L’altro giorno, ad una fiera, Pierpaolo ha “insistito” perché gli comprassi dei pesci rossi. Vuoi che era domenica e la domenica siamo (quasi) tutti più buoni, vuoi che la durata di un pesce rosso comprato in fiera si attesta intorno alle 48 ore gli compro due simpatiche bestiole. Dopo 15 giorni trascorsi a cambiargli l’acqua tutte le mattine e a improvvisarmi “nutrizionista di pesci rossi”, i maledetti animali non ne volevano proprio sapere di tirare le cuoia, anzi erano più vispi e “simpatici” che mai. Allora decido di trasferirli in un mini acquario (due euro di carassius auratus auratus e più di cinquanta fra vasca e ammennicoli vari) , il Getta-Acquario di Pierpaolo.

Che poi in realtà quello che passa più tempo a guardare i pesci è Gabriele che rimane ipnotizzato a vedere scivolare nell’acqua le simpatiche bestiole. Il rischio per me, amante di gadget inutili (è cos’è più inutile di  un acquario?), adesso, è quello di entrare in un tunnel da cui uscirò molto più povero :-)

Ciò che però, invece, è eticamente inaccettabile è la scelta di far esibire un corpo svestito in uno spazio urbano frequentato dalle famiglie e dai bambini che di sabato sera si concedono un momento di relax e di riposo, passeggiando nel borgo antico. Innanzitutto, perché il senso del pudore esige il massimo rispetto ma soprattutto perché è intollerabile sfruttare il corpo di una donna per suscitare scandalo e provocare irrazionale stupore.

Questa la risposta dell’Arcidiocesi di Lecce allo spettacolo proposto dall’artista contemporaneo Franco Losvizzero con una ragazza, mascherata da coniglietta con il corpo dipinto di bianco, che ha attraversato nuda le vie del centro storico della città…  senso del pudore delle famiglie e sfruttamento del corpo della donna.

Al di là delle intenzioni dell’artista, che se è vero che ha portato questo spettacolo in giro in tanti musei di tutto il mondo è pure vero che non poteva non immaginare  la reazione della gente nel vedere una donna nuda dipinta di bianco in giro per strada in una città del sud italia,  rimane interessante analizzare la reazioni.

A gridare allo scandalo, infatti, non sono state le ragazze o le donne che, evidentemente,  non hanno ravvisato alcuno sfruttamento sessista, non sono stati di certo i giovani e gli adolescenti, che probabilmente non hanno mai guardato con tanta attenzione un opera d’arte e di certo non sono stati i bambini che, ovviamente, sono rimasti estasiati dal coniglio bianco dalle fattezze di una donna che, come in un immaginario paese delle meraviglie, passeggia insieme a loro nei vicoli della città; a rimanere “sconvolti”, “scandalizzati”, a gridare “vergogna!” fra la folla, come racconta  lo stesso Losvizzero, sono stati uomini oltre la cinquantina esemplari con una doppia moralità e portatori di pulsioni negative… lo stesso target insomma delle puttane di strada.

La verità è che una donna nuda che si esibisce in una performance teatrale come “Un coniglio alla mia tavola” non è uno spettacolo erotico, non può provocare alcun disordine morale alle famiglie, non è sfruttamento della donna, non è pornografia, ma solo la dimostrazione della bellezza che si contrappone alla visione imposta all’uomo timoroso di Dio che vede la natura foriera di tentazioni da cui un animo puro deve rifuggire salvo poi, anelarvi in segreto e scompostamente.

Un call center - notare l'ambiente colorato per cercare di mitigare il senso di alienazioneLa crisi e la disoccupazione hanno generato una nuova variante della specie umana l’homo vulturis telefonicus, in pratica una sottospecie di sciacallo che si nutre di attivazioni di contratti via telefono la cui principale occupazione è quella di abbindolare la gente (in particolare i più “ignoranti” e per questo più deboli) affibbiando loro contratti telefonici, energetici, pay tv ed altre cazzate generalmente superflue.

Oggi mi è arrivata la bolletta dell’Enel e di fronte alla mirabolante cifra di 270 euro ho deciso di superare la mia ben nota pigrizia per cercare un gestore del servizio energetico almeno un po’ più economico. Comincio, così, a girare per siti e a richiedere preventivi online.

Ad un certo punto mi richiama un call center.  Una ragazza con accento rumeno e che aveva dimenticato i congiuntivi alla frontiera comincia a raccontarmi i mirabolanti vantaggi del mio nuovo gestore di energia (1). Dopo aver parlato per cinque minuti comincia a chiedermi i dati per stipulare il contratto. Io le dico signora, mi scusi, io vorrei avere prima un preventivo. Silenzio. Dopo tre secondi riattacca come un disco rotto la solfa di prima. Comincio a spazientirmi. Signora io vorrei solo un preventivo, le dico i miei consumi del bimestre e lei mi dice quanto devo pagare. Silenzio, poi scuse improbabili che tirano in ballo l’autority e i costi fluttuanti del petrolio(???) e si ricomincia con la solita tiritera. Mi irrito visibilmente, anche perché avevo compilato, per tutti i gestori, un form “specifico” per la richiesta di preventivo. La ragazza rumena mi passa il suo “team leader”, una ragazza italiana ancora più idiota della scema ex-extra-comunitaria che ricomincia a spiegarmi le magnifiche tariffe del gestore, facendomi osservare che IO li avevo contattati per questo,  di fronte a questa palese cazzata la mia irritazione diventa incazzatura e riattacco il telefono prima di cominciare a bestemmiare in rumeno che tanto avevo fatto il corso nei cinque minuti precedenti.

