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Io sono praticamente nato a Taranto, ho vissuto i primi sette anni della mia vita nella città dei due mari , una città che considero bellissima, un posto che, ogni volta che ci torno, mi ispira un senso di pace, mi mette di buon umore;  sì lo so che chi conosce Taranto non sarebbe d’accordo, ma io in quella città ci ho trascorso l’infanzia, un’infanzia bellissima. Amo Taranto, a partire dagli impianti dell’Italsider, cioè di quella che oggi è l’ILVA, adoro quelle altissime ciminiere e non per il mio notorio attaccamento ai paesaggi post-industriali, non solo,  ma perché io attraverso l’Italsider ci passavo tutte le settimane con la NSU Prinz di mio padre per andare a trovare i parenti a Bari; quanto mi piaceva vedere il fumo uscire dalle ciminiere, sopratuttto quando fuori era buio.

Taranto di fatto è l’ILVA, l’economia della città, già povera di suo, si basa sostanzialmte sull’acciaieria e sui cantieri dell’arsenale militare navale ed entrambi i settori sono da anni in crisi. L’ILVA, ceduta dallo Stato al gruppo Riva nella metà degli anni ’90,  fra operai e indotto dà lavoro a circa 15.000 persone fra Taranto e provincia, chiuderla darebbe un colpo mortale alla città; ma l’ILVA, non c’è bisogno di una perizia, è responsabile da sempre di emissioni inquinanti che la città la stanno uccidendo piano piano, da decenni… chiunque sia di Taranto conosce, fra i lavoratori dell’Italsider,  qualcuno che si è ammalato di gravi patologie respiratorie quando non di cancro, persino io che a Taranto ci ho vissuto solo l’infanzia.
Giovedì scorso il magistrato, dopo mesi di indagini,  ha ordinato «il blocco delle lavorazioni e lo spegnimento degli impianti» e l’arresto di otto persone, fra cui Emilio e Nicola Riva a causa di «una grave e attualissima situazione di emergenza ambientale e sanitaria imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive dello stabilimento Ilva e segnatamente di quegli impianti ed aree del siderurgico che presentano accertate e persistenti criticità ambientali».
Quello che è successo dopo lo riassume brillantemente in una frase la mia amica, scrittrice tarantina, Giusy De Nicolo:

« Già partita la guerra tra poveri, tra gli operai che non vogliono morire di fame e i cittadini che non vogliono morire di cancro»

E’ esattamente quello che è successo in una città dove ad un sentimento ambientalista oggi maggiormente diffuso si contrappone il problema di arrivare a fine mese e di poter pagare il mutuo. Gli operai hanno bloccato la città per due giorni per rientrare oggi a lavorare negli impianti mai realmente fermati, non si può spegnere un altoforno, non così semplicemente, nemmeno se lo ordina il tribunale.

L’ILVA non chiuderà, non chiuderà per la città di Taranto, non chiuderà per preservare il PIL, cambieranno la legge, ci saranno delle proroghe, magari condanneranno qualcuno e alla fine di questa storia non se ne parlerà più; l’ILVA non chiuderà  «è a rischio la vocazione industriale del Paese, è un segnale difficile da comprendere per gli investitori, soprattutto esteri».
L’ILVA non chiuderà, su questo, come da quaranta anni, sono tutti d’accordo, politici, sindacati, operai e confindustria e forse, in fondo, è meglio così. L’unica reale speranza che rimane è che quello che è successo in questi giorni serva in qualche modo da lezione e che finalmente si faccia qualcosa per preservare la città e per far lavorare in sicurezza gli operai e i tecnici dell’impianto siderurgico.

Quello che io spero è che la mia città torni a vivere e cominci a sfruttare quelle che sono le potenzialità turistiche e commerciali per poter fare in modo che, magari fra 20 anni, io possa fotografare il paesaggio post-moderno degli altiforni e delle ciminiere arrugginite.

