Se c’è una cosa che mi mette estrema tristezza è vedere gente della mia età avere lo stesso atteggiamento verso la vita che aveva mio nonno negli anni ’60, mi riferisco particolarmente a quel fenomeno di costume identificato col termine di “movida“.

Il termine trae origine dal clima di vitalità sociale, culturale e artistica, caratteristico della Spagna degli anni ’80 ed è stato mutuato nel Bel Paese per identificare la vita notturna all’insegna del divertimento soprattutto nel week end.

Già prima di quell’altro fenomeno di costume noto come lockdown, nascevano comitati di quartiere per combattere il gigantesco problema di gente che passava la notte a chiacchierare, itinerando fra bar e cornetterie e disturbando con il loro vociare  il sacro sonno di tanti instancabili quanto noiosi lavoratori. Durante e subito dopo il lockdown, poi, la movida è diventata, nelle dichiarazioni dei social-virologi, uno dei principali canali di diffusione del virus, al punto da rendersi necessario il coprifuoco; ora forse è ancora presto per rendersi conto della portata storica del concetto di coprifuoco, dell’idea stessa di impedire alla gente di uscire di casa dopo una certa ora, ma ne riparleremo, torniamo ora alla movida.

L’estate del 2021 probabilmente sarà ricordata come quella del ritorno alla normalità, sia pure condizionata da altre imposizioni e lasciapassare e pure di questi è ancora presto per comprendere la portata storica, resta il fatto che insieme alla normalità è ritornata la vita notturna; certo le discoteche sono sempre inspiegabilmente chiuse, ma forse anche per quello la gente della notte (cit.) è aumentata e con loro le tristi lamentele dei benpensanti,

Ora, sarà pure che io mi avvicino alla soglia dei cinquant’anni e quindi anagraficamente mi pongo nella fascia fra Jovanotti e mio padre quando è morto, ma sentire i pianti di coetanei per gli schiamazzi del bar sotto casa alle due di notte, leggere i commenti di ragazzi più giovani di me che alle 00:40 cercano i vigili per la musica di una festa nel palazzo di fronte perché alle 7.00 devo andare a lavorare e poi c’ho il bambino piccolo (15 anni)[1] che non riesce a dormire, insomma tutto questo mi infonde una profonda tristezza, perché poi sono quasi sempre gli stessi che inneggiano alla tolleranza verso questa o quella forma di discriminazione sociale, purché not in my backyard.

Comunque io un consiglio ce l’ho per voi: pare che il Parlamento stia per consentire (cito) – a persone maggiorenni la coltivazione e la detenzione per uso personale di non oltre quattro femmine di cannabis, idonee e finalizzate alla produzione di sostanza stupefacente e del prodotto da esse ottenuto -a questo punto insieme alla salvia e al rosmarino, nel vaso sul balcone ficcateci pure quattro piantine di canapa così che quando il rumore fuori dalla finestra si fa troppo forte… beh sapete già cosa dovete fare.

[1] pure mio figlio di 14 anni non riesce a dormire la notte perché passa tutto il tempo a giocare online con i figli vostri, ma mica io me la prendo col bar di fronte!

 

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Ma io davvero mi chiedo, quando parlate di transizione ecologica come pensate di farla?

Se tutto va bene entrerà in esercizio a fine anno-primi del 2022 il primo parco eolico offshore italiano in un’area vicina al porto di Taranto ma esterna allo scalo, per un investimento di circa 80 milioni di euro di fondi privati su uno specchio di mare di 131.000 mq  a 2 chilometri e mezzo dalla costa.

L’impianto è costituito da 10 turbine da 3 MW ciascuna con 30MW potenza nominale installata per una produzione stimata è di 55.600 MWh l’anno in grado di servire il fabbisogno di 18.500 famiglie.

Il progetto prevede fondazioni monopalo con un diametro di 4,5 metri, lunghezza totale di circa 50 metri, per 400 tonnellate di acciaio su cui saranno installate le torri da 80 metri e i rotori da 135 metri di diametro.

