Due chiacchiere sui referendum del 21 e 22 giugno. Subito dopo il risultato delle elezioni europee la prima conclusione politica che ne è derivata è stata la volontà della maggioranza (su “suggerimento” della Lega Nord) di far fallire i quesiti referendari puntando sull’astensionismo. A una settimana dal voto, infatti, dei referendum in TV semplicemente non se ne parla e sono in pochi ad avere un’idea, pur vaga, circa cosa si vada a votare. Sarebbe davvero ora di togliere il quorum ai referendum, ormai sono anni (dal referendum sulla caccia?) che il referendum non riesce ad assolvere alla funzione per la quale è stato immaginato dai costituenti, cioè quello di riportare le cose allo stato in cui erano prima dell’entrata in vigore di una legge. Di fatto, oggi, i referendum, abrogando solo qualche articolo di una legge, diventano un modo per cambiare la legge stessa in maniera quasi incomprensibile per chi deve andare a votare; se a ciò aggiungiamo l’uso dell’astensionismo al posto di una campagna per il NO, si capisce perchè ormai il referendum possa essere considerato un istituto svuotato totalmente di ogni suo significato originario.

Veniamo comunque a quello che ho capito io del referendum del 21 giugno.
Abbiamo tre quesiti che è inutile riportare tanto sono incomprensibili, sono per intendersi del tipo “volete voi che sia abrogato tale articolo di tale legge limitatamente alla tale frase”. I tre quesiti sono riportati su schede di colore Viola, marrone e verde.
Tutti e tre i referendum riguardano la legge elettorale, i primi (scheda viola e marrone) riguardano l’abolizione del premio di maggioranza per le coalizioni con il risultato di darlo direttamente ai partiti (una scheda è per la Camera e l’altra è per il Senato).
Oggi alla coalizione che si aggiudica la maggioranza dei voti viene dato un premio di maggioranza con cui si aggiudica il 55% dei seggi mentre per essere rappresentata in parlamento una coalizione deve avere almeno il 4% dei voti alla Camera e l’8% al Senato (qui su base regionale). Dopo il referendum spariscono le coalizioni e quanto detto si riferisce al singolo partito.
Il terzo referendum, scheda verde, riguarda l’abolizione della possibilità per un singolo candidato di presentarsi in più circoscrizioni.

Qualche considerazione personale. Per il terzo quesito non vi è il minimo dubbio. E’ assurdo che un candidato possa presentarsi in più circoscrizioni per poi magari vincere in tutte le sezioni e “ricattare” il secondo delle sezioni in cui si è ritirato.
Qualche dubbio invece sui primi due quesiti. Da un punto di vista strettamente democratico potrebbe avvenire che una coalizione, pur avendo avuto in totale meno voti, ritrovandosi al suo interno un partito che ha avuto complessivamente più voti si ritrovi all’opposizione. Faccio l’esempio del trend delle elezioni europee che hanno visto una crescita notevole di IDV e Comunisti vari. In uno scenario in cui la sinistra riuscisse a rosicare qualche altro punto di consenso al PDL-Lega, con la nuova legge ci troveremmo nella situazione che lo schieramento di Destra pur avendo preso complessivamente meno voti dello schieramento di Sinistra avendo al suo interno il partito di maggioranza relativa, PDL, si trovi comunque al governo. D’altro canto, dal momento che con un altro referendum abbiamo deciso per il bipolarismo abbiamo il dovere di andare fino in fondo ed è necessario, dunque, procedere verso un sistema bi-partitico. Del resto se passasse la legge, quanto meno, i masochisti comunisti la smetterebbero di viaggiare separati per dire sostanzialmente le stesse cose (vedi Europee con Rifondazione&C in un partito e Sinistra e Libertà in un altro). Inoltre questo referendum serve anche a ridimensionare il potere di partiti che pur rappresentando una percentuale infima degli elettori hanno un peso sproporzionato nelle decisioni della coalizione, vedi la Lega con questo stesso referendum.

Ad ogni modo, comunque vada, questa legge elettorale resta un vero schifo.

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