Eccomi qui dopo due giornate e mezzo di inferno e in attesa di almeno altre due a tirare un attimo il fiato e ad approfittarne per controllare se è caduto il governo… Beh no sembra che abbia le ore contate ma il presidente è, come sempre, ottimista, beato lui. Io no, sarà il periodaccio, la stanchezza o forse che mi sopravvaluto ma, francamente, mi sono rotto di vivere in questo paese e non mi riferisco a questo buco in provincia di una citta provinciale dove sono “costretto” a stare ma proprio all’Italia. Il fatto è che nel DNA degli italiani deve esserci qualche gene specifico che induce al malaffare. Faccio un esempio telefono a moneta, metto i miei bravi soldi nell’aggeggio, il telefono non mi restituisce le monete; in un qualunque paese civile faccio un esposto alla compagnia dei telefoni che verificato il problema mi rimborsa i pochi centesimi che ho “perso”, in Italia vado a controllare se è stato malintenzionatamente ostruito lo sbocco delle monete e certamente ci trovo una palla di carta che rimossa mi permette di recuperare i miei soldi. La verità è che fin da piccoli siamo allevati come degli approfittatori, egoisti maestri nell’arte di arrangiarsi e stiamo li ad ammirare, invece che condannare, quelli più bravi di noi nele attività al limite dell’illecito. In un paese come gli USA, che per molti versi non amo molto, evadere il fisco prima di essere illegale è assolutamente immorale, qui da noi è immorale pagare le tasse ed illegale non pagarle solo se sei beccato salvo poi lamentarsi che sono alte… eh si perchè una delle migliori qualità dell’italiano è il lamento: ci si lamenta delle tasse, del governo, degli allenatori del pallone, dell’immondizia a Napoli, della TV, per poi non solo non far nulla per cambiare ma peggio adeguandosi alla situazione e quando possibile sguazzandoci dentro. Con un bimbo piccolo da educare questo modello sociale, capirete, non è il massimo ma la soluzione di emigrare non è, purtroppo, così facile alla mia età.

Premio Nebula 2004, questo romanzo di Joe Hademan, notissimo autore SF in particolare per il ciclo “Guerra Eterna”, riprende il tema abusato ma centrale della fantascienza classica delle intelligenze aliene. Russell Sutton è uno scienziato che impegnato in vari progetti militari di esplorazione extra-terrestre molla tutto per mettersi in proprio e dedicarsi alla ricerca di relitti subacquei. Diventato famoso per aver recuperato il Titanic Russel si imbatte, non del tutto casualmente si scoprirà, in un insolito manufatto nelle profondita dell’oceano al largo delle isole Samoa. Un’equipe di scienziati cercherà di studiare questo oggetto senza approdare a nulla fino a quando, almeno, il manufatto si rivelerà per quello che è quando sarà raggiunto dall’alieno mutaforma che da milioni di anni, senza memoria di se, circola sulla Terra prima nei mari mischiato alla fauna marina e poi fra gli essere umani.
Bellissima l’evoluzione del Finto Uomo da quando prende per la prima volta la forma umana e nel corso degli anni fino a raggiungere il manufatto nei panni di una donna, inutile l’iontroduzione dell’entita “Camaleonte” che non ha alcun rilievo nell’economia della storia. Tutto sommato da leggere.

