Halloween si avvicina ed è domenica, quale migliore occasione per presentare una photo gallery su Elvira, Mistress of Dark.

 

Elvira è un personaggio creato da Cassandra Peterson nel 1981, quando dopo il suo esordio come cantante rock e una comparsata in un film di Fellini viene chiamata dalla KHJ di Los Angeles per far rivivere il Vampira Show degli anni ’50, nasce così Elvira Movie Macabre uno show in cui, ogni sabato, Cassandra nei panni di Elvira una sexy-dark-horror lady dalle forme prorompenti presenta un b-movie di genere horror.

 

In breve Elvira diventa un brand, compare in decine di show e telefilm, vengono realizzate action figures, costumi per Halloween, calendari, videogiochi, compilation musicali per raggiungere l’apice nel film Elvira, Mistress of the Dark del 1988.

 

Ancora oggi Elvira è un’icona di successo, non solo spettacoli e ospitate televisive, specie in periodo di Halloween, ma anche un  nuovo fumetto che verrà lanciato nel 2013.

 

Ora vi lascio ad una galleria sulla conturbante dark lady degli anni ’80-’90, ma sopratutto vi lascio con la domanda che mi ha posto mio figlio stamattina appena sveglio:

 

«Siete contenti che fra quattro giorni è Halloween?»

 

Con questo post riprendo la tematica di qualche settimana fa a proposito di modello standard, lavoro e giovani (iniziato da questo post) per commentare le frasi del ministro Fornero  e la polemica seguita alle sue parole pronunciate ad un convegno a Milano; vediamo esattamente cosa ha detto il ministro.

<…>i giovani escono dalla scuola e devono trovare un’occupazione devono anche non essere troppo “choosy” come dicono gli inglesi, cioè, io lo dicevo sempre ai miei studenti: prenda la prima, poi da dentro lei si guarda intorno, però bisogna entrare nel mercato del lavoro, subito<…>

Tralasciando i piagnistei della Rete circa la semantica e il significato da attribuire al termine “choosy”, le parole del ministro sembrerebbero dettate dal buon senso,  sembrerebbero…  In realtà queste frasi le ho già sentite dalla bocca di mio padre e di mio nonno quando consapevolmente o meno mi introducevano in quel modello standard di cui abbiamo già parlato e che oramai è in profonda crisi.

«Accetta qualunque lavoro, ogni lavoro ha la sua dignità» quanto queste sciocchezze hanno contribuito ad alimentare il contorto meccanismo di precarietà e di perdita dei diritti del lavoratore? Va detto che nessuno della generazione di mio padre, nonostante queste frasi le abbia pronunciate più di una volta, avrebbe accettato meno di un posto fisso e del salario minimo garantito eppure  oggi ci si chiede di essere flessibili, di accettare lavori sotto-pagati, di sottostare al giogo di un sistema squilibrato che vede sempre più calpestati i diritti degli individui con la scusa della “Crisi” e in nome di un “Lavoro” assurto a valore morale. Ma la cosa peggiore è che, al contrario di quello che crede il ministro Fornero, i giovani, disposti a scannarsi per un posto in un call-center, quelli che nascondono le proprie competenze durante i colloqui per paura di non essere presi, la lezione l’hanno imparata fin troppo bene, quasi quanto bene l’hanno imparata le odiose PMI che oggi sanno di potere avere, per un lavoro sotto-pagato, una fila di centinaia di persone alla porta disposte a farlo; certo poi si lamentano delle scarse competenze o del fatto che questi gggiovani d’oggi non vogliono lavorare al sabato, ma per meno di ottocento euro al mese che cosa pretendete?

