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Vampirella e una splendida ragazza con un corpo magnifico, lunghi capelli corvini, forza sovrumana, sensi ipersviluppati, tette da sballo ed è praticamente immortale, una specie di Superman in gonnella solo che è  una vampira, anche se una vampira al servizio del bene. Il fumetto esce in edicola, per la Warren Publishing , nel 1969, dalla penna di Forrest J.Ackerman e coi disegni di Frank Franzetta ma sopravvive agli anni ’70 per arrivare in varie forme (romanzi, film, manga) fino ai giorni nostri. Il genere è un horror erotico parodistico, le storie non sono, ovviamente, il massimo della coerenza e della profondità ma, diciamo, che non era quello lo scopo dell'”opera”.


Prendi “Incontri Ravvicinatio del Terzo Tipo” mescolalo con “E.T. Telefono Casa” aggiungi “Cloverfield” shakera ben bene, metti un pizzico di “Lost”… signori “Super 8”, il nuovo film della premiata ditta Spielberg-Abrams, è servito.

Siamo verso la fine degli anni ’70 e un ragazzino cicciotto e sfigato vuole partecipare a un contest con un film  horror amatoriale sugli Zombi girato in super 8. Nell’impresa coinvolge tutti i suoi amici, sfigati come lui e riesce a convincere anche la ragazzetta figa della scuola. Da qui fra amori adolescenziali, alieni, complotti governativi e tradimenti si snoda una storia, ambientata nella provincia americana, tutto sommato godibile ma tutt’altro che originale. J.J. Abrams, ancora una volta, si conferma abile nel confezionare un prodotto commerciale che va bene per tutte le fasce d’età e per gli amanti di tutti i generi utilizzando, questa volta, l’approccio “bambinesco” e “buonista” alla fantascienza tipico di Stephen Spielberg, fantascienza che viene usata in maniera strumentale alla trama dove, nonostante la bravura di Abrams nel celare il mistero fino a metà film, l’espediente avrebbe potuto essere qualsiasi altro.

Tutto sommato un film da vedere se si cercano un paio d’ore di evasione e se si è nostalgici dei vecchi film di Spielberg degli anni ’80.

Un gruppo di animalisti fa irruzione in un laboratorio di ricerca per “salvare” alcune scimmie utilizzate per degli esperimenti. Agli animali è stato inoculato infatti, un agente patogeno, una  variante del virus della rabbia, per poi essere sottoposti alla visioni forzata di immagini di violenza.  Appena libere le scimmie mordono uno degli animalisti contagiandoli. 28 giorni dopo Jim, un corriere irlandese in coma dopo un incidente stradale si risveglia in una Londra inaspettata.

Questo film britannico, del 2002, un horror fantascientifico per la regia di Danny Boyle, mi era sfuggito e mi è capitato di vederlo quasi per caso. Mi aspettavo un B-Movie invece, nonostante la tematica un po’ abusata del virus “letale” e i richiami agli zombi sempre troppo sfruttati, la trama si svolge in maniera dinamica e coerente senza mai scadere, come sarebbe facile e prevedibile nel banale e riuscendo ad allontanare il senso di “già visto” che sarebbe lecito aspettarsi da una pellicola come questa; nonostante i pochi mezzi con cui è realizzato nel film, poi, c’è una grande cura della fotografia e ogni scena sembra studiata nei minimi dettagli.

“28 giorni dopo” non spicca, tuttavia, per la capacità recitativa degli attori protagonisti (Cillian Murphy e Naomie Harris) e, in particolare, quello che sarebbe stato il futuro nono Dottor Who (secondo me fra i migliori), Christopher Eccleston, qui nei panni del maggiore di una milizia scampata al virus, non ci fa una gran bella figura.

In definitiva un bel film da vedere.

Qualche tempo fa avevo preannunciato l’uscita di Space Battleship Yamato, il live movie di uno degli anime più famosi degli anni ’70, Uchū Senkan Yamato. 

Questo anime, il primo di science fiction, realizzato da Leiji Matsumoto fu trasmesso sulla TV Svizzera Italiana nei primi anni ’80 riadattando la versione distribuita sul mercato statunitense con nomi di fantasia made in USA. Così il capitano Jūzō Okita diventa Avatar e Susumu Kodai diventa Derek Wildstar (fra l’altro in italiano pronunciato esattamente come si scrive).

Furono prodotte tre serie La ricerca di Iscandar (26 episodi, 1974)L’Impero della Cometa (26 episodi, 1978)Le guerre di Polar (25 episodi, 1981) tutte trasmesse nel nostro paese; in seguito furono prodotte cinque pellicole cinematografiche d’animazione e il live movie del 2010 che riprende le vicende della prima serie: la Terra dopo un conflitto col pianeta Gamilas nel 2199 è totalmente devastata dalle radiazioni e solo un dispositivo,  offerto dalla regina Starsha del pianeta Iskandar, denominato Cosmo DNA, è in grado di riportare l’atmosfera e il suolo del pianeta alle condizioni originarie. L’unico problema è che il pianeta Iskandar dista dalla Terra qualcosa come 148.000 anni luce e che il nostro pianeta ha solo un anno di vita prima di essere devastato in maniera irrecuperabile. Niente paura, Iskandar fornisce anche i piani per un motore in grado di fornire l’energia sufficiente ad effettuare i balzi interstellari; viene recuperata, così, la nave da battaglia Yamato affondata durante la Seconda Guerra Mondiale e modificata in modo da poter viaggiare nello spazio e diventare una vera e propria astronave, l'”Astronave Argo”. La Argo è equipaggiata da varie batterie di cannoni a raggi oltre che dal  cannone a onde moventi un arma micidiale in grado di emettere un potentissimo raggio di energia che si sprigiona da una bocca di fuoco  al centro della nave. Per emettere il raggio la Argo deve collegare al cannone il motore interstellare (bella la sequenza animata in cui si vede il motore connesso al cannone) e il consumo di energia è tale che la nave ne resterà priva per un’ora, La nave Argo è equipaggiata inoltre con varie squadriglie di caccia leggeri in grado di combattere nello spazio. La Argo viene affidata ai “Guerrieri delle Stelle” con al comando il capitano Avatar(Ammiraglio Juzo Okita). Altri personaggi sono Derek Wilstar(Sasumu Kodai, che diventa capitano nella 2a serie), Mark Venture (Daisuke Shima), dr. Sane (dr. Sado), Nova (Yuki Mori). Ovviamente il viaggio della Argo non sarà facile e sarà ostacolato dal Leader Supremo Desslock. Tuttavia la nave riuscirà nella sua missione anche se alla fine il capitano Avatar soccomberà e Derek Wilstar prenderà il comando.

