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Je ne suis pas d’accord avec ce que vous dites, mais je me battrai jusqu’à la mort pour que vous ayez le droit de le dire.

Il famoso motto di Voltaire, probabilmente, andava bene un tempo in cui gli strumenti per esprimere le proprie idee  non erano così accessibili come oggi. Il fatto è che un’opinione è tanto più affascinante, tanto più virale quanto più è stupida, razzista, violenta, idiota. Prendiamo per esempio i social network come Facebook, i “link” che vanno per la maggiore sono quanto di più cretino si possa immaginare,  trasudano buonismo quando va bene e disinformazione nel peggiore dei casi. Emblematico il caso di questi giorni, dove sui social network e sui blog si è diffusa a macchia d’olio la solenne cazzata che il terremoto in Giappone sia stato provocato da qualche specie di test militare su qualche arma innovativa, roba che potrebbe smontare agevolmente pure mio figlio di 3 anni eppure di boccaloni che ci cascano se ne vedono a bizzeffe.

Oggi, il motto di Voltaire, comincia dunque a mostrare i suoi limiti. Io non ci penso nemmeno a difendere il diritto di dire cazzate anche perché non  c’è niente che, in questa società interconnessa, qualcuno possa fare per impedirlo.

Discutere con una persona che abbia opinioni diametralmente opposte alle mie, tuttavia, non la considero una cosa sensata. In primo luogo perché ho sempre la personale convinzione di avere a che fare con un cretino e poi perché  il fatto che voglia esprimere pubblicamente le sue opinioni  dimostra che il suo stato sia irrecuperabile, altrimenti avrebbe almeno il pudore di tacere, dunque qualunque discussione sarebbe, come minimo, tempo perso.

Ignorare gli stupidi nelle discussioni pubbliche sembrerebbe la soluzione, quindi,  ma non sempre è così. Viviamo in un paese democratico dove in qualche modo l’opinione delle masse tende a condizionare il sistema politico e sociale dell’intero sistema. Come dicevo prima, le opinioni  hanno un potere virale tanto maggiore quanto sono delle cazzate improponibili e quindi diventano pericolose. Un esempio di come un’opinione possa far cambiare la politica lo viviamo in questi giorni con la storia del nucleare:  l’opinione diffusa, attraverso internet prima e la TV poi, che il nucleare sia pericoloso, a seguito dei problemi alla centrale di Fukushima, è riuscita a far fare marcia indietro al governo su uno dei cavalli di battaglia delle propria politica interna nel giro di 48 ore; eppure i pericoli del nucleare c’erano era anche due settimane fa…

Ora un opinione razzista, falsa, complottista, fascista o anche semplicemente idiota, se abbastanza diffusa, se sufficientemente virale, abbiamo visto che è in grado di cambiare il mondo. Per questo motivo se pure la scarsità di tempo per star dietro a tutto suggerisce di ignorare, il buon senso spesso obbliga a ridicolizzare, denigrare, stroncare l’idea ed insieme ad essa la persona nella speranza non tanto di educare l’idiota di turno quanto di far riflettere chi legge o quanto meno spaventare i suoi simili.

E sì son tanti gli anni, ma se guardo ancora pochi,
Voltaire non ci ha insegnato ancora niente,
è questo quel periodo in cui i ruggiti si fan fiochi
oppure si ruggisce veramente
ed io del topo sovrastrutturale me ne frego;
chi sia Voltaire, mi dite? Va beh, dopo ve lo spiego.

 

Non posso farci niente, come molti miei coetanei, sono cresciuto a Girella e cartoni giapponesi. Per quanto mi sforzi di considerarla una delle tante catastrofi naturali che si susseguono periodicamente sul nostro pianeta, il disastro causato dal terremoto giapponese mi ha colpito più che se si fosse trattato di una tragedia simile in qualunque altra parte del mondo. Sarò cinico, ma del terremoto in Cina  del 2008, che ha causato migliaia di vittime, per esempio, non ho nemmeno vagamente parlato qui su Ucronìa e, al di là dell’umana pietà per i morti, la cosa non ha minimamente intaccato la mia coscienza.

Quindi certamente sono un ipocrita nel ricordare oggi il dramma che in queste ore stanno vivendo le popolazioni colpite dal sisma e ancor più ipocrita se rivolgo un pensiero ai tecnici  che, eroicamente, hanno rischiato e stanno rischiando la vita per scongiurare quello che potrebbe rivelarsi un vero  e proprio disastro nucleare nella centrale di Fukushima.

Una cosa è certa, più ipocriti di me sono tutti gli italiani, che in queste ore hanno rispolverato le bandierine dei mondiali di calcio dell’anno scorso per esporle a commemorazione di questo 150° anniversario dell’unità d’italia di cui alla maggior parte di loro, nella migliore delle ipotesi, non importa nulla.