Dunque, abbiamo questo ragazzo, James Holmes (un cognome che evoca ben altri scenari… no, non John, parlo di Sherlock…) 24 anni, diplomato al liceo, iscritto a medicina, madre infermiera, padre manager… un tipico ragazzo americano, un tipo tranquillo che vive in una cittadina di provincia, forse gli piacciono i fumetti, di sicuro ama le armi da fuoco. In una delle tante noiose serate di Aurora,  in Colorado, durante la prima di “Batman, The Dark Knight Rises”,  entra, cappotto nero, casco, giubbotto antiproiettile, occhialoni e maschera antigas, nel grande multisala imbracciando il suo Kalashnikov e, forse cercando di imitare le scene di un fumetto di Batman nel 1986, scritto da Frank Miller, o magari no, chi lo sa,  comincia a far fuoco sugli spettatori facendo fuori una dozzina di persone senza distinzioni fra uomini, donne, bambini.

Come classificare un avvenimento simile se non come il folle delirio di un pazzo, di un ragazzo evidentemente disturbato, di un uomo che magari avrebbe dovuto essere aiutato, vittima di una società forse disumana e nello stesso tempo ingiustificabile carnefice, terribile demone la cui mano, armata dal male, si è macchiata del sangue dei suoi incolpevoli bersagli? L’ennesimo caso di violenza indotta dalla brutalità dei fumetti, della tv e dei film infarciti di sangue e violenza gratuita che crea gravi scompensi nelle labili menti degli adolescenti , come se no?!?

Signori, sono più di trenta anni che sento queste stronzate, da quando nel 1980, un gruppo di genitori invasati raccolse 600 firme in una petizione inviata alla Commissione di Vigilanza della Rai,  per denunciare  la violenza e il carattere diseducativo dei certi cartoni giapponesi, in particolare di Atlas UFO Robot.

“…Davanti a certi programmi per l’infanzia colpisce un uso della scienza e della tecnica, della stessa fantascienza legata alla guerra; strumenti sempre più moderni al servizio di una società dominata da lotte feudali e nelle mani di un uomo che regredisce dominato da bassi istinti di avidità e di dominio…”

Sembrava quasi che saremmo diventati tutti assassini e guerrafondai; se quei genitori si fossero preoccupati, magari del tasso di inflazione a due cifre e del debito pubblico che stavano lasciando a quelli stessi figli che pretendevano di preservare dalla brutalità del male, magari oggi avremmo qualche precario in meno fra quei bambini che si esaltavano a guardare, spesso in bianco e nero, le gesta armate di un gigantesco samurai d’acciaio.

E’ la solita vecchia storia, cercare una giustificazione, una qualunque, per potersi alleggerire la coscienza, un capro espiatorio per non guardare dentro se stessi, per non dover essere costretti a giudicare il proprio stile di vita in cui ci si è comodamente adagiati, un comodo espediente per poter dare la colpa ad un fattore imperscrutabile e anche, diciamolo, un modo come un altro per rompere i coglioni.

James Holmes potrebbe essere uno qualunque di voi, uno dei vostri figli, chiunque si senta con le spalle al muro, senza via di scampo e sia abbastanza folle da riuscire ad abbandonare le convenzioni sociali. Non c’è mai un motivo buono per compiere una strage, non lo è quello ideologico, non lo è quello religioso, ma guardatevi allo specchio e chiedetevi quante volte avete desiderato che una persona o un gruppo di persone scomparissero. Solo così avrete la misura di chi è James Holmes e del perché in tutto ciò non c’entrano i fumetti esattamente come non c’entra la diffusione delle armi da fuoco.

Ora, per cortesia, lasciatemi in pace che sto guardando Berserk.

Sarà che fa caldo, sarà l’umidità dell’aria, i troppi pensieri che affollano la mente, il mal di testa latente o i bambini che non mi danno tregua; sarà quel che sarà ma oggi provo fastidio per  ogni tipo di atteggiamento ipocrita e buonista. Sì sono più intollerante del solito e decisamente meno incline ad atteggiamenti democratici.

Da questo pessimo stato d’animo scaturisce la voglia  di scrivere un sacrosanto post lamentoso contenente le cinque notizie commentate in maniera più ipocrita che mi è capitato di leggere nei feed quotidiani.

1) Il rapporto 2012 di Save The Children sull’infanzia e l’adolescenza.