Io lo so che non dovrei prendermela con questi ragazzi, che sono lì per lavorare e tante altre belle cose. Invece io mi incazzo proprio con loro, razza di sciacalli e parassiti che VOGLIONO estorcere l’adesione ad un contratto con mezzi al limite del fraudolento per guadagnare  una misera percentuale. Personalmente io non riuscirei a fare un lavoro nel quale, tornato a casa,  tocca confrontarsi con la propria coscienza per aver estorto a un vecchietto, che vive della pensione minima e che ha ancora un TV col tubo catodico in bianco e nero, l’assenso ad un contratto alla TV satellitare(2), proprio non ce la farei. Dunque se uno ha abbastanza pelo sullo stomaco da fare questo lercio e nauseante lavoro, non avrà mai la mia comprensione, personalmente ho molto più rispetto per un rapinatore di banche o per una qualsiasi puttana sulla statale che per un disgustoso circonventore di vecchiette che fa telemarketing outbound.

(1) non me ne frega un cazzo che la vostra energia sia prodotta con fonti rinnovabili, per quanto mi riguarda potete vendermi l’energia prodotta dalle centrali nucleari francesi come quella derivante dalle pedalate di bambini cinesi attaccati ad una dinamo, l’unica cosa che mi interessa è avere una bolletta più bassa.

(2) Nonostante abbia detto più volte al call center di Sky che a casa mia NON è possibile installare una parabola continuano a chiamarmi quattro volte al giorno (non per scherzo, davvero quattro e a orari stabiliti) per propormi il pacchetto calcio che fra l’altro nemmeno mi interessa. Ho dovuto installare un apposito filtro sul telefono per evitarmi la scocciatura.

Il Black Getter si vede in TV, la prima volta, nell’anime Getter Robot: The Last Day.

Ryoma durante il combattimento contro il (perfido in The Last Day) dottor Saotome, dopo un’esplosione a deutoni si ritrova perso nel cosmo e catapultato 13 anni nel futuro. Si risveglia sulla Luna nel cockpit di un Getter 1 abbandonato dopo il primo scontro con gli invasori. Ripresosi dal terribile shock, Ryoma, decide di riparare il Getter 1 e lo potenzia installandogli artigli, una maschera a protezione del pilota e modificandone la forma delle corna. Dopo gli “aggiornamenti” il Getter 1 ne viene fuori più forte che mai anche se non è in più in grado di trasformarsi.

Ryoma torna così sulla Terra per sconfiggere gli Invasori e il perfido Dottor Saotome; durante il rientro nell’atmosfera il Getter 1 perde la sua caratteristica colorazione rossa e diventa nero,  appunto il Black Getter, cattivo e incazzato un po’ come il personaggio di Ryoma in questoo universo Getter alternativo.

Una tecnologia sperimentale permette allo psicologo  di entrare nella mente dei pazienti e tentare una terapia “dall’interno”, da questo spunto nasce “The Cell – La Cellula” un horror fantascientifico del 2000 diretto da Tarsem Singh.

La dottoressa Catherine Deane sta tentando, utilizzando questa nuova tecnica ma con scarsi risultati, di risvegliare un bambino dal coma; pur essendo entrata in contatto con il piccolo ed averne conquistato la fiducia, però, la psicologa non riesce in alcun modo a riportarlo indietro. Proprio quando l’ospedale sta per decretare il fallimento della nuova terapia, l’agente dell’FBI Peter Novak contatta Catherine per chiederle di entrare nella testa di un serial killer, caduto in stato di coma poco prima di essere catturato e aiutarlo, così, a salvare  la prossima vittima. Stargher, il serial killer, infatti rapisce delle donne e le imprigiona in una cella ermetica che viene riempita pian piano d’acqua fino all’annegamento della povera malcapitata che successivamente viene trasformata in una specie di bambola per soddisfare le perversioni del mostro. L’ultima vittima di Stargher non è stata ancora ritrovata e potrebbe essere ancora viva.

Da qui in poi tutto il film diventa il viaggio nella mente di un pazzo, dove anche Catherine, che passa dal ruolo di guerriera sexy a quello di suora, rischia più volte di perdersi in un susseguirsi di visioni oniriche, ricordi mischiati a perversioni e dove come in un trip di ecstasy non si riesce più a distinguere la realtà dal sogno psichedelico di una persona disturbata.

Il film non brilla certo per la recitazione di Jennifer Lopez nei panni di Catherine e nemmeno per la regia schizofrenica che, se si giustifica durante la parte onirica, realizzata per disturbare lo spettatore, non ha senso nel resto del film, sopratutto nella prima parte che rimane totalmente e inspiegabilmente slegata dal resto della storia.