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Dopo quel che è successo in questi giorni in Francia[1]è scoppiata la moda di solidarizzare con i vignettisti trucidati dai terroristi islamici sollevando una matita simbolica e  forzando l’identificazione del mondo occidentale con i ragazzi di Charlie Hebdo.

 

charlieBene, voi non siete Charlie, io non sono Charlie, forse nemmeno Charlie e Charlie perché, alla fine, disegnare Maometto col culo per aria, se l’occidente fosse davvero questa culla della libertà, non dovrebbe portare alla morte. La verità è che il confortevole conformismo, in cui tutti noi ci rifugiamo per comodità o quieto vivere, è esattamente l’humus in cui proliferano tutte quelle idee che indeboliscono il concetto stesso di libertà. La libertà consiste nella capacità di scegliere ma libertà di scelta vuol dire anche scegliere di privarsi della libertà. Quando decidete di intraprendere una campagna contro la satira appoggiando, che ne so, l’editto bulgaro contro Luttazzi, ne avete certamente facoltà ma state rinunciando ad un pezzo della vostra libertà per accomunarvi a quelli che ben pensano; non vi lamentate poi quando arriva il tizio incappucciato col kalashnikov a ricordarvi che se non puoi sfottere Pippo non puoi sfottere nemmeno Pluto e Paperino.

 

Ma il problema non è nemmeno tanto legato a un concetto difficile da digerire come la satira quanto ai comportamenti quotidiani. Noi siamo tutti vittima delle nostre convenzioni  e viviamo tutti in gabbia, una gabbia dorata forse ma siamo pur sempre in libertà vigilata. Ogni volta che ci autocensuriamo per evitare discussioni, ogni volta che facciamo qualcosa che non ci va per compiacere qualcun altro, ogni volta che accettiamo un sopruso perché abbiamo paura di conseguenze peggiori, ogni volta che permettiamo a qualcuno di limitare la libertà di qualcun altro  stiamo erodendo inconsapevolmente la nostra di libertà. Attenzione, non è detto che tutto ciò sia completamente sbagliato  ma di sicuro non fa di noi Charlie e quel che è peggio porta dritto verso un’enorme contraddizione: l’unico modo per difendere la libertà è quello di porvi dei limiti, perché se uno è libero di professare ideali d’odio noi non possiamo lamentarci se questi attecchiscono e cercano di annientare il nostro modo di vivere.

 

Tutto ciò ci conduce ad una riflessione un po’ meno teorica. Senza voler sposare l’atteggiamento idrofobo dimostrato da Oriana Fallaci il giorno dopo l’attentato delle Torri Gemelle, è innegabile che nei suoi oltre 1400 anni di storia l’Islam ha assimilato con la forza tutte le società e le culture che non hanno opposto una forte resistenza e se fino a poco tempo fa ero convinto che un’opposizione culturale alle idee oscurantiste di una religione medievale fosse sufficiente, oggi mi rendo conto che il pensiero dominante nella popolazione europea (e italiana in particolare) non è poi così lontano dai dettami dell’Islam. Alla fine, dunque, l’unico modo per preservare quel residuo di pensiero illuminista rimasto pare quello di prendere a calci in culo (non solo metaforicamente) chiunque[2] esprima concetti illiberali e oscurantisti indipendentemente dalla provenienza o dalla religione, non è bello da dire, forse, ma è così.

 

Quindi ragazzi, fatevene una ragione, voi non siete Charlie e se non vi date una regolata fra un po’ sarete Abdul.

 

[1] il 7 gennaio 2015 un commando terroristico di matrice islamica composto da tre uomini addestrati militarmente ha assaltato la sede di Charlie Hebdo, un giornale satirico francese che aveva pubblicato delle vignette che ritraevano Maometto, uccidendo 12 persone.

[2] nel chiunque rientrano anche le posizioni antiscientifiche, luddiste, complottiste e in generale dannose al progresso.

 

 

Infame Volantino Ero combattuto se parlare o meno di questa faccenda, ma francamente è tutto il giorno che ci penso e non posso farne a meno. La storia è abbastanza nota, un  prete di provincia ha affisso sul portone della chiesa un manifesto, tratto, se ho capito bene, da un sito di ultra integralisti cattolici e fatto di tante ignobili parole che possono essere riassunte in una frase che mia nonna mi disse quando avevo, boh, 16 anni anni:

 

«Angelo, ricordati che le donne sono tutte puttane.»

