Anche la chiusura a Ferragosto genera problemi di aggregazione sociale

Una piccola riflessione sulla crisi dei centri commerciali. 

Da ormai un decennio gli USA stanno vivendo la crisi del modello del Centro Commerciale, il mitico Mall che abbiamo imparato ad amare in tante serie TV degli anni ’80. Le motivazioni sono diverse, principalmente riconducibili alla crisi dei mutui subprime del 2008, fino alla nascita e alla capillare diffusione delle vendite online.
 
Tutto bello, finalmente ritorneremo ad un modello più “sostenibile” che vedrà il ritorno della piccola bottega di quartiere, del negozietto di vicinato? Nemmeno per sogno, le motivazioni che hanno portato alla crisi dei Mall non sono riconducibili nemmeno lontanamente al modello di “decrescita felice” ipotizzato nei primi anni del secolo mentre permangono le motivazioni che negli anni ’60 in USA e più recentemente da noi hanno portato alla nascita dei centri commerciali. La gente non vive più nel centro cittadino, nemmeno nei piccoli borghi. Per diversi motivi, infatti, ci si rifugia  nelle periferie urbane e suburbane, che siano grandi palazzoni o villette a schiera, si tratta di dormitori, non c’è più la piazza centrale, non c’è più spazio per il negozietto o per la piccola bottega, non c’è spazio nemmeno per i pedoni, per quanto, oggi, vadano di moda le piste ciclabili messe in ogni dove “a cazzo di cane”.
 
Il modello del grande Mall, a livello di architettura, nasceva proprio per sopperire a tutto questo. Le persone, infatti, passano il proprio tempo sostanzialmente in tre posti: a lavoro, a casa e nei centri di aggregazione che una volta erano le piazze, i cinema, i teatri, gli oratori che oggi non trovano più posto in un modello urbano che, adeguandosi al nuovo tessuto sociale, ha portato alla nascita di grossi centri di aggregazione sociale  “artificiali” certo, ma assolutamente efficienti e funzionali e dove, incidentalmente, puoi anche fare la spesa.
 
Gioire della chiusura dei centri commerciali, dunque, al di là della problematica economica, non è producente per motivi sociali, perché indietro non si torna, la “decrescita felice” è un po’ come la “La corazzata Kotiomkin” di fantozziana memoria e se togli alla persone i centri di socializzazione succederà esattamente ciò che sta succedendo in USA, ci si chiude in casa a cercare nuovi amici su Whatsapp e a spendere su Amazon.

Di seguito un interessante video che parla proprio di questo