In buona sostanza i ragazzini sono troppo sedentari, stanno troppo vicino alla TV e ad internet, fanno poco sport e frequentano poco i coetanei. Ci sarebbe molto da dire, senza considerare che l’analisi dei gggiovani è la stessa che si poteva leggere sulle riviste di costume nel 1980, personalmente, da genitore, se questo rapporto fosse veritiero, non potrei che essere contento.

Tanto per cominciare internet è uno strumento di comunicazione meraviglioso e, a saper scegliere, lo è anche la TV. Lo sport, invece, fa male, aumenta gli atteggiamenti inutilmente competitivi dei ragazzini,  insegna loro che è importante vincere sempre e comunque, non insegna il valore della sconfitta, crea false aspettative e alimenta spinte depressive.

La parte del rapporto che mi fa più piacere, devo ammetterlo, è, però, quella relativa alla scarsa frequentazione dei coetanei da parte dei ragazzini; mi pare il minimo, io non permetterei mai a mio figlio di frequentare simili imbecilli…

2) Un’ordinanza, a Reggio Emilia, impone che non si possano somministrare bevande alcoliche in bottiglie di vetro o lattine.

Ma la vogliamo piantare di permettere ai sindaci di legiferare in termini di sicurezza… a parte che ogni città finisce per avere i suoi regolamenti ma, almeno, li scrivessero bene. Secondo l’ordinanza  (l’ho letta) io me ne posso andare in giro a Reggio Emilia con una bottiglia di plastica piena di birra senza poter essere soggetto a sanzioni, fra l’altro, se non ricordo male(*),  proprio per aggirare queste ordinanze folli, la Ceres, un paio d’anni fa, commercializzò una birra in bottiglia di plastica. Per dare l’idea di quanto siano assurde questo tipo di imposizioni, l’altra sera, durante la finale, credo, del campionato europeo di calcio, qui a Casamassima, è stata emessa un’ordinanza simile a quella di Reggio Emilia per cui, per mangiare una pizza nei tavoli fuori dal locale (al cui interno c’era un maxischermo e dei commensali eccessivamente rumorosi) ho dovuto rinunciare a bere una birra!!!

(*) Ho verificato, ricordavo bene

3) I cani di green Hill.

Lo so che è una notizia vecchia, ma ogni giorno tocca rivedere le foto e leggere l’indignazione per quei pucciosi (e pulciosi) cuccioli di beagle allevati per essere usati per la sperimentazione animale. Il punto è: serve la sperimentazione animale? La risposta è, ahimè, semplice: sì. Credete forse che le multinazionali del farmaco (o del cosmetico fate voi) facciano investimenti milionari e si giochino l’immagine pubblica solo per assecondare i desideri sadici di un ricercatore che ha deciso di infilzare il cervello di una scimmia con un ago elettrificato? Certo che serve la sperimentazione animale, senza, la medicina, che tutto è tranne che una scienza, sarebbe indietro di decenni, del resto pure in veterinaria serve la sperimentazione animale, o pensate che l’antibiotico,  prescritto al vostro ammasso di pulci con la tosse canina, sia stato testato prima su un essere umano? Che poi, se proprio pensate che la vita di un animale sia più importante di quella di un uomo, se ne può anche discutere, mi vengono in mente un sacco di soggetti perfetti per testare dei farmaci sperimentali. E la cosmetica? Beh vorrete mica che si usi la sabbia per fare il fondotinta e il carbone al posto dell’eye liner. Che poi mai nessuno che si preoccupi dello sterminio delle larve di zanzara ad ogni disinfestazione o dei periodici olocausti delle blatte…  tutti lì a preoccuparsi dei cani e gatti. In realtà sono ingiusto, c’è chi si preoccupa anche degli scarafaggi…e non ci dorme la notte: i vegani che, se gli tocchi, qualunque serbatoio di proteine animali diventano cannibali, che dicevo prima della sperimentazione umana?

4) L’auto a energia alternativa.