Ora, mia nonna è nata nel 1912 è pagava la sua educazione retrogada e contadina e poi, è inutile nasconderlo, era davvero una cattiva persona, invidiosa, superficiale, sostanzialmente stupida; francamente non so perché mio nonno ci stesse insieme. Però siamo nel 2013 e, premesso che nemmeno mia nonna avrebbe approvato l’omicidio delle “puttane”, certe affermazioni non devono essere tollerate, non tanto per il tono o per i contenuti quanto perché sono indice di un modo di pensare ignobile e fascista, una serie di idee che sembrano voler riemergere dalle ceneri di 60 anni di tentativi, evidentemente non riusciti, di rendere questo un “paese libero”.

Non è importante che queste parole vengano da un prete, se mai questa è un ulteriore conferma della reale mentalità che permea il mondo cattolico e non è nemmeno importante che il prete venga considerato indegno e  sia costretto ad appendere la tonaca al chiodo, non succederà mai, se non altro perché il suo pensiero è tutt’altro che lontano da quello delle alte sfere ecclesiastiche. No, la cosa importante è che questa storia ci serva a riflettere, ci aiuti a comprendere che l’unica cosa che differenzia l’uomo da tutto il resto del “creato” è l’anelito di libertà, la speranza di poter vivere e morire da esseri liberi, senza le imposizioni e i condizionamenti di chicchessia; ma sopratutto è importante per ricordarci che, oggi, nel 2013 non è ancora possibile per una donna uscire di casa, da sola, a piedi, la sera senza rischiare di essere stuprata e quel che è peggio non c’è nessuna tutela nei confronti delle potenziali vittime del così detto “femminicidio” perché, quasi sempre, prima che una donna venga uccisa, ci sono lo stalking e le minacce che se pure denunciati, non trovano mai nessuno che muova un dito per risolvere il problema salvo poi essere tutti in prima fila a rilasciare dichiarazioni del tipo “era tanto una brava ragazza”

Per chi fosse interessato cliccando su Mostra è possibile leggere, a imperitura memoria,  il coacervo di sciocchezze, non degne di un commento puntuale,  scritte nel manifesto affisso e ritirato; successivamente c’è una canzone di Edoardo  Bennato, del 1983, che dimostra come, in 30 anni, non solo non sia cambiato nulla, ma come forse le cose siano persino peggiorate.

[spoiler effect=”phase” show=”Mostra il contenuto dell’indegno manifesto” hide=”Nascondi”]

LE DONNE E IL FEMMINICIDIO, FACCIANO SANA AUTOCRITICA. QUANTE VOLTE PROVOCANO?

Proseguiamo nella nostra analisi su quel fenomeno che i soliti tromboni di giornali e Tv chiamano “femminicidio”. Aspettiamo risposte su come definire gli aborti: stragi? Notoriamente, l’aborto lo decide la donna in combutta col marito e sono molti di più dei cosiddetti femminicidi. Una stampa fanatica e deviata, attribuisce all’uomo che non accetterebbe la separazione, questa spinta alla violenza. In alcuni casi, questa diagnosi può anche essere vera. Tuttavia, non è serio che qualche psichiatra esprima giudizi, a priori e dalla Tv, senza aver esaminato personalmente i soggetti interessati. Non sarebbe il caso di analizzare episodio per episodio, senza generalizzare e seriamente, anche per evitare l’odio nei confronti dei mariti e degli uomini? Domandiamoci. Possibile che in un sol colpo gli uomini siano impazziti e che il cervello sia partito? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell’arroganza, …… si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni esistenti.

Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici e da portare in lavanderia, eccetera… Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (FORMA DI VIOLENZA DA CONDANNARE E PUNIRE CON FERMEZZA), spesso le responsabilità sono condivise.

Quante volte vediamo ragazze e anche signore mature circolare per la strada in vestiti provocanti e succinti?

Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre, nei cinema, eccetera?

Potrebbero farne a meno. Costoro provocano gli istinti peggiori e se poi si arriva anche alla violenza o all’abuso sessuale (lo ribadiamo: roba da mascalzoni), facciano un sano esame di coscienza: “forse questo ce lo siamo cercate anche noi”?

