Questa mattina facevo un giro in moto, stavo per imboccare la statale quando vedo questo cartello imbrattato qui, subito sorrido e penso: «beh almeno i ragazzi di oggi non hanno perso le sane e becere abitudini di andare a esprimere sui muri il proprio risentimento per una storia naufragata» (vabbè non l’ho pensata proprio così) e immediatamente dopo mi ritrovo a scuotere la testa desolato. No, non desolato per l’atto vandalico che, pur esecrabile, rimane espressione di un sentimento di odio, una cosa sana, tutto sommato, ma che oggi è consentita solo verso i novax, come dice pure quel vecchio rottame di J-Ax che da Ahi Maria è passato a rappare Ave Maria, ma non divaghiamo, desolato dicevo non per il gesto ma per l’espressione usata.

In un mondo normale, sano, su quel cartello ci sarebbe scritto “Ivana è una puttana” che fa pure rima, oggi ci trovi scritto Ivana (pausa drammatica) escort. Escort capite? Perché certo tu vuoi insultare quella gran zoccola della tua ex, ma puttana non si può dire, è squalificante per il genere femminile, come ci insegna Nigella Lawson che in un impeto di cancel culture snowflake [1], decide di cambiare gli “spaghetti alla puttanesca” in “spaghetti alla sciattona” perché il termine slut non si può più usare.

Il fatto è che questo modo di fare dei cosiddetti social justice warrior[1],  questa idea di una neolingua fatta di asterischi, lettere ebraiche impronunciabili ed espressioni politically correct funziona, funziona bene, e loro lo sanno perché, pur essendo un branco di fascisti talebani, troppo spesso hanno anche studiato e questo li rende estremamente pericolosi, molto più di una pandemia. Quello che si sta sviluppando, sempre più velocemente, è il germe di un’idea diffusa volta a costruire una nuova lingua, con l’obbiettivo di creare un mezzo espressivo in grado di sostituire la vecchia visione del mondo (etichettata come patriarcale, sessista e discriminatoria) e le vecchie abitudini mentali rendendo, di fatto, impossibile ogni altra forma di pensiero semplicemente perché si vuole cercare di cancellare i mezzi espressivi in grado di codificarlo, una sorta di universo orwelliano iscritto nel club dei buoni, praticamente un Inferno sulla Terra. Il problema è che per cercare di guadagnare la fiducia di questa minoranza snob quanto crudele e perbenista, certa politica e certa stampa tendono ad avvallare tesi e atteggiamenti imbarazzanti solo fino a dieci anni fa.

Lino Banfi e Edwige Fenech

Cercare di contrastare certe idiozie, poi, dire di voler vivere in un mondo dove Lino Banfi in canottiera a coste può toccare le tette di una Edwige Fenech mezza nuda in una commedia per famiglie è qualcosa di improponibile perché ti ritrovi etichettato come salviniano, meloniano, sovranista, fassista, sessita e altre cose brutte che finiscono in -ista.

Ma alla fine cosa importa come vieni etichettato ma sopratutto a chi?  Mannaggia alla madonna dell’incoroneta!

[1] anche snowflakes e social justice warriors sono due locuzioni recenti che identificano, in alcuni contesti in modo dispregiativo, il modo dissociato di vedere la realtà di cui abbiamo parlato. Queste locuzioni, per certi versi, tuttavia, rientrano nella stessa narrazione su una neolingua politically correct, in quanto la maggiormente esplicativa espressione testa di cazzo è già presente in quasi tutte le lingue del mondo.

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