6 agosto 2008, n.133, prevista dal Decreto Sviluppo del Governo Monti, dà il via libera all’utilizzo a scuola di contenuti digitali al posto dei libri di testo cartaceo. La legge già prevedeva, in realtà, l’introduzione di contenuti misti cartacei e digitali, la novità è che le nuove norme impongono, nel caso di contenuti misti, che al libro di testo, siano affiancati contenuti digitali accessibili o acquistabili in rete anche in modo disgiunto e impone dei limiti di spesa. Dubito che ci sarà una reale diminuzione del costo finale dei libri scolastici, come auspicato dal ministero, ma quanto meno ci dovrebbe essere una riduzione del peso degli inutili tomi cartacei che i bambini sono costretti a trascinare in classe e dovrebbe essere possibile acquistare i soli contenuti necessari alla didattica e non centinaia di pagine buone solo a fare sollevamento pesi.

Ad ogni modo questo è un  primo, importante, passo verso un nuovo sistema didattico che preveda l’utilizzo di nuove tecnologie per l’istruzione e di conseguenza la somministrazione dei contenuti in maniera meno “sequenziale”,  più coinvolgente e certamente più interessante per gli studenti.

Quello che manca nel Decreto, tuttavia, è il divieto, alle case editrici, di utilizzare formati esotici per impacchettare i contenuti. Non parlo di obbligo di open-source o divieto di DRM e dispositivi anti copia, ma mi riferisco alla possibilità di fruire dei contenuti digitali con qualsiasi apparato commerciale (tablet, e-book reader, notebook) senza dover ricorrere ad hardware specifico o a costosi software proprietari. E’ stato questo, in realtà, uno dei problemi che maggiormente ha limitato, negli ultimi anni, la diffusione dei contenuti digitali nelle scuole.

Nonostante le lacune, tuttavia, siamo in presenza, almeno sulla carta, di un notevole passo avanti verso il futuro, non male per essere in italia.

Naturalmente non mancheranno le proteste e le levate di scudi degli editori tradizionali che grideranno al pericolo della pirateria per nascondersi di fonte al vero rischio che già sanno di correre: venire scalzati da realtà più piccole, magari anche semplici professori, che non avendo più la necessità di costosi processi di stampa potranno rilasciare contenuti più adatti ai corsi di studio, magari anche gratuitamente o a pochi euro.

 

Io sono praticamente nato a Taranto, ho vissuto i primi sette anni della mia vita nella città dei due mari , una città che considero bellissima, un posto che, ogni volta che ci torno, mi ispira un senso di pace, mi mette di buon umore;  sì lo so che chi conosce Taranto non sarebbe d’accordo, ma io in quella città ci ho trascorso l’infanzia, un’infanzia bellissima. Amo Taranto, a partire dagli impianti dell’Italsider, cioè di quella che oggi è l’ILVA, adoro quelle altissime ciminiere e non per il mio notorio attaccamento ai paesaggi post-industriali, non solo,  ma perché io attraverso l’Italsider ci passavo tutte le settimane con la NSU Prinz di mio padre per andare a trovare i parenti a Bari; quanto mi piaceva vedere il fumo uscire dalle ciminiere, sopratuttto quando fuori era buio.

Taranto di fatto è l’ILVA, l’economia della città, già povera di suo, si basa sostanzialmte sull’acciaieria e sui cantieri dell’arsenale militare navale ed entrambi i settori sono da anni in crisi. L’ILVA, ceduta dallo Stato al gruppo Riva nella metà degli anni ’90,  fra operai e indotto dà lavoro a circa 15.000 persone fra Taranto e provincia, chiuderla darebbe un colpo mortale alla città; ma l’ILVA, non c’è bisogno di una perizia, è responsabile da sempre di emissioni inquinanti che la città la stanno uccidendo piano piano, da decenni… chiunque sia di Taranto conosce, fra i lavoratori dell’Italsider,  qualcuno che si è ammalato di gravi patologie respiratorie quando non di cancro, persino io che a Taranto ci ho vissuto solo l’infanzia.
Giovedì scorso il magistrato, dopo mesi di indagini,  ha ordinato «il blocco delle lavorazioni e lo spegnimento degli impianti» e l’arresto di otto persone, fra cui Emilio e Nicola Riva a causa di «una grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive dello stabilimento Ilva e segnatamente di quegli impianti ed aree del siderurgico che presentano accertate e persistenti criticità ambientali».
Quello che è successo dopo lo riassume brillantemente in una frase la mia amica, scrittrice tarantina, Giusy De Nicolo:

« Già partita la guerra tra poveri, tra gli operai che non vogliono morire di fame e i cittadini che non vogliono morire di cancro»

E’ esattamente quello che è successo in una città dove ad un sentimento ambientalista oggi maggiormente diffuso si contrappone il problema di arrivare a fine mese e di poter pagare il mutuo. Gli operai hanno bloccato la città per due giorni per rientrare oggi a lavorare negli impianti mai realmente fermati, non si può spegnere un altoforno, non così semplicemente, nemmeno se lo ordina il tribunale.

L’ILVA non chiuderà, non chiuderà per la città di Taranto, non chiuderà per preservare il PIL, cambieranno la legge, ci saranno delle proroghe, magari condanneranno qualcuno e alla fine di questa storia non se ne parlerà più; l’ILVA non chiuderà  «è a rischio la vocazione industriale del Paese, è un segnale difficile da comprendere per gli investitori, soprattutto esteri».
L’ILVA non chiuderà, su questo, come da quaranta anni, sono tutti d’accordo, politici, sindacati, operai e confindustria e forse, in fondo, è meglio così. L’unica reale speranza che rimane è che quello che è successo in questi giorni serva in qualche modo da lezione e che finalmente si faccia qualcosa per preservare la città e per far lavorare in sicurezza gli operai e i tecnici dell’impianto siderurgico.

Quello che io spero è che la mia città torni a vivere e cominci a sfruttare quelle che sono le potenzialità turistiche e commerciali per poter fare in modo che, magari fra 20 anni, io possa fotografare il paesaggio post-moderno degli altiforni e delle ciminiere arrugginite.

Mi riferisco alla consultazione che ha sancito la cancellazione della legislazione relativa all’installazione di nuove centrali nucleari in Italia, fatta sull’onda del disastro nucleare di Fukushima-Daiki. Ve lo ricordate, vero, lo spettro di centinaia di migliaia di morti aleggiare sul Giappone, il blocco delle importazioni alimentari, le notizie che davano Tokyo come città fantasma… beh scusate signori ma c’eravamo sbagliati. Sì, perché, se pure senza il rilievo mediatico che la questione meriterebbe, a quanto pare la rivista Nature ha presentato ben due studi scientifici che hanno analizzato nei dettagli tutti gli aspetti degli eventi di Fukushima, valutando la dose di radiazioni assorbita in relazione agli effetti biologici. Beh, riassumendo, di tutti gli operai  kamikaze che hanno lavorato per tenere sotto controllo i reattori durante la crisi nucleare solo sei di loro avrebbero superato la soglia di 250 mSV(millisievert) di radiazioni assorbite e solo due di loro, quelli che erano nelle centrali di controllo dei reattori, avrebbero superato la soglia di 600 mSv e solo perché non avevano potuto prendere le compresse di iodio che avrebbero ridotto l’assorbimento delle radiazioni letali. Per la cronaca sotto i 100 mSV non esistono prove scientifiche di un aumento delle casistiche tumorali mentre 250 mSV è la soglia prevista, dalla legge giapponese, per gli operatori che devono lavorare in caso di emergenza nucleare. Per quanto riguarda la popolazione civile, poi,  l’OMS  parla di un  assorbimento di radiazioni pari a quella di una TAC all’addome (10 mSV).

Sì lo so, anche questo fa parte del solito complotto demo-pluto-giudo-massonico-bancario, lo so che la scienza ufficiale e la rivista Nature sono asserviti alle logiche del potere, lo so che i tumori si curano col bicarbonato e che i pannelli solari nel Sahara insieme all’ E-cat  a fusione nucleare di Andrea Rossi risolveranno tutti i problemi del pianeta e so anche che, nella peggiore delle ipotesi, ripuliremo tutto con la bio wash ball di Beppe Grillo.