Basterebbe, per esempio, proibire o limitare ai negozi di lingerie femminile di esporre la loro mercanzia per la via pubblica per attutire certi impulsi; proibire l’immonda pornografia; proibire gli spot televisivi erotici, anche in primo pomeriggio. Ma questa società malata di pornografia ed esibizionismo, davanti al commercio, proprio non ne vuol sapere: così le donne diventano libertine e gli uomini, già esauriti, talvolta esagerano.

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Il codicillo del governo che «abolisce» Dio (o meglio abolisce il diritto di Dio che è stato il primo embrione dei diritti dell’uomo, come vedremo) è l’articolo 31 del «decreto salva Italia». Dove praticamente si decide che dovunque si possono aprire tutti gli esercizi commerciali 7 giorni su 7 e 24 ore al giorno. Norma che finirà per allargarsi anche all’industria nella quale già è presente questa spinta. Dunque produrre, vendere e comprare a ciclo continuo. Senza più distinzione fra giorni feriali e festivi (Natale compreso), fra giorno e notte, fra mattina e sera.

Così Socci sulle colonne del quotidiano Libero a proposito delle aperture domenicali dei Centri Commerciali. Il Governo Monti, spazzando via anni di ordinanze comunali dettate dalle lobby dei commercianti e senza nemmeno starci a discutere ha liberalizzato le aperture dei negozi eliminando la distinzione fra località turistiche e non e limitando la facoltà delle Regioni di legiferare in merito come previsto dalla vecchia legge Bersani. In verità la cosa è passata abbastanza in sordina e credo che solo oggi, dopo più di un mese che tutti i centri commerciali sono aperti la domenica, la chiesa e i sindacati hanno dato il via ad una tiepida controffensiva. Questa mattina all’ingresso del Centro Commerciale vicino casa un picchetto di sindacalisti (ormai superati dalla storia) era lì a fermare i clienti per chiedere cosa pensassero delle aperture domenicali -secondo te, amico mio- cosa vuoi che pensi delle aperture domenicali uno che sta andando a fare la spesa di domenica, col bimbo?

Mettiamola così l’unico reale problema delle aperture domenicali riguarda i lavoratori costretti ad allungare i propri turni anche alla domenica e, ancora di più, i commessi dei piccoli esercizi commerciali dentro gli ipermercati dove il personale non è sufficiente a garantire una corretta turnazione ma dove gli introiti dalle aperture domenicali non consentono nuove assunzioni e quelli del centro delle città dove, al problema delle turnazioni, si aggiunge quello dell’organico già sottodimensionato e costretto a straordinari non retribuiti da padroni con pochi scrupoli e non adeguatamente controllati (anche se ultimamente la Guardia di Finanza…).

Per quanto riguarda gli altri commercianti… beh potranno continuare a rimanere chiusi la domenica senza grosse perdite, anzi il decreto di Monti, liberalizzando di fatto gli orari di apertura, consente di scegliere gli orari con più afflusso di gente per aprire la saracinesca e fra poco, probabilmente, spunteranno i primi negozi 24h, anche se temo/spero che i proprietari saranno diversamente-italiani.

Per il consumatore, ma anche per il semplice cittadino, invece, questa liberalizzazione è una grande conquista, qualunque cosa dica la chiesa cattolica, che vorrebbe tutti in parrocchia come beghine. Fare la spesa la domenica consente al consumatore di districarsi con più calma fra le offerte mentre avere delle megastrutture attrezzate per le famiglie, a disposizione anche nei giorni di festa, permette, sopratutto in provincia, di avere dei centri di aggregazione e dei luoghi dove trascorrere il tempo libero relativamente sicuri di non essere scippati e di non pestare una cacca di cane, permette di stare tranquilli senza dover schivare le macchine e senza doversi arrampicare col passeggino su marciapiedi in rovina.

Oggi, per esempio, sono uscito con Pierpaolo, lasciando Monica con Gabriele febbricitante: siamo andati a Mediaworld dove abbiamo scroccato qualche partita ai videogame e abbiamo cazzeggiato fra i megatelevisori, siamo stati da Leroy Merlin a cercare una lampadina a led colorati e poi siamo andati da McDonalds per un HappyMeal a basse di nuggets al pollo, patatine fritte e Coca Cola, junk food, lo ammetto, ma a Pierpaolo piace tanto e ci siamo tanto divertiti. Non avrei potuto farlo se fosse stato tutto desolatamente chiuso e non ditemi di andare a passeggiare in centro col bambino, non disarmato almeno.

