Alla veneranda età di 80 anni, stroncato da una grave insufficienza renale ci ha lasciato, il giorno della vigilia di Natale, Jibbs Jr., grande protagonista,  insieme all’ex nuotatore Johnny Weissmuller, dei primi due film della saga cinematografica su Tarzan, nel ruolo di Cheetah(Cita), la scimmia, compagna inseparabile dell’uomo della giungla, creato dalla penna di Edgar Rice Burroughs.

Jibbs Jr. viveva, dal 1960, nel Suncoast Primate Sanctuary a Palm Harbor, in Florida, dove, fino a pochi giorni fa, allietava i turisti con le sue performance e dove amava dipingere le sue “opere d’arte” astratte, suonare il pianoforte e ascoltare musica religiosa. Jibbs è entrato anche nel Guinness dei Primati per la sua longevità, inusuale per la sua specie. Nel 2009 la vita di Cheetah era divenuta pubblica grazie a un’autobiografia, “Me, Cheetah, curata dallo scrittore James Lever.

Un caro saluto a un mito della mia infanzia. R.I.P.

Giornali,  TV ma anche romanzi e saggi tendono ad utilizzare come sinonimi  due termini, genericamente derivati dalla letteratura fantascientifica, parlo di “cyborg” e “androide” che oltre ad avere un significato diverso hanno  un differente impatto culturale e antropologico sull’immaginario collettivo.

 

Il cyborg è un organismo cibernetico derivante dalla fusione di elementi artificiali ad un organismo biologico. Il termine che deriva dalla contrazione delle parole cybernetic organism viene coniato in ambito medico, nel 1960, da Manfred E. Clynese Nathan S. Kline in merito ai loro studi sulla sostenibilità della vita umana in ambienti extra-terrestri grazie all’apporto di integrazioni cibernetiche per adattare il corpo umano alle nuove condizioni.

 

L’androide  è un essere artificiale con sembianze umane che può anche integrare elementi biologici esclusivamente finalizzati a renderlo più esteticamente simile all’essere umano (è il caso del Terminator T-800 che è ricoperto da un’epidermide con le stesse caratteristiche di quella umana, compreso l’odore, ma che nonostante questo NON è un cyborg) Il termine androide deriva dal greco ανδρός che significa “uomo” e pare sia in uso dal 1200. Del resto la stessa suggestione di organismi meccanici simili all’uomo può essere fatta risalire alle leggende ebraiche sui Golem.

 

L’idea della possibile esistenza di un organismo artificiale antropomorfo è in un certo senso vecchia come l’uomo. Un androide prima di tutto non è vivo, da un certo punto di vista non ha un’anima e questo lo rende un giocattolo, pericoloso, a volte distruttivo, ma che  rimane un oggetto per il quale è difficile provare dei sentimenti. Certo la fantascienza è piena di racconti su androidi talmente umanizzati da destare un moto di angoscia e un senso pietà, Asimov si è persino inventato la robopsicologia, ma in ultima istanza un robot è una creazione non una creatura, si può averne paura certo, si può soffrire del complesso di Frankenstein, ma non è difficile, non è “immorale” pensare di sterminare una macchina, un mostro animato ma senz’anima.

 

Il mostro non trovava un posto nella società umana e, nella sua disperazione, si rivoltava contro lo scienziato e coloro che gli erano cari. Uno a uno i parenti dello scienziato (inclusa sua moglie) vengono uccisi e alla fine anche lo scienziato muore. Il mostro si allontana verso l’ignoto, presumibilmente per morire nel rimorso. (Isaac Asimov nella prefazione a “Il Secondo Libro dei Robot”)

 

Nella storia di Mary Shelley viene raccontato il terrore del creatore di essere sopraffatto dalla sua creatura, certo il mostro era di carne e sangue non era un robot di plastica e metallo ma la sua ribellione è uguale a quella di Skynet e dei Terminator di James Cameron, la creatura migliore del creatore, il creatore geloso della creatura alla fine un conflitto e la selezione naturale che fa il resto. Se però la creatura rimane un essere antropologicamente “inferiore”, se pure con una buona dose di sciovinismo, la questione si complica quando la creatura è uno di noi, un cyborg, un post-umano. Oggi la tecnologia  si è imposta in campo medico sia con l’introduzione di protesi per la sostituzione di una componente fisiologica “guasta” che per un utilizzo meramente estetico. Organi artificiali, protesi bioniche, esoscheletri neurali la tecnologia evolve sempre più verso la possibilità di creare un vero e proprio cyborg, verso la possibilità di fondere carne e metallo in un organismo nuovo, “più forte, più veloce”. Fondere carne e metallo, questa stessa espressione restituisce il senso di angoscia di fronte al timore di una nuova specie di post-umani che non sono macchine, non sono creature, ma che sono esseri umani potenziati per essere migliori ma diversi, con tutte le implicazioni che questo essere “diversi” comporta.

 

La letteratura ha affrontato il tema dei cyborg con due diversi approcci. Negli anni ’70-’80  il miglioramento cibernetico dell’uomo non era mai ricercato ma era il risultato di un incidente o di un sacrificio per un bene supremo; negli anni ’80-’90 con l’avvento del filone cyberpunk la trasformazione del corpo, l’introduzione di appendici meccaniche nella carne nasceva dal tentativo di superamento della condizione umana, dall’anelare ad uno stato post-umano. Nel cyberpunk, tuttavia, raramente si trova, negli autori, un compiacimento per la condizione post-umana, anzi quasi sempre l’umanità è più decadente e mai il miglioramento fisico è andato di pari passo col miglioramento sociale. Oggi la condizione post-umana, in un certo filone “transumanista” è, in un certo senso, auspicata ed è usata come trampolino di lancio per innalzare la mente ad un livello spirituale più elevato; come a volersi liberare del problema della vecchiaia, della debolezza, della fragilità dell’essere umano per poter aspirare a trascendere la stessa umana condizione.