A queste condizioni il lavoro non solo non è un valore ma è meretricio e c’è poco da dire che da dentro ci si guarda intorno, quando cominci a fare la puttana è difficile uscire dal giro. Quindi anche io qualche consiglio da dare ai ragazzi che devono scegliere la scuola o che si avvicinano al mondo del lavoro:

1) Studiate quello che sentite vicino alle vostre aspirazioni e ai vostri desideri, non è vero che ci sono lauree inutili ma solo persone inutili;
2) Coltivate le vostre passioni, non abbandonatele mai e non abbiate paura di essere criticati per questo, loro,  le vostre passioni, vi ripagheranno sempre e in un modo che non potete nemmeno immaginare;
3) Se non avete la necessità di lavorare non accettate mansioni lontane dai vostri desideri, sappiate che state per vendere un terzo del vostro tempo per un tozzo di pane, fate in modo che sia il meno doloroso possibile;
4) In ogni caso non accettate mai di lavorare per un salario non adeguato alle vostre competenze o peggio gratis, la notorietà non riempie la pancia e l’acquisizione di esperienza non è un adeguato corrispettivo alla fatica inoltre la svendita delle competenze distrugge il mercato a favore di ladri e sfruttatori.

Mi rendo conto che non è facile seguire i miei consigli, non so se io li seguirei, un po’ per colpa del modello standard che ci hanno inculcato e un po’ a causa del fatto che, alla fine della fiera, le chiacchiere stanno a zero e  bisogna portare a casa la pagnotta. Quelli che però possono farlo, non diano retta al ministro Fornero e cerchino di seguire le proprie passioni e di aspirare, quando meno, a vivere una vita degna di essere vissuta.

Leverage season 4 – “The Girls Night Out Job”

Ieri sera guardavo l’episodio “The Girls Night Out Job” della quarta stagione di Leverage con il ritorno, come guest star, di Jeri Ryan nei panni della ladra/truffatrice Tara Cole. 

 

Questa mattina mi sono svegliato col bel faccino di Jeri, che fra l’altro seguo  su Twitter, scolpito nella retina ed eccomi qui a parlare di lei.

 

Nata a Monaco da genitori americani il 22 febbraio 1968 Jery Lynn Zimmermann è un’attrice americana famosa per i suoi ruoli in Star Trek: Voyager (l’ex borg 7di9), Boston Public (Veronica “Ronnie” Cooke), Dark Skies e Shark. Dal 2011 interpreta la Dottoreessa Kate Murphy in Body of Proof.

 

La carriera artistica di Jeri inizia sulle passerelle di Miss Illinois nel 1989 per approdare a Miss America dove si classifica terza nel 1990. Da allora una partecipazione in “Un biglietto per due” di Steve Martin e tante guest star in vari telefilm fino a diventare la borg più sexy del quadrante Delta per poi diventare fra le attrici più richieste nella fiction USA.

 

A 44 anni Jeri Ryan è simpaticissima su Twitter e rimane una donna estremamente sexy oltre che una grandissima professionista :-)

 

 

Ieri sera ho letto casualmente la parola «Ontario» che ha scatenato in me una serie di associazioni mentali che mi hanno riportato indietro nel tempo a quando, più o meno a 7 anni, leggevo i fumetti Bonelli di mio padre e in particolare ero affascinato dalle avventure del Comandante Mark (OK erano le edizioni Araldo, ma ci siamo capiti), ci sarebbe anche Mister NO, ma ne parliamo un’altra volta.

Il Comandante Mark era il coraggioso capitano dei Lupi dell’Ontario, un gruppo di terroristi di patrioti pronti a combattere contro le malvagie Giubbe Rosse inglesi di Re Giorgio.

La base dei nostri eroi è un inespugnabile fortino su un isolotto nel lago Ontario da dove il mitico Comandante Mark parte per le sue avventure  insieme ai suoi insostituibili compagni Mister Bluff (ex corsaro ed ex compagno del padre di Mark), Gufo Triste (discendente di uno stregone, nonché capo delle tribù dei grandi laghi oltre che pessimista come pochi), El Gancho e Betty ovviamente innamorata del nostro eroe.

Fra intrighi e avventure, combattimenti e tradimenti si snodano. leggere e piacevoli, anche nei pomeriggi estivi di un bambino di sette anni, le avventure del Comandante Mark, dei Lupi dell’Ontario e i simpatici siparietti con Gufo Triste.