Un’ultima cosa per Socci:  non occorre alcuna norma per permettere all’industria di aprire la domenica, anzi, in generale, gli operai di catena lavorano su turni 7/7 e la domenica lavorano pure i ristoranti, i bar, i cinema, le rosticcerie, le pasticcerie, i tranvieri, i poliziotti, i vigili del fuoco, gli ospedali etc.

Non voglio commemorare i morti ammazzati americani o essere vicino alle famiglie delle vittime, onestamente non li conoscevo e non me ne frega niente, o quanto meno me ne frega esattamente quanto mi importa di tutti i morti a causa di tutte le tragedie a cui tocca assistere ogni giorno; a dirla tutta mi innervosisce non poco  sentire parlare della morte di poco meno di 3000 persone come se fosse la più grande strage dell’umanità, forse è solo quella più scenografica, per quanto anche il botto su Hiroshima non scherza, eh. L’11 settembre va ricordato perché è un simbolo, il simbolo del cambiamento politico, sociale ed economico dell’occidente, in un certo senso l’inizio della fine del mondo come noi io lo conoscevo. Quell’attentato è stato la scusa per ridimensionare diritti civili, per dare inizio a conflitti armati, per foraggiare tutti i razzismi, per dividere, tutto nel nome dell’odio e della paura.

Fra gli aspetti più deleteri delle religioni, nell’A.D.2011 qui in occidente,  ci sono alcuni arcaicismi, presenti in ognuna di esse, che costringono i fedeli ad essere di un’ipocrisia disgustosa (fatte salve alcune stimabili frange certamente integraliste ma per lo meno coerenti). Prendiamo i cattolici, ad esempio, supponiamo di entrare in un oratorio e pescare nel mazzo un ragazzo o una ragazza di 20-30 anni fra gli “educatori”, i “catechisti” o chiunque (laico) sia impegnato nelle attività della Chiesa, proviamo a chiedergli se fa sesso col suo ragazzo/a, l’unica risposta sincera è: sì. Ora proviamo a sbattergli in faccia il fatto che il suo boss si sia più volte espresso negativamente su questa sua pratica debosciata è otterremo come risposta una serie di scuse balbettate con riferimento ai tempi moderni, all’impossibilità di sposarsi e via dicendo cose che lo metterebbero a rischio di scomunica se solo ci fosse un servizio segreto religioso. (Si badi bene che mi riferisco a casi reali, le mie non sono ipotesi)

A volte però, in alcune religioni si scorge un senso di pragmatismo a dire poco inaspettato. Sempre riferendomi al problema di come approcciarsi al sesso senza essere sposati ecco cosa risponde quella che, nell’immaginario comune, è la religione più arretrata: l’Islam.

Nell’Islam, oltre al classico matrimonio fra un uomo e una donna che manifesta il suo consenso attraverso un tutore matrimoniale, esiste anche un altro tipo di matrimonio, il Mutaa, ovvero godimento, piacere, che è in pratica un matrimonio a tempo determinato.

Questo tipo di matrimonio ha chiaramente meno vincoli rispetto ad un matrimonio tradizionale, viene celebrato solo con un paio di testimoni, spesso con un avvocato per dirimere eventuali questioni anche relative ai potenziali figli, può durare da un’ora a 99 anni e consente ai coniugi di vivere per proprio conto pur potendo consumare atti sessuali senza commettere adulterio, punito in alcuni paesi islamici con la fustigazione o peggio. In pratica quando la polizia religiosa ti sorprende a scopare in macchina con una tipa, proprio mentre stanno decidendo dove lapidarti, tu esibisci il certificato del Mutaa (da tenere insieme ai documenti della macchina) che rende la pratica lecita.

Se pure in alcuni paesi questo matrimonio non è ben visto, rimane assolutamente “legale” dal punto di vista coranico e sempre più coppie, in particolare quelle con un grado di istruzione elevato, vi ricorrono. Ci sono persino agenzie di viaggio che organizzano gite sul Mar Rosso con tanto di celebrazione del rito del Mutaa per le coppie che lo desiderano.

Allora, credete ancora che la religione dell’occidente sia più evoluta?  Per come la vedo io imporre un matrimonio a tempo, magari rinnovabile ogni 5 anni, sarebbe una buona soluzione per evitare i tanti “sanguinari” divorzi… visto poi che ormai si vuole eliminare il mito del “posto fisso” quale migliore occasione per rendere precari pure i matrimoni. :-)