Uno prende un camion e si lancia contro la folla ammassata a guardare i fuochi d’artificio e, al grido di Allahu Akbar,  ti fa fuori un’ottantina di persone prima di finire ammazzato dai colpi di pistola della polizia e tu che guardi lo spettacolo  in TV pensi: <<cazzo un’altro attentato dell’ISIS>> per poi scoprire che con tutta probabilità il povero stronzo ha fatto tutto da solo e cominci a chiederti: <<è il terrorismo che fa gli attentati o gli attentati che fanno il terrorismo?>>

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nizzaOgni volta che viene portato a termine un attentato terroristico di matrice islamica in uno dei paesi del, così detto,  occidente civilizzato, perché poi alla fine di quello stiamo parlando, se muoiono decine di persone a Baghdad non frega nulla a nessuno; ad ogni attentato terroristico come quello dell’altro giorno a Nizza, dicevo, le reazioni sono sempre le stesse.

Leggendo i social network ma anche ascoltando la gente in un bar, che poi oggi è pressoché lo stesso, la prima reazione è «adesso hanno rotto il cazzo­», reazione a pensarci bene comprensibilissima, perché quando qualcuno viene a importunarti a casa tua, magari durante una festa, giustamente ti incazzi; il problema è quello che succede dopo, perché il punto è sempre: di chi e cosa stiamo parlando?

Dopo la prima giustificabile reazione a caldo, infatti, da un lato partono le analisi degli esperti di politica estera da bar, che «ah, se ci fosse ancora il mascellone l’ISIS avrebbe i minuti contati» o «Putin dovrebbe lanciare l’atomica sull’ISIS» e dall’altro, quello che realmente mi spaventa, un crescere dell’odio verso il diverso, l’immigrato, il musulmano, quello con la pelle un po’ più scura, anche da parte di persone normalmente moderate e talvolta anche intelligenti.

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lo-chiamavano-jeeg-robot-cover-del-fumetto-ufficiale-e-due-nuovi-character-poster-3Credo di non aver mai visto al cinema una produzione italiana, o almeno non me lo ricordo (sì lo so sono uno schifoso snob); trovo il cinema italiano odiosamente provinciale e ancorato a trame desuete e terribilmente localizzate. È raro imbattersi in produzioni cinematografiche(per non parlare delle fiction) italiane con un respiro più ampio di quello legato alla turpe storiella di due amanti di provincia, all’eroismo delle forze dell’ordine e all’amore incondizionato del prete di campagna. Una sorta di mutamento sta avvenendo negli ultimi anni col filone al genere drammatico/poliziesco di film come Gomorra o Romanzo Criminale ed è proprio a questo sottogenere della cinematografia nostrana che questo Lo chiamavano Jeeg Robot, diretto da Gabriele Mainetti, si aggancia per una rappresentazione in chiave spaghetti-heroes dell’eroe con super poteri e grandi responsabilità. Non che non ci avesse provato Gabriele Salvatores due anni fa con  Il Ragazzo Invisibile ma, inutile nasconderlo, con scarso successo (di pubblico e di critica)

 

Attenzione, se non avete ancora visto il film, proseguendo nella lettura potreste imbattervi in qualche spoiler.

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