Ho visto su eBay che, volendo, si potrebbe acquistare l’intera collezione di fumetti ma, a parte il prezzo esagerato, non avrei un posto dove mettere altri 281 volumetti di questo fumetto  nato nel 1966 dalla penna di Pietro Sartoris, Dario Guzzon e Giovanni Sinchetto, tuttavia so che stanotte ci farò un pensierino ;-)

P.S. Dedicato alla mia amica Sam Bruno che mi ha fatto rivivere quei pomeriggi di 30 anni fa :-)

Io odio fare la coda! Non sopporto la coda alle casse del supermercato, la coda all’ufficio postale, non sono mai stato sulla Torre Eiffel… perché ODIO la coda. D’altro canto non sopporto nemmeno le affermazioni qualunquiste del tipo: «eh, non è vero che c’è la crisi, hai visto quanta gente in fila per comprare il nuovo iPhone!». Eh già perché, alla fine uno se ha tempo e soldi da spendere, ma anche se vuole indebitarsi per un telefonino saranno pure cazzi suoi, ma non è questo il punto.

La verità è che fare la coda alle due di notte per comprare un cellulare, è qualcosa di più di un moto di follia collettiva: significa, in un certo senso,  partecipare ad un evento, trascorrere del tempo con persone che hanno la tua stessa passione, socializzare e non è compito mio e di nessun altro stare a giudicare le passioni altrui o il rapporto prezzo/prestazioni del nuovo cazzillo con la mela bacata morsicata [1], altrimenti dovrei fare la stessa cosa per chi fa la coda allo stadio o si apposta il giorno prima ai cancelli per vedere un concerto di Vasco Rossi. Del resto io spendo un sacco di soldi in cazzate inutili bellissimi gadget, e se non fosse che dovrei essere un buon padre di famiglia ne spenderei tanti di più.

Nonostante il mio odio per le code, ricordo, con una sorta di nostalgia, le file chilometriche davanti alla segreteria dell’università nei giorni dell’iscrizioni, ricordo le chiacchiere con i colleghi e alcuni scambi di battute per infrangere la noia con ragazze più o meno carine e più o meno intelligenti, insomma non c’era Facebook e in qualche modo bisognava pur socializzare.

Tutto ciò per parlare dell’ultimo esempio clamoroso di coda da far scalpore, quella davanti al McDonald’s della Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Ho pranzato in quel fast food un paio di mesi fa mentre ero a Milano per un convegno [2] ed in effetti è probabilmente la location più bella in cui ho trovato un McDonald’s, tanto bella da essere perfino discutibile, ma francamente penso che il comune di Milano sbagli a chiudere un punto di aggregazione per favorire l’apertura di un negozio di Prada ma, si sa, io sono di parte, adoro McDonald’s quasi quanto mi fanno schifo i panini che vende.

Tornando alla coda, il famoso fast food, prima della chiusura ha deciso di “ringraziare” la clientela affezionata offrendo panini e coca cola gratis a tutti e da qui la fila delle oltre 5.000 persone che ne hanno approfittato. Ma a pensarci bene, siamo davvero ridotti a fare tre ore di coda per elemosinare un panino o forse la stessa coda diventa un evento, un modo di aggregazione sociale? E’ evidente che  partecipare a quella coda per un panino abbia un significato che va oltre il premio finale; del resto, probabilmente, i nostri amici anglosassoni e la loro queue queste cose le hanno scoperte da tempo, anche se noi italiani rimaniamo sempre campioni mondiali di queue jump :-(

[1] OK è più forte di me, non riesco a non giudicare

[2] In quell’occasione ho avuto modo di scambiare tre parole con l’uomo alla ribalta delle cronache di questi giorni, il presidente della Regione Lombardia Formigoni (non ho letto i giornali magari non lo è già più), devo dire che a parte CL e la sua orrida camicia color carta da zucchero aveva una  prontezza nella battuta che non avrei mai sospettato in lui.