Il film del 2010  non è molto diverso dalla trama originale della prima serie. Siamo sempre nel 2199, dal pianeta Iskandar giunge una capsula con i piani per la costruzione di una nave alimentata da un motore ad onde moventi in grado di compiere balzi interstellari. La capsula racchiude in se la promessa di ripulire il mondo dalle  radiazioni generate dalle bombe dell’impero di Gamilas, apparso dal nulla 5 anni prima, per attaccare la Terra (si scoprirà in seguito che le bombe sono solo un metodo di Gamilas-formazione del nostro pianeta per adattarlo alle loro forme di vita in fuga dal proprio pianeta morente).

La Terra e ormai alo stremo e Iskandar è l’ultima speranza dell’umanità, ridotta ad elemosinare cibo, fra le macerie e la distruzione. Viene costruita, così,  l’astronave Yamato, riprendendo il nome della famosa corazzata della Marina Imperiale Giapponese affondata dagli americani nel 1945, che viene lanciata verso il pianeta Iskandar alle coordinate del messaggio presente nella capsula. Sulla Yamato si arruola, fra i volontari, Sasumu Kodai, più che altro per conoscere il capitano Okita, secondo lui responsabile della morte del fratello durante una battaglia contro i Gamilas su Marte.

La Yamato si fa strada fra salti interstellari e battaglie con i Gamilas, a colpi di cannone a onde moventi, fino al pianeta Iskandar solo per scoprire che Iskandar e Gamilas sono due facce della stessa medaglia, due correnti di pensiero nate in una forma di vita altamente interconnessa su un pianeta morente. Iskandar è disposta ad accettare il proprio destino di morte, Gamilas vuole impossessarsi della Terra e adeguarla alla propria forma di vita. Iskandar darà, dopo una dura battaglia fra i Gamilas e i Terrestri, ai superstiti della Yamato, gli strumenti per salvare la Terra. La Yamato, così, dopo essersi sacrificata insieme al suo capitano Sasumu Kodai(che durante il viaggio aveva preso il posto di Okita malato terminale) nella sua ultima battaglia con Gamilas e con Deslar alle porte della Terra porterà a termine la sua missione di distruggere gli alieni e riportare il nostro pianeta agli antichi fasti.

Beh guardare questo film non è stato facile, dura 130 minuti e per me è difficile stare tranquillo per due ore consecutive. Nonostante, dunque, l’abbia guardato “a puntate”, se non ci si aspetta un capolavoro, il film è godibilissimo e anche gli effetti speciali tutto sommato non sono malaccio; il fatto stesso di poter vedere la Yamato combattere in un film mi ha fatto rimanere tutto il tempo con un sorrisino idiota stampato sulla faccia. Ovviamente non esiste (ancora?) una versione italiana del film.

Il film è stato diretto da Takashi Yamazaki e scritto da Leiji Matsumoto.

La NASA l’aveva annunciato da tempo, dopo 30 anni dal quel 12 aprile 1981 del primo lancio del Columbia e dopo 135 missioni si conclude l’era dello Space Shuttle, la navetta spaziale americana ideata per essere lanciata come un missile e tornare sulla Terra atterrando come un aeroplano. Oggi alle 11.29 (ora locale) dal Kennedy Space Center è partita l’ultima missione, la centotrentacinquesima, dello Space Shuttle con l’ultimo volo nello spazio della navetta Atlantis, che al suo ritorno verrà esposta per la gioia dei turisti, proprio nel museo dello spazio del Kennedy Space Center.

Lo Space Shuttle, mi ha accompagnato per tutta la vita, pur con la sua linea goffa, pur essendo enormemente costoso e, tutto sommato, nemmeno tanto versatile, lo Shuttle ha sempre rappresentato per me un’idea, la possibilità di sfuggire realmente, non solo nei romanzi di fantascienza, alla gravità, di volare nello spazio, di pensare che in fondo la Terra, l’umanità non sono poi così importanti, che in qualche modo è offerta all’uomo una strada da percorrere totalmente diversa da quella raccontata dalle religioni.

Oggi davvero si chiude un’era, purtroppo la meschinità umana ha decretato la fine del sogno di poter un giorno lasciare questo sasso o almeno l’ha rimandato per un po’. Gli USA hanno, di fatto, sospeso qualunque programma di colonizzazione dello spazio rinviando tutto a momenti migliori o delegando consorzi internazionali e ditte private. Oggi è un giorno triste.

Bye bye Atlantis, buon volo!