Mi rendo conto che è una coincidenza ma è una coincidenza davvero terribile: la foto sopra è stata scattata alle 19:44 di ieri e io non è che passo normalmente le giornate a fotografare la Luna; mi fa un po’ impressione pensare che mentre guardavo il cielo e nella testa suonavano le note di questa canzone in un ospedale di Columbus, nell’Ohio, stava morendo Neil Armstrong.

Io, purtroppo, non ho avuto la fortuna di assistere allo sbarco sulla Luna, l’ultima missione dell’Apollo fu alla fine del 1972 e io sono nato nel 1973 ma la mia vita e quella della mia generazione è stata pesantemente condizionata da quella prima impronta di Neil Armstrong nella sabbia lunare, da quei primi passi nella ridotta gravità del nostro satellite, da quelle sfida che  ancora una volta, forse per l’ultima volta, ha visto l’uomo andare oltre i suoi limiti per attraversare di nuovo le Colonne d’Ercole dimostrando a se stesso e alle generazioni future che tutto è possibile.

La morte di Neil Armstrong mi ha davvero rattristato non solo perché se n’è andato un uomo buono e un eroe del nostro tempo ma perché la sua scomparsa è come un’ulteriore picconata al primato dell’uomo sull’uomo e diventa per me quasi un simbolo di questa fase dell’umanità che ha in mente solo la crisi, il differenziale dello spread e l’iPhone 5.

Addio Neil.

P.S. Se qualcuno vuole commentare questo post facendomi partecipe della propria personale teoria del complotto sul falso sbarco lunare del 1969, badi bene a nascondersi dietro un proxy, meglio se anonimo

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