Fino a qualche mese fa il leader del partito con il maggior numero di consensi in italia era il proprietario di uno fra i più grandi imperi della comunicazione a livello mondiale(1), oggi finalmente le cose sono cambiate: il partito con la maggiore crescita di consensi(2) uscito da queste elezioni amministrative, infatti, sarebbe controllato da una piccola società di comunicazione o almeno è così se sono vere le parole di Valentino Tavolazzi, eretico del M5S, che dopo essere stato contattato dal neo-sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, per il ruolo di DG al comune emiliano ed essere stato sconfessato pubblicamente dallo stesso Beppe Grillo, afferma:

 «È stato Pizzarotti a contattarmi. Non riconosco Grillo in quel post bugiardo. Qualcuno ha perso il controllo. Il movimento è nostro, non di Casaleggio»

A prescindere da ogni altra considerazione  l’episodio di Tavolazzi, insieme ad altre polemiche susseguitesi sia a Parma che in altri comuni, ora governati da esponenti del M5S, dimostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, che la politica non la fanno le idee o la partecipazione ma le persone che queste idee sono chiamate a rappresentare e che se, dopo nemmeno cinque giorni dal responso delle urne, si finisce invischiati nel solito teatrino delle contese mediatiche per questioni squisitamente partitiche vuol dire solo che la democrazia continua ad essere un sistema di governo a dir poco imperfetto e che è ora di usare la bio wash ball per ripulire il sistema senza fare uso di detersivi.

(1) e se, come credo, qualcuno si sta per approcciare al Popolo di Internet (occhio al nome del nuovo partito ;-)) col giusto linguaggio non è detto che le cose non possano ritornare ad essere come pochi mesi fa

(2) va considerato ovviamente il voto di protesta e l’astensionismo ma l’affermazione dell’approccio populista del M5S alla politica, col suo richiamo all’impraticabile concetto di democrazia partecipata, è innegabile

Le recenti elezioni amministrative, se mai ce ne fosse ancora bisogno, rafforzano la mia personale idiosicrasia per il principio del suffragio universale. La possibilità di contribuire con la propria opinione alla vita politica del proprio paese non può essere subordinata esclusivamente all’età, ma si rivela sempre più necessaria una verifica di alcuni requisiti minimi per concedere una così pesante responsabilità ad un individuo, ciò per fare in modo di ridurre al 30% il numero degli aventi diritto al voto; quello che succede, altrimenti, è che coloro che si sono lasciati imbonire dalle sparate di un ex-animatore da crociera finiscono per lasciarsi suggestionare dal populismo spicciolo di un ex-comico televisivo.

E’ ovvio che se parlano di abolizione delle province, accorpamento dei Comuni sotto i 5.000 abitanti, esame obbligatorio per ogni rappresentante pubblico, riduzione a due mandati per i parlamentari e per qualunque altra carica pubblica, eliminazione di ogni privilegio particolare per i parlamentari, giusto per citare qualche passo delle 15 pagine del programma a 5 stelle, molti sono lì con la schiuma alla bocca eccitati dall’aspettativa di distruggere la casta (non potendo farvi parte). E’ proprio questo il motivo per il quale queste persone non dovrebbero avere diritto ad esprimersi in sede di consultazione elettorale.

Sia chiaro, se pensate che io ce l’abbia su con Grillo siete sulla strada giusta; il motivo è presto detto: agli inizi del 21esimo secolo il nostro comico, in una serie di spettacoli teatrali itineranti, sciorinava tutta una serie di luoghi comuni su internet e la tecnologia additando la Rete come un covo di pervertiti salvo, poi, pochi anni dopo, aprire il suo blog e utilizzare Internet per raccogliere fans adoranti e diffondere, in alcuni casi, informazioni fuorvianti (vedi la bio wash ball per lavare i panni :-) ). Una persona del genere, dunque, non mi rappresenta esattamente come non mi rappresentava l’ex-premier Silvio Berlusconi, e concordo con Dario Franceschini, un Grillo presidente del consiglio a colloquio con Angela Merkel mi farebbe vergognare di essere italiano, probabilmente ancora di più di quanto non avveniva, fino a pochi mesi fa con il miglior presidente degli ultimi cinque secoli.

Ciò detto il problema non è Berlusconi o, in questo caso, Grillo ma rimangono gli italiani, pronti a seguire qualunque capo-popolo che parli al loro stomaco dal momento che il cervello proprio non riescono a farlo funzionare.

Spero, dunque, che questo commissariamento dell’Italia, con Monti Presidente del Consiglio o con qualunque altro mezzo, continui in maniera indefinita o almeno fino a quando (quando?) questo Paese non avrà la maturità per autoregolamentarsi.