Niente di trascendentale, solo un piccolo, quasi insignificante, passo avanti nella transizione verso fonti rinnovabili ma ovviamente, come per tutto, c’è sempre un fronte del NO.

Gruppi di psicopatici cominciano a riunirsi su Facebook e Telegram per dire NO al disastro ambientale provocato da dieci turbine in mezzo al mare, a Taranto, dico a TARANTO una delle città più inquinate d’Italia, in un porto che ha visto sversare milioni di tonnellate di rifiuti tossici, industriali, civili e militari.

Eh ma è un danno per il paesaggio (in mezzo al mare?), poi sai la fauna ittica (che sicuramente prolifererà non essendo più consentito il transito navale), poi c’è l’inquinamento acustico (a due chilometri dalla costa), eh ma il turismo (il primo parco eolico off-shore italiano) e gli uccellini che vengono maciullati dalle pale… signori miei siete fuori come balconi. Ora io concordo che sia una goccia nel mare, un investimento quasi inutile, ma la verità è che qualunque cosa si faccia è sempre un problema di NIMBY, il rinnovabile sì, ma non a casa mia!

Il fatto è che vi meritate solo una centrale nucleare su per il culo, ma di prima generazione.

Questa mattina facevo un giro in moto, stavo per imboccare la statale quando vedo questo cartello imbrattato qui, subito sorrido e penso: «beh almeno i ragazzi di oggi non hanno perso le sane e becere abitudini di andare a esprimere sui muri il proprio risentimento per una storia naufragata» (vabbè non l’ho pensata proprio così) e immediatamente dopo mi ritrovo a scuotere la testa desolato. No, non desolato per l’atto vandalico che, pur esecrabile, rimane espressione di un sentimento di odio, una cosa sana, tutto sommato, ma che oggi è consentita solo verso i novax, come dice pure quel vecchio rottame di J-Ax che da Ahi Maria è passato a rappare Ave Maria, ma non divaghiamo, desolato dicevo non per il gesto ma per l’espressione usata.

In un mondo normale, sano, su quel cartello ci sarebbe scritto “Ivana è una puttana” che fa pure rima, oggi ci trovi scritto Ivana (pausa drammatica) escort. Escort capite? Perché certo tu vuoi insultare quella gran zoccola della tua ex, ma puttana non si può dire, è squalificante per il genere femminile, come ci insegna Nigella Lawson che in un impeto di cancel culture snowflake [1], decide di cambiare gli “spaghetti alla puttanesca” in “spaghetti alla sciattona” perché il termine slut non si può più usare.

Il fatto è che questo modo di fare dei cosiddetti social justice warrior[1],  questa idea di una neolingua fatta di asterischi, lettere ebraiche impronunciabili ed espressioni politically correct funziona, funziona bene, e loro lo sanno perché, pur essendo un branco di fascisti talebani, troppo spesso hanno anche studiato e questo li rende estremamente pericolosi, molto più di una pandemia. Quello che si sta sviluppando, sempre più velocemente, è il germe di un’idea diffusa volta a costruire una nuova lingua, con l’obbiettivo di creare un mezzo espressivo in grado di sostituire la vecchia visione del mondo (etichettata come patriarcale, sessista e discriminatoria) e le vecchie abitudini mentali rendendo, di fatto, impossibile ogni altra forma di pensiero semplicemente perché si vuole cercare di cancellare i mezzi espressivi in grado di codificarlo, una sorta di universo orwelliano iscritto nel club dei buoni, praticamente un Inferno sulla Terra. Il problema è che per cercare di guadagnare la fiducia di questa minoranza snob quanto crudele e perbenista, certa politica e certa stampa tendono ad avvallare tesi e atteggiamenti imbarazzanti solo fino a dieci anni fa.