Sono quindici anni che vengono proposte auto ad aria compressa, ad acqua, a molla, a vapore… ora si è arrivati addirittura all’auto al ghiaccio tritato d’Islanda; sono quindici anni che puntualmente Grillo e i suoi seguaci ci abboccano esca, amo e lenza. Chiaramente è tutto un complotto demo-pluto-giudo-massonico delle multinazionali del tabacco e delle banche volto a non permettere l’evoluzione delle leggi della fisica, per avvalorare, finalmente, le idee parascientifiche uscite da un albo di Topolino con Archimede Pitagorico degli anni ’80. Intendiamoci, non è che voglia fare il disfattista a tutti i costi, anche io sarei felice di mollare il naftone catramoso, fin’ora, però, l’unica alternativa green sono le inefficienti e costose auto elettriche o le complesse auto ibride e comunque il problema delle emissioni si sposta nei pressi della centrale ad olio combustibile che produce energia elettrica; a ciò si somma il costo ambientale, infinitamente maggiore, di smaltimento (evitate di sparare cazzate sul fotovoltaico).

5) Le puttane.

Come sempre d’estate torna alla ribalta l’annoso problema delle prostitute che insozzano le nostre bellissime città con il loro atteggiamento impudico. E’ la volta dell’EUR a Roma  che,  per la gioia dei residenti, è diventato un vero e proprio quartiere a luci rosse. Tralasciando la ridicola campagna politica in corso a Roma, il problema delle battone in strada si risolve liberalizzando la prostituzione, ma siccome questa soluzione, mi rendo conto, è troppo semplice, nemmeno l’avesse proposta Grillo, facciamo finta che esista, da qualche parte, un motivo qualunque per cui non si possa attuare.

Come faccio a spiegare al mio bambino la presenza di queste signorine discinte?
Beh, amico mio, se tuo figlio ha più di dieci anni, il rapporto di Save di Children (prima notizia) dice che il tuo ragazzo passa almeno due ore al giorno a cazzeggiare su internet senza di te. Questo vuol dire che di troie vere o presunte ne avrà incontrate a centinaia e sa benissimo cosa ci fa la tua amica puttana lì vicino al falò.

E se mio figlio ha meno di 10 anni?
Beh glielo spieghi con parole che possa comprendere.

Pierpaolo: – Papà perchè quella signorina sta lì tutta nuda?
Angelo: – Perché ai signori che passano piace vederla così.
Pierpaolo: – Vabbé tanto fa caldo.

Che cavolo ci vuole, dico io!

Prima di commentare ricordate che, come ho scritto a inizio post,  mi sento poco incline ad atteggiamenti democratici.

Ieri sono arrivato a lavoro con un’ora di ritardo per via di uno svincolo chiuso a causa di una macchia d’olio e per la conseguente coda chilometrica che tale blocco ha generato; così mi sono detto: – sarebbe stato bello se quei meravigliosi pannelli a led piazzati sulla statale mi avessero avvisato della chiusura; avrei potuto fare un percorso alternativo ed evitare l’ingorgo –. Invece no, i pannelli sono lì a dare bella mostra di sé proponendo informazioni interessanti quanto un discorso di Beppe Grillo: “La velocità è causa degli incidenti”(non è vero ma ci credono), “Non parlare al cellulare alla guida” (meno male che posso almeno chattare su Facebook), “Non guidare in stato di ebrezza” (oh porca… mi hanno beccato), “Il bucato viene meglio con la Magic Wash Ball, e non si inquina” (no, questo me lo sono inventato); senza parlare delle simpatiche statistiche tipo: “Il 60% degli incidenti è causato dalla velocità”, “Il 30% degli incidenti è causato da distrazione”, “Il 40% degli incidenti è causato dall’alcol”… oh cazzo siamo già al 130%!

Intanto la vita continua, così, questa mattina,  mi rimetto in macchina e memore dell’ingorgo di ieri ero giusto lì che pensavo se fosse il caso di fare un percorso alternativo, certo avrei perso quei dieci minuti in più, ma tutto sommato… ad un certo punto, come un miracolo, il pannello luminoso mi dice “SS.16 chiuso svincolo per Foggia”, quasi commosso cambio strada per aggirare l’ostacolo e prendere un altra uscita, così fra complanari, sottopassi e ponti passo sopra lo svincolo maledetto e… ma cazzo è aperto! Il pannello non era aggiornato!