 

Le nostre case, intanto, sono piene di ammennicoli sempre più intelligenti, robot per cucinare, per pulire, per lavare, nessun androide, nessuna paura, non ancora, ma certo quando sento parlare di queste robe qui vengo assalito da un certo senso di inquietudine.

 

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Beh, nonostante il pessimismo che si respira in giro, Buone Feste

Si fanno sempre più insistenti le voci di un remake di U.F.O.  S.H.A.D.O.  la bellissima serie inglese degli anni ’70 targata Gerry & Sylvia Anderson. Pare che la rivisitazione cinematografica potrebbe vedere la luce nel 2013 con la regia dello stesso Gerry Anderson.

Nell’attesa di andare al cinema e nella speranza di spendere bene i soldi del biglietto, voglio ricordare brevemente la storia. Siamo nel 1980, la Terra è sotto attacco da parte di misteriosi alieni intenzionati a depredare corpi umani da usare come “parti di ricambio”. Per fronteggiare la minaccia, viene istituita una organizzazione militare segreta, la S.H.A.D.O. (Supreme Headquarters Alien Defence Organisation) attrezzata con le armi più sofisticate e in grado di contrastare la tecnologia aliene. La S.H.A.D.O.  e il suo comandante, Straker, oltre ad avere a disposizione mezzi avanzatissimi: intercettori spaziali dotati di armi nucleari(Interceptor), sottomarini (SkyDiver), aerei (SkyOne), blindati(Shado Mobile), dispone di un satellite di sorveglianza SID (Space Intruder Detector) e persino di una base lunare (Base Luna), nel Mare Imbrium sul nostro satellite.

Come fare a raggiungere Base Luna dalla Terra senza sopportare i costi elevatissimi del lancio di un vettore tradizionale? Semplice: con il Lunar Carrier(foto sopra), un grosso aeromobile VTOL che decolla dalle basi SHADO per sganciare il Modulo Lunare nella parte alta dell’atmosfera, inserendolo così in orbita.

Non so se Paul Allen, co-fondatore di Microsoft, abbia mai visto UFO  S.H.A.D.O. né quanto questo possa averlo influenzato nelle sue scelte, pare, tuttavia, che abbia intenzione di costruire, insieme a Burt Rutan, un enorme aereo in grado di lanciare nello spazio una navicella per il trasporto di persone e merci, colmando, con essa, il vuoto lasciato dal compianto programma Space Shuttle.

L’aereo che sarà spinto da 6 motori di Jumbo Jet, avrà un’apertura alare di 117 metri e peserà 544.000 Kg, trasporterà un razzo costruito da SpaceX, una società specializzata nel campo dei trasporti aerospaziali fondata da Elon Musk (che ha contribuito alla nascita Paypal). Allen non è nuovo ad imprese del genere. Già nel 2004 aveva realizzato il progetto sperimentale SpaceShipOne , una sorta di velivolo sub-orbitale che ha ottenuto grandi risultati.

Personalmente non credo che l’idea dello Stratolaunch-System avrà il successo sperato ed è interessante notare quante iniziative stiano nascendo dopo la chiusura del programma Space Shuttle; però leggere sul Corriere.it di un “nerd” miliardario che vuole conquistare lo spazio (Allen, fra le altre cose ha fatto una grossa donazione al Seti Institute, il centro per l’analisi delle onde radio alla ricerca di messaggi extraterrestri, voluto da Carl Sagan) utilizzando la tecnologia di uno dei più bei telefilm di science fiction degli anni ’70 mi risolleva la giornata.

 

Se Mike Buongiorno avesse scelto la pista delle stelle al posto di una banale inumazione i famigliari non avrebbero dovuto rincorrere una bara trafugata dal cimitero per tutta la Lombardia, ma avrebbero potuto guardare il cielo, in una notte stellata, e intonare: -Allegriaaaa-

Dal Los Angeles Time arriva la notizia che lo stato americano della Virginia avrebbe in programma di introdurre delle misure volte a supportare l’impresa privata aerospaziale del Mid-Atlantic Regional Spaceport a Wallop Island, sulla costa della Virginia.

Il disegno di legge, in discussione presso l’Assemblea Generale, infatti, prevede una serie di sgravi fiscali da 2.500 dollari fino a  8.000 dollari per le sepolture spaziali, una misura che permetterà, secondo i proponenti, di portare maggiori entrate allo spazioporto che, dopo la sospensione del programma Space Shuttle, si trova a competere in un mercato aerospaziale liberalizzato.

Le prime sepolture nello spazio, che consistono nel mandare in orbita attorno alla Terra dei piccoli campioni delle spoglie cremate del defunto, è iniziata nel 1997.  Poi ci si lamenta delle buste di plastica lasciate nei boschi, meno male che ci sono quelli di PlanetES

Fra coloro che hanno tentato la strada del funerale spaziale devo ricordare il grandissimo James Doohan, lo Scotty di Star Trek, le cui ceneri sono state inviate nello spazio con due lanci, entrambi falliti, tanto da convincere, purtroppo, la famiglia a rinunciare all’insolito funerale.