La nuova, vecchia NCC1701 senza A,B,C,D,E... Il successo di Star Trek è sempre stata l’Enterprise. Mai nella storia della fantascienza ad una nave è stato dato un nome più evocativo di quello. L’Enterprise nel corso di oltre trent’anni è stata, per i fan di una serie TV, una specie di icona, ha rappresentato un luogo della mente a cui tornare. Ecco dunque che Deep Space 9 pur essendo la migliore fra le serie Trek non ha avuto l’appeal della serie classica e di Next Generation, mancava l’Enterprise ed ecco il perchè di Voyager prima e di Enterprise poi; ci vuole una nave, un punto fisso e allo stesso tempo in grado di spostarsi fino a dove nessun uomo è mai giunto prima. L’Enterprise, quella classica, rappresenta un luogo immaginario dove esiste una società utopica. Una società, quella creata dal compianto Gene Roddenberry, in cui il bene e il male hanno ruoli ben distinti e definiti e non ci sono zone grigie di confine, e tutto molto semplice, netto, rilassante. Sull’Enterprise non c’è il collega invidioso che vuole fregarti la promozione e se c’è è da tutti inviso e non elogiato per la sua scaltrezza. Kirk è il comandante per le sue capacità e _nessuno_ lo mette in discussione, quello che dice è legge, non perchè incuta timore o paura e nemmeno per il rispetto dovuto ai superiori ma solo perchè ha dimostrato, infinite volte, che quello che dice e fa è giusto e se decide di infrangere la prima direttiva ci sarà un motivo e se dovrà pagare le conseguenze delle sue azioni non cercherà mai di dare la colpa a Uhura.

Rieccoci nuovamente al cinema per un nuovo film, l’undicesimo, ambientato nell’universo della Federazione Unita dei Pianeti… questa volta assisteremo ad un nuovo prequel o meglio ad una nuova storia ambientata prima che il Capitano Kirk diventasse leggenda. Nuovi attori interpreteranno le vecchie conoscenze della serie classica, avremo un nuovo capitano Kirk, Zacary Quinto dhe dopo Sylar di Heroes interpreterà Spock e sopratutto tornerà, con la magia dei moderni effetti speciali, l’Enterprise, quella vera, dalle forme semplici e geniali senza l’NX del prototipo e senza lettere dell’alfabeto dopo il nome; il tutto sotto la direzione di J.J. Abrams che francamente, da Alias a Lost, non mi ha mai entusiasmato più di tanto. Rumors dicono che la serie rispetterà il più possibile i canoni della timeline classica, senza avvenimenti improbabili come per Enterprise. Il fandom è concorde nel dire che Star Trek XI avrà due sole possibilità o rilancerà il merchandise portando magari ad una nuova serie o distruggerà semplicemente quello che rimane dell’universo di Gene Roddenberry. Io credo che il film potrà pure essere mediocre ma che Star Trek non finirà qui.

Non mi fido: a prescindere. Non mi fido di ciò che non posso controllare perchè non ne ho il tempo o le capacità o tutte e due. Sono permaloso e mi incazzo quando mi fanno notare i miei errori, e mi incazzo sostanzialmente perchè non me ne ero accorto. Non mi capita spesso di fare sbagli, quasi mai a dire il vero, ma ultimamente ci sono troppe cose da controllare e poco tempo per farlo, poi non ne ho voglia. E’ questo il vero problema: lo scazzo. Troppa gente è fancazzista e troppa altra si fa il mazzo per compensare, e io, che mi trovo nel sottoinsieme sbagliato, sono stufo. Stufo marcio di passare per fesso, stufo di non avere il tempo per leggere o scrivere due righe se non la sera tardi quando la stanchezza, la svogliatezza e il pessimismo mi portano spesso ad avere toni pesi e tetri. In fondo, tutto sommato, non va poi così male il problema è solo il valore medio del Q.I.
Ultimamente IE7 si blocca a minchia…. mmmh non è un buon presagio, proprio no.

Silverlit X-Twin Preso da un nuovo attacco di consumismo e complice una precoce crisi di mezza età, che invece di risolversi con una bagascia ha resuscitato il fancullino che avevo fatto fuori ai tempi di Pascoli, dopo il Picooz classico e il Picooz Apache ecco la mia ultima acquisizione nel campo dell’intrattenomento ludico l’X-Twin.

L’X-Twin, come il Picooz è un prodotto della Silverlit ed è in pratica un aereo radiocomandato, spinto da due motori ad elica posteriori con comandi via radio (al contrario del Picooz cha ha un trelecomando a infrarossi). A differenza degli elicotteri è praticamente impossibile far volare l’X-Twin in casa (a meno di vivere in un grande loft), è troppo grosso e veloce, appena decolla si schianta contro qualcosa prima di poter fare qualsiasi tentativo di controllarlo, ma non dispero nel week-end di fare un giro in un parco con la scusa di far prendere aria al pupo.