Lino Banfi e Edwige Fenech

Cercare di contrastare certe idiozie, poi, dire di voler vivere in un mondo dove Lino Banfi in canottiera a coste può toccare le tette di una Edwige Fenech mezza nuda in una commedia per famiglie è qualcosa di improponibile perché ti ritrovi etichettato come salviniano, meloniano, sovranista, fassista, sessita e altre cose brutte che finiscono in -ista.

Ma alla fine cosa importa come vieni etichettato ma sopratutto a chi?  Mannaggia alla madonna dell’incoroneta!

[1] anche snowflakes e social justice warriors sono due locuzioni recenti che identificano, in alcuni contesti in modo dispregiativo, il modo dissociato di vedere la realtà di cui abbiamo parlato. Queste locuzioni, per certi versi, tuttavia, rientrano nella stessa narrazione su una neolingua politically correct, in quanto la maggiormente esplicativa espressione testa di cazzo è già presente in quasi tutte le lingue del mondo.

“Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic e di ambientalisti oltranzisti, ideologici: loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati” Roberto Cingolani

All’evento organizzato da Italia Viva a Ponte di Legno, ieri, era presente il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani.

Roberto Cingolani

Cingolani fisico e accademico, ex responsabile innovazione tecnologica di Leonardo ed ex direttore dell’IIT di Genova, nel suo intervento riesce a dire cose che nel Bel Paese paiono pura eresia. Intanto afferma che il nucleare non dovrebbe essere considerato un tabù, soprattutto ora che si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione e poi che il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici e, sempre sul nucleare, ci dice che se a un certo punto si verifica che i quantitativi di rifiuti radioattivi sono scarsi, la sicurezza elevata e il costo basso è da folli non considerare questa tecnologia e che nell’interesse dei nostri figli è vietato ideologizzare la scienza.

Ora le affermazioni del ministro, a chiunque dotato di un QI a più di due cifre, dovrebbero apparire scontate; quante volte, qui, abbiamo parlato degli ambientalisti della domenica, quelli che l’importante è seguire la corrente senza curarsi degli obiettivi.

Una volta, un paio d’anni fa, ho parlato di trasporto pubblico sostenibile a una di quelle inutili marce del venerdì dedicate al feticcio Greta, spiegavo che la transizione del parco mezzi delle aziende di trasporto, allo stato dell’arte, passa, inevitabilmente, attraverso il gas metano in attesa dell’implementazione di nuove tecnologie legate all’elettrico e all’idrogeno in grado di supportare il servizio di TPL.  Come dice Cingolani: ambientalisti oltranzisti ideologici, studenti fuori corso da quando l’università la frequentavo io (e sono passati molti anni) che non so se prendono il reddito di cittadinanza o già la pensione, mi attaccano come un branco di cani arrabbiati, a botte di stronzate sul global warming, sull’inquinamento del metano, sulla fine del mondo a causa dell’uso del gas naturale, naturalmente lo ho mandati a fare in culo senza troppe spiegazioni, loro e le fonti rinnovabili, ma non è questo il punto.

Alle parole di Cingolani, nemico dell’ambiente e dell’ambientalismo, allo stesso modo dei ripetenti all’università della vita che parlano a vanvera di fine della civiltà, partono gli attacchi di partiti Verdi che lo accusano di fare gli interessi della lobby del petrolio (sì, lo so sono un po’ confusi), della solita Legambiente, anch’essa estremamente confusa sulla questione nucleare, ma sopratutto del M5S e di Conte, sì quella specie di azzeccagarbugli foggiano, che ha convocato Cingolani per chiarire non si sa cosa. Ripeto Conte ha convocato Cingolani, basta per ridere tutto il week end.

La verità, lo sapete, l’ha scritto anche mio figlio nella tesina di terzamedia, nonostante la professoressa di francese non fosse d’accordo, la verità, dicevo è che la transizione ecologica verso le fonti rinnovabili passa inevitabilmente e inesorabilmente dall’energia nucleare, qualunque altra soluzione, oggi non è proponibile se, davvero, l’obiettivo è quello di ridurre le emissioni, ma si sa questi sono problemi che affronteranno i superstiti, l’importante è l’apparenza.

