Approfittando del mio week end a Napoli e Salerno e di un noioso viaggio in pullman ho avuto il tempo di divorare un romanzo che avevo da mesi nella pila delle cose da leggere: Slan Hunter. Uno dei motivi percui non avevo mai avuto il coraggio di aprire quel libro erano le recensioni negative al seguito del 1940 dello Slan scritto da Van Vogt che avevo raccolto in giro. Leggendo il romanzo, completato da K.J. Anderson, partendo dagli appunti lasciati da Van Vogt per un sequel, devo dire che ho passato quattro-cinque ore piacevolmente immerso nella solita sospensione della realtà di un romanzo di fantascienza. Ho ripensato allora alle critiche che avevo letto e mi sono reso conto che sono tutte motivate, ma perfettamente applicabili allo stesso Slan, a tutte le opere di Van Vogt a gran parte delle opere di Asimov e genericamente a quasi tutti i romanzi della SF del periodo d’oro. E’un po come per le tette, negli anni 50-60-70 agli uomini piacevano semplicemente le tette grosse, oggi devono essere perfette, modellate dal bisturi di un chirurgo plastico, tecnicamente bellissime, ma poi, a pensarci, manca sempre qualcosa. Molti romanzi SF di oggi sono tecnicamente veri capolavori, godono spesso di critiche positive anche nel genere mainstream ma raramente evocano lo stesso sense of wonder dei romanzi di Van Vogt, Heinlein, Asimov e tutti gli altri.
Ad ogni modo Slan Hunter riprende le gesta di Jommy Cross e dei protagonisti dell’originale Slan. Il presidente Grey è stato deposto dal capo della polizia segreta, il cacciatore di Slan, John Petty ma un grave pericolo incombe sulla Terra. Il pianeta viene attaccato da una nuova razza di slan, i senzantenne che da Marte, per secoli avevano pianificato l’invasione della Terra e l’eliminazione degli essere umani normali ma sopratutto degli odiati Slan che accusavano di aver generato la loro progenie monca. La realtà non è quella che sembra, John Petty, Kier Gray, Jommy Cross, fra doppi giochi e combattimenti intrecciano le loro storie ognuno, a modo suo, con l’intenzione genuina di salvare l’umanità. Il finale, teoricamente sarebbe aperto ad un seguito che dubito che ci sarà mai. Mai dare retta alle recensioni.
Premio Nebula 2004, questo romanzo di Joe Hademan, notissimo autore SF in particolare per il ciclo “Guerra Eterna”, riprende il tema abusato ma centrale della fantascienza classica delle intelligenze aliene. Russell Sutton è uno scienziato che impegnato in vari progetti militari di esplorazione extra-terrestre molla tutto per mettersi in proprio e dedicarsi alla ricerca di relitti subacquei. Diventato famoso per aver recuperato il Titanic Russel si imbatte, non del tutto casualmente si scoprirà, in un insolito manufatto nelle profondita dell’oceano al largo delle isole Samoa. Un’equipe di scienziati cercherà di studiare questo oggetto senza approdare a nulla fino a quando, almeno, il manufatto si rivelerà per quello che è quando sarà raggiunto dall’alieno mutaforma che da milioni di anni, senza memoria di se, circola sulla Terra prima nei mari mischiato alla fauna marina e poi fra gli essere umani.
Bellissima l’evoluzione del Finto Uomo da quando prende per la prima volta la forma umana e nel corso degli anni fino a raggiungere il manufatto nei panni di una donna, inutile l’iontroduzione dell’entita “Camaleonte” che non ha alcun rilievo nell’economia della storia. Tutto sommato da leggere.