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La foto del post precedente è stata fatta poco prima della mia partemza per Parigi; ho pensato di potarmi qualcosa da leggere ma che non avrei avuto molto tempo per farlo, quindi cosa meglio di qualche racconto? Come si può, dunque, dedurre, ho scelto, per accompagnare questo viaggio, di leggere Ucronie Impure un’antologia a tema ucronico, nata da un concorso  lanciato sul web, alla fine del 2010, da Alessandro Girola, e che ne raccoglie i primi dieci racconti classificati.

 

Il tema allostorico, come si può notare dallo stesso nome di questo sito web, è a me molto caro e devo anche dire che altri racconti a tema ucronico letti in giro per internet non mi hanno granché entusiasmato, quindi in un certo senso partivo prevenuto; in più in passato avevo letto alcune recensioni non del tutto positive relative a Ucronie Impure, anche se poi, alla fine, si scopre che a scriverle non sono personaggi del tutto disinteressati.

 

L’antologia nel suo insieme,da un punto di vista qualitativo, è nettamente superiore a qualunque cosa a tema ucronico autoprodotta  io abbia letto, ma anche alla maggior parte delle pubblicazioni italiane del genere dell’ultimo decennio.

 

Ciò detto è evidente che ci siano racconti migliori di altri, del resto si tratta pur sempre di un concorso e personalmente avrei invertito la terza posizione con la prima[1]. La regina dei pirati d’Atlantide, il racconto di Davide Mana, infatti, è probabilmente quello che mi ha colpito più di tutti con un solo problema: Davide ha messo talmente tanta carne al fuoco in poche pagine che per concludere degnamente la storia ci voleva una trilogia di romanzi. A prescindere dai primi classificati, inoltre, vorrei fare un appunto al racconto di Ferruccio Gianola La fine della diaspora: l’idea di un Generale Custer dittatore degli Stati Uniti con gli indiani d’America organizzati in cellule di resistenza è in assoluto l’ucronia che mi è piaciuta più di tutte, peccato solo che il racconto finisca così in fretta[2]. Ottime anche le idee dei viaggi nel tempo che modificano di volta in volta il presente in Rintocchi di Stefano Sciarpa (anche se non sono certo che rientriamo ancora nel genere ucronico), di Rasputin che governa la Russia con la descrizione del meraviglioso combattimento all’ultimo sangue fra Eva Kant Braun e Marlene Dietrich ne Alla corte del monaco nero, di Cristian Leonardi, delle bombe atomiche cristiane di  Reliquie, di Diego Bortolozzo, della privatizzazione dell’aria da respirare negli USA sotto la presidenza Hoover in Aria, di Mattia Tasso(sperando che questo racconto non lo legga Mario Monti),  alla vita alternativa di Michelangelo e Dante Alighieri ne Il millenario Regno d’Italia, di Ariano Geta,  fino ai robottoni di Squali contro alieni, di Simone Corà

 

Tornando alla vetta della classifica non si può non citare il racconto vincitore del concorso,  Kalokagathia, di Angelo Cavallaro, che parte dalla sconfitta dei Greci a Troia per imbastire un piacevole racconto epico della  nuova guerra fra greci e persiani e il secondo classificato Tlaloc verrà, di Alessandro Forlani (recente vincitore del premio Urania 2011) che ci mostra una Lisbona occupata dagli Aztechi che nonostante i loro rituali fatti di sacrifici tribali, paradossalmnte, importano in Europa una cultura più tollerante e meno oppressiva di quella cristiana. Il racconto di Alessandro Forlani è probabilmente il migliore dal punto di vista stilistico e certamente quello con le maggiori implicazioni socio-politiche.

 

In conclusione Ucronie Impure è una piccola perla dell’editoria italiana autoprodotta e, come se non bastasse, è gratuita scaricabile in formato ePub da qui.

 

[1] chiedo scusa ad Angelo Cavallaro, il vincitore del concorso

[2] questo è un invito a Ferruccio Gianola a scrivere il seguito :-)

 

 

Di questi tempi la science fiction cinematografica è un po’ come la pornografia; come nei film porno la storia è funzionale a mostrare amplessi fra femmine assatanate e maschi superdotati, così nel cinema di fantascienza la storia è un pretesto per mostrare una montagna di effetti speciali in una proiezione 3D.

Vedere un film come Iron Sky, dunque, dove una sceneggiatura ben scritta si accompagna ad una formidabile regia e ad un uso sapiente degli effetti speciali e dove una colonna sonora straordinaria guida lo spettatore verso un finale amaro e in parte inaspettato ridona un po’ di speranza, non solo per una rinascita della sempre più bistrattata cinematografia fantascientifica, ma per un rinnovamento dell’attuale stile hollywoodiano fatto di occhialini usa e getta e di remake, un rinnovamento che viene dal basso di una produzione semi-indipendente per un colossal low-cost.

Chi è rimasto deluso da questo film perché si aspettava una commedia divertente o un’invasione neo-nazista sulla Terra, ma sopratutto chi ha cercato all’interno della pellicola i soliti triti e ritriti stereotipi occidentali associandoli alla fantascienza cinematografica e  lamentandone l’assenza come se avessero dovuto esserci per forza, non ha capito cosa ha visto. Iron Sky non è solo un bellissimo esempio di fantascienza allostorica con elementi dieselpunk ma è  una vera e propria denuncia della strada di decadenza intrapresa da un mondo ormai troppo occidentalizzato. E’ inutile cercare spiegazioni razionali ai dischi volanti nazisti o alle leggi della fisica nella base Svastika, non è hard science fiction, il significato della pellicola va cercato  nella propaganda nazista attualizzata in maniera demagogica per la campagna elettorale presidenziale di una Sarah Palin democratica pronta a scatenare una guerra interplanetaria pur di conquistare la poltrona del suo secondo mandato. La forza di Iron Sky si misura nella rappresentazione dell’ipocrisia delle Nazioni Unite i cui paesi membri vogliono la stessa cosa dei redivivi nazisti, il potere, che oggi si misura col controllo dell’Elio 3.  Il finale, poi, mostra tutta la bravura del regista Timo Vuorensola che dopo aver messo in relazione, per tutto il film, la sua realtà cinematografica con la satira tragicomica del Dottor Stranamore conclude tutto in un grandioso olocausto nucleare.

Iron Sky è un faro nella notte, un film di vera fantascienza che, come nell’età dell’oro, diventa una lente per evidenziare i difetti della società guardandoli da un punto di vista diverso e mostrandoci un mondo dove i buoni e i cattivi si distinguono solo per il colore della divisa.