  • 600 g pomodori a pezzettoni
  • 350 g spaghetti
  • 100 g olive nere  snocciolate
  • 100 g acciughe sotto sale
  • 50 g capperi 
  • uno spicchio di aglio
  • un peperoncino rosso
  • olio extravergine d’oliva q.b
  • sale q.b.
  • pepe q.b.

Partiamo dalle alici, laviamole e tritiamole col coltello e passiamo a denocciolare le olive e farle a rondelle Ora tocca ai capperi che vanno sciacquati per ridurre la sapidità

A questo punto, in una padella facciamo soffriggere l’aglio nell’olio extravergine d’oliva e aggiungiamo le alici, i pomodori a pezzettoni, sale e pepe e facciamo cuocere per una decina di minuti aggiungendo olive e capperi.

Intanto facciamo bollire l’acqua in cui metterete a cuocere gli spaghetti. Quando la pasta sarà cotta, abbastanza al dente, la scoliamo e la saltiamo in padella col resto del condimento, facciamo cuocere per un paio di minuti e voilà possiamo impiattare.

Quella sopra è la mia ricetta per gli spaghetti alla puttanesca, per quattro persone. L’origine di questa pietanza si perde nella notte dei tempi, probabilmente nasce, ai primi del novecento, in qualche bordello nello stivale; mi piace credere, tuttavia, alla leggenda che narra di una puttana francese di nome Yvette che dopo aver dato origine a questo piatto con ingredienti di fortuna gli avesse dato il nome “puttanesca“, con estrema ironia, e in onore del suo mestiere.

Nigella Lawson

Resta il fatto che a distanza di oltre un secolo, nel petaloso 2021,  dopo storie di corna, cocaina e un divorzio burrascoso la giunonica (si può ancora dire giunonica?) Nigella Lawson, nota food influencer britannica, famosa per i suoi programmi di cucina sulle tv dell’Impero e per i suoi libri sempre a tema culinario, ha deciso di intraprendere l’ennesima, ridicola, battaglia per i diritti civili rinominando gli “spaghetti alla puttanesca” in “spaghetti alla sciattona”  eliminando dal nome della ricetta il termine slut, per non offendere la sensibilità delle donne, e sostituendolo con “Slattern” perché, ci spiega lei stessa in un tweet, quando la madre non aveva il tempo di spazzolarsi i capelli e preparava la cena usando qualunque cosa avesse in credenza, le diceva di fare slatterning, traducibile come sciatto, disordinato.

Cioè la signora Lawson assecondando il delirio MeToo che continua a imperversare in occidente, ha deciso di cancellare un secolo di cultura gastronomica italiana in nome di un ricordo di sua madre e, sopratutto, per non offendere le donne. 

Chissà cosa ne penserebbe la povera Yvette, che di essere una battona ci aveva fatto un bandiera.

Ma se pensate che siano i sudditi di Sua Maestà ad essere un branco di idioti complessati, sappiate che sono in buona compagnia, Non più tardi di qualche giorno fa, infatti, il Moige, sì ancora lui, il Movimento Italiano Genitori, quello che voleva censurare le tette di Bulma, è riuscito a far cancellare uno stupido spot televisivo dove Lino Banfi, si la macchietta con un accento pugliese farlocco che ha passato gli anni 70 a toccare le meravigliose poppe di Edwige Fenech, sul grande schermo, e che oggi si è trasformato in Nonno Libero nonché ambasciatore Unicef, recitava una delle sue migliori gag esclamando: “porca puttena“. Capite, dopo Instagram e TikTok i bambini di oggi sono influenzati da “porca puttena” di Lino Banfi.

Insomma dalla puttanesca alla puttena, il passo è stato veramente breve.