Questo è un post di servizio, può andar bene per quei genitori che vogliono fare una scelta ponderata in merito alla scuola o all’università dei propri figli e che hanno, ovviamente, il necessario sale in zucca per comprendere quanto sto per scrivere.

 

C64c_systemIo faccio parte di quella generazione cresciuta durante l’avvento degli home computer e dell’informatizzazione di massa; la tecnologia mi ha sempre affascinato e poter avere un vero computer A CASA MIA è stata una svolta per la mia vita. Imparare a usarlo, a conoscerlo in maniera approfondita è stata una mia passione, un divertimento che mi ha accompagnato negli anni dell’adolescenza. Ho programmato in linguaggi che molti di voi che mi leggono avranno solo sentito nominare e su apparecchi con capacità di elaborazione e di memoria inferiori a quelle di un telefono cellulare di 15 anni fa, mi sono divertito, tanto. Non potevo, quindi, che iscrivermi ad una scuola superiore rivolta fortemente alla programmazione e successivamente, all’università, non potevo che scegliere Scienze dell’Informazione[1] ed è stato a questo punto che mi sono reso conto che non avevo capito un cazzo.

 

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Torna Daniele Spadoni e tornano i suoi corti basati sulla trasposizione live action di anime, comics e videogames in piccoli fan-movie, piccole perle autoprodotte e diffuse gratuitamente per i fan.

 

 

Con Daniele Spadoni abbiamo già parlato in occasione del lancio del bellissimo Ankoku Grendizer Fan Movie, che ci racconta cosa è successo dopo la sconfitta dei mostri di Vega e il ritorno a casa di Duke e Maria Grace Fleed. Il lavoro di Daniele però non si è fermato e oggi parleremo di due nuove auto-produzioni che, ancora una volta, non potranno che lasciarci stupefatti a fissare il monitor.

 

Intanto vi ricordo che Daniele Spadoni è presente su Facebook alla pagina della Daniele Spadoni Production e, naturalmente, sul suo canale Yotube, dove sono presenti tutte le sue produzioni.

Spadoni Production

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Oggi parliamo un po’ di fansub e di quanto questi abbiano rivoluzionato la fruizione di anime e serie TV nel nostro paese e non solo.

 

1275321924Fino ai primi anni del ventunesimo secolo,  per poter vedere una produzione straniera, toccava sperare che RAI o Fininvest/Mediaset decidessero di importarla in Italia, tradurla e trasmetterla. Molte serie sono arrivate da noi solo perché acquistate in pacchetti insieme ad altre produzioni e in molti casi l’adattamento italiano andava a stravolgere persino il senso della produzione originale (vedi The Nunny, La Tata, dove persino l’origine dei personaggi è stata modificata per andare in contro ai, supposti, gusti del pubblico italiano); tante serie poi non sono mai arrivate(chi ha detto Dottor Who?) e altre sono state bistrattate.

 

Quanti, come me, appassionati di Star Trek, erano costretti a registrare gli episodi di TNG o DS9 per tutta la notte per essere certi di beccare l’orario di trasmissione, quante serie abbiamo dovuto guardare con anni di ritardo rispetto alla prima messa in onda? Quanti tagli e censure abbiamo dovuto sopportare da parte di questa o quella associazione cattolico-fascista. Tutto questo è cambiato con l’avvento della banda larga e grazie al lavoro dei fansubber.

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Re:Model o New Getter o Shin Getter, comunque si voglia chiamare questa nuova incarnazione del Getter Robot, realizzata dal compianto Ken Ishikawa, in 13 episodi nel 2004, anche se meno nota, è qualitativamente anche più interessante di Shin Getter:The Last Day.

Le atmosfere sono certamente meno cupe, ma la storia scorre decisamente più fluida anche se forse si dilunga un po’ troppo all’inizio per concludersi poi in maniera eccessivamente frettolosa.

Re:Model

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Ogni tanto capita che un sabato sera si resti a casa, così si prepara la pizza (gorgonzola, mascarpone e prosciutto cotto), si mettono le birre in frigo e si sceglie un film da gustare insieme alla cena e allora cosa può esserci di meglio di un colossal del 2012, costato 200 milioni di dollari e basato, niente meno, che sul gioco della Battaglia Navale (su questo aspetto torneremo dopo); signori ecco a voi Battleship per la regia di Peter Berg, un regista senza infamia e senza lode già dietro la cinepresa, per esempio, in Hancock, film di fantascienza del 2008 con Will Smith.

Battleship

Nel 2005 la NASA scopre un pianeta con caratteristiche simili alla Terra, il Pianeta G; viene così varato un progetto per tentare di stabilire un contatto con le eventuali forme di vita intelligenti presenti sul corpo celeste attraverso l’invio periodico di trasmissioni radio. Passano 7 anni, siamo nel 2012, quando inaspettatamente arriva la risposta: un’avanguardia di 5 astronavi, provenienti dal pianeta G, infatti, si dirigono verso la Terra per dare inizio a un’invasione.

Al classico plot dell’attacco alieno si aggiunge, questa volta, la  piacevole variante della battaglia navale, dal momento che tutti i combattimenti si svolgono sul mare. Gli invasori alieni, infatti, invece della solita New York, per lo sbarco prediligono l’Oceano Pacifico, casualmente, durante un’esercitazione congiunta della US Navy con le forze di altri tredici paesi, con tanto di corazzate e portaerei. Per un buffo scherzo del destino, però, a contrastare gli alieni rimarrà solo il tenente Hopper (Taylor Kitsch) al comando prima del cacciatorpediniere USS John Paul Jones e poi della gloriosa corazzata USS Missouri, da anni alla fonda nel porto di Pearl Harbor, trasformata in museo galleggiante della Seconda Guerra Mondiale, e riportata in vita come ultima risorsa per contrastare la minaccia aliena.

 

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