Non mi resta altro da fare che togliere Radio 24, mettere i Ramones a palla e proseguire per la mia strada riflettendo sull’inutilità dei tabelloni luminosi e sul concetto, tanto in voga,  di spending review. Già vi vedo dare addosso all’impiegato statale  che ha dimenticato di aggiornare il cartello, va così di moda, in realtà, sono pronto a scommettere, non c’è nessuno incaricato di gestire i pannelli ma solo qualche povero cristo di buona volontà che ha imparato come funzionano quelli affari e viene chiamato a intervenire in caso di emergenza da qualche forza di polizia, salvo poi non essere avvisato ad allarme cessato.

Molti progetti, che vedono un cospicuo investimento, come può essere l’installazione di pannelli a messaggio variabile lungo una strada statale, purtroppo, sono finanziati solo per la fornitura e posa in opera, magari con fondi europei, ma non c’è nessun capitolo di spesa per la loro costosa gestione e manutenzione, con l’inevitabile effetto, finito il periodo di garanzia, quando va bene, di avere tanti inutili relitti tecnologici ad infestare strade e città. La verità è che troppo spesso mancano le risorse, all’interno della Pubblica Amministrazione, economiche ma sopratutto umane, per far decollare, realmente i tanti progetti che vengono avviati e che cambierebbero il volto di questo paese se solo fossero adeguatamente seguiti e le cose non potranno fare altro che peggiorare visto che il ricambio generazionale e l’inserimento di nuove forze, considerando i nuovi traguardi pensionistici, avviene e avverrà sempre più col contagocce. Per come la vedo io, l’unica soluzione è di orientare i progetti verso sistemi autoconsistenti o che si appoggino, per reperire i dati, a strutture di terzi o sociali. Nel caso dell’esempio, collegare un social network come Waze a dei pannelli a messaggio variabile, pur con i dovuti sistemi di sicurezza per evitare abusi, potrebbe creare un sistema di messaggistica orientata all’utenza della strada che non avrebbe (quasi) bisogno dell’intervento umano.

Beh, chissà domani quale magnifica, nuova, massima potrò leggere sui miei tabelloni luminosi, andando a lavoro…

 

Mi riferisco alla consultazione che ha sancito la cancellazione della legislazione relativa all’installazione di nuove centrali nucleari in Italia, fatta sull’onda del disastro nucleare di Fukushima-Daiki. Ve lo ricordate, vero, lo spettro di centinaia di migliaia di morti aleggiare sul Giappone, il blocco delle importazioni alimentari, le notizie che davano Tokyo come città fantasma… beh scusate signori ma c’eravamo sbagliati. Sì, perché, se pure senza il rilievo mediatico che la questione meriterebbe, a quanto pare la rivista Nature ha presentato ben due studi scientifici che hanno analizzato nei dettagli tutti gli aspetti degli eventi di Fukushima, valutando la dose di radiazioni assorbita in relazione agli effetti biologici. Beh, riassumendo, di tutti gli operai  kamikaze che hanno lavorato per tenere sotto controllo i reattori durante la crisi nucleare solo sei di loro avrebbero superato la soglia di 250 mSV(millisievert) di radiazioni assorbite e solo due di loro, quelli che erano nelle centrali di controllo dei reattori, avrebbero superato la soglia di 600 mSv e solo perché non avevano potuto prendere le compresse di iodio che avrebbero ridotto l’assorbimento delle radiazioni letali. Per la cronaca sotto i 100 mSV non esistono prove scientifiche di un aumento delle casistiche tumorali mentre 250 mSV è la soglia prevista, dalla legge giapponese, per gli operatori che devono lavorare in caso di emergenza nucleare. Per quanto riguarda la popolazione civile, poi,  l’OMS  parla di un  assorbimento di radiazioni pari a quella di una TAC all’addome (10 mSV).

Sì lo so, anche questo fa parte del solito complotto demo-pluto-giudo-massonico-bancario, lo so che la scienza ufficiale e la rivista Nature sono asserviti alle logiche del potere, lo so che i tumori si curano col bicarbonato e che i pannelli solari nel Sahara insieme all’ E-cat  a fusione nucleare di Andrea Rossi risolveranno tutti i problemi del pianeta e so anche che, nella peggiore delle ipotesi, ripuliremo tutto con la bio wash ball di Beppe Grillo.