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La corsa allo spazio iniziò dopo il lancio dello Sputnik 1 sovietico, il 4 ottobre 1957. Da allora, fino a metà degli anni ’70, è stato tutto un rincorrersi fra USA e URSS alla ricerca di una supremazia fuori dai confini del pianeta che andò di pari passo solo alla corsa agli armamenti che impensieriva chi dal pianeta non aveva modo di scappare.

Il lancio dello Sputnik provocò timori e dibattiti  negli Stati Uniti che portarono Eisenhower ad approvare la costituzione della NASA, che fu il preludio di quella insuperabile impresa che portò nel 1969 il primo uomo a lasciare la propria impronta sulla Luna. Intanto la supremazia nel campo dell’esplorazione spaziale veniva vissuta, nell’Unione Sovietica, come un importante segno della capacità scientifiche e tecnologiche della nazione.
Per un paese che usciva dalla devastazione di una guerra, fu molto importante credere nei progresso scientifico e nell’avvendo di una nuova era: a ciò contribuì anche un’incredibile collezione di poster di propaganda, dai colori vivaci, ideati per essere di ispirazione, per il popolo sovietico, durante la corsa allo spazio e che oggi sono parte della storia della conquista spaziale

Alcuni poster originali, realizati fra il 1958 e il 1963, sono stati recentemente messi all’asta da Mercer & Middlesex Auctions per un valore variabile fra i 400 e i 1500 dollari.

Nella galleria di seguito alcuni di questi magnifici poster.

 

Ciò che però, invece, è eticamente inaccettabile è la scelta di far esibire un corpo svestito in uno spazio urbano frequentato dalle famiglie e dai bambini che di sabato sera si concedono un momento di relax e di riposo, passeggiando nel borgo antico. Innanzitutto, perché il senso del pudore esige il massimo rispetto ma soprattutto perché è intollerabile sfruttare il corpo di una donna per suscitare scandalo e provocare irrazionale stupore.

Questa la risposta dell’Arcidiocesi di Lecce allo spettacolo proposto dall’artista contemporaneo Franco Losvizzero con una ragazza, mascherata da coniglietta con il corpo dipinto di bianco, che ha attraversato nuda le vie del centro storico della città…  senso del pudore delle famiglie e sfruttamento del corpo della donna.

Al di là delle intenzioni dell’artista, che se è vero che ha portato questo spettacolo in giro in tanti musei di tutto il mondo è pure vero che non poteva non immaginare  la reazione della gente nel vedere una donna nuda dipinta di bianco in giro per strada in una città del sud italia,  rimane interessante analizzare la reazioni.

A gridare allo scandalo, infatti, non sono state le ragazze o le donne che, evidentemente,  non hanno ravvisato alcuno sfruttamento sessista, non sono stati di certo i giovani e gli adolescenti, che probabilmente non hanno mai guardato con tanta attenzione un opera d’arte e di certo non sono stati i bambini che, ovviamente, sono rimasti estasiati dal coniglio bianco dalle fattezze di una donna che, come in un immaginario paese delle meraviglie, passeggia insieme a loro nei vicoli della città; a rimanere “sconvolti”, “scandalizzati”, a gridare “vergogna!” fra la folla, come racconta  lo stesso Losvizzero, sono stati uomini oltre la cinquantina esemplari con una doppia moralità e portatori di pulsioni negative… lo stesso target insomma delle puttane di strada.

La verità è che una donna nuda che si esibisce in una performance teatrale come “Un coniglio alla mia tavola” non è uno spettacolo erotico, non può provocare alcun disordine morale alle famiglie, non è sfruttamento della donna, non è pornografia, ma solo la dimostrazione della bellezza che si contrappone alla visione imposta all’uomo timoroso di Dio che vede la natura foriera di tentazioni da cui un animo puro deve rifuggire salvo poi, anelarvi in segreto e scompostamente.