Io odio le bandiere sono il simbolo della diversità dei popoli, una scusa buona per cominciare un conflitto. Avevo un anno quando Edoardo Bennato cantava:

Guarda, c’è una bandiera
che non ha i colori della tua…
guarda, lì c’è una bandiera
che non ha i colori della tua…

Guarda, quella gente
che non sventola la tua bandiera…
guarda, quella gente che ha una
bandiera con i colori diversi dalla tua…

Odia, quella gente
che non sventola la tua bandiera…
odia, quella gente
che non sventola la tua bandiera…

Bennato con la sua pungente ironia aveva chiaramente ragione.

Io odio le bandiere, ma oggi farò un eccezione, oggi voglio esporre, se pure virtualmente la bandiera del paese del Sol Levante, voglio farlo per ricordare chi non c’è più, come incoraggiamento per chi, forse, domani non ci sarà e nella speranza che questo momento, a breve, diventi solo un terribile ricordo. Voglio esporre la bandiera giapponese, anche perché, esporre la bandiera italiana, mentre ascolto i discorsi di gente impaurita dalle radiazioni portate dal vento, proprio non mi va.

P.S. sì, lo so che ho pubblicato la foto di una bandiera nel post precedente, ma quella non conta, l’ha fatta mio figlio all’asilo ;-)

Domani, per intercessione del Presidente della Repubblica, l’italia tutta festeggia il 150° anniversario della sua unità con un giorno di Festa Nazionale. In pratica domani non si lavora e ciò, a prescindere da ogni considerazione economico/secessionista, è una buona cosa, fosse per me renderei festa nazionale anche l’anniversario della nascita di Umberto da Giussano, altro che cazzi… c’è da dire, tuttavia, che questa è probabilmente la ricorrenza meno sentita dagli italiani per l’assenza sostanziale di qualunque spirito di appartenenza alla nazione.(Mondiali di calcio esclusi, ovviamente)

Le motivazioni di ciò possono essere tante, io, personalmente, in un mondo sempre più globale dove  le telecomunicazioni e la maggiore velocità di spostamento hanno quasi del tutto annullato le distanze e dove strutture sovranazionali, come la stessa Internet, ridimensionano il concetto stesso di nazione sovrana, penso che nel 2011 sia abbastanza anacronistico festeggiare l’unità di un’italia che oggi, come 150 anni fa, non è nel DNA delle genti che popolano la penisola. In poche parole: non me ne frega niente dell’unità d’italia né più né meno di quanto me ne frega del compleanno dell’araldo leghista ma sono felice che si festeggi.

Mentre l’italia è in festa, tuttavia, in Giappone si continua a combattere contro gli effetti dello tsunami che ha devastato il nord-est del paese causando un serio incidente nucleare alla centrale di Fukushima, incidente che, in Europa, ha rinverdito la polemica ambientalista contro il nucleare e che, con un po’ di fortuna, porterà la maggioranza degli italiani a votare sì al referendum anti-nucleare di giugno. Per inciso, nel merito della questione, gli ambientalisti, come sempre, dicono un sacco di puttanate, ma, oggettivamente, solo un masochista farebbe costruire una centrale nucleare, a due passi da casa, in un paese dove non si riesce a finire la Salerno-Reggio Calabria, anche perché il calcestruzzo utilizzato  nei pilastri dei ponti, si scopre  essere non conforme alle normative.

Tornando all’unità d’italia, Massimo D’Azeglio diceva:-Abbiamo fatto l’Italia ora dobbiamo fare gli italiani-. Beh io penso invece che l’Italia non si sia mai fatta se non sulla carta ma gli italiani si riconoscono ovunque. Ripensando al Giappone, ad esempio, il confronto  fra i due popoli è talmente stridente da doversi vergognare della propria cittadinanza: mentre i giapponesi, che travolti dallo tsunami hanno perso tutto, sono ordinatamente in fila a seguire le istruzioni degli altoparlanti, i miei connazionali sono lì a piangere e a gridare al complotto pluto-giudo-massonico perché “intrappolati” nel paese del Sol Levante visto che chi ha cercato di prenotare un volo di ritorno in l’italia per il giorno dopo si è sentito chiedere anche 5000 euro; ovviamente prenotando cinque giorni dopo la tariffa sarebbe stata ben più abbordabile. Avevano paura che gli scoppiasse una centrale nucleare sotto il culo?

Da qualche giorno, tutte le mattine, andando a lavoro,  mi capita di sentire in radio uno  spot fra i più insulsi  che abbia mai ascoltato e dire che di radio ne ho ascoltata moltissima. Nelle intenzioni, il messaggio radiofonico dovrebbe servire a far riflettere i ragazzi circa l’uso improprio di sostanze stupefacenti nei fatti, a me personalmente, fa venire voglia di calarmi una mezza dozzina di pasticche di chetamina giusto a scopo antidepressivo.

In pratica, lo spot elenca una serie di attività assolutamente banali e pateticamente insignificanti espresse con tono allegro e spensierato contrapponendole  a una voce depressa che dice “io mi faccio”

Io faccio ingegneria e ho appena superato l’esame d’ammissione
Io faccio il meccanico e vivo in mezzo ai motori

Io mi faccio.

Io faccio l’Erasmus e vado a Parigi
Io faccio progetti con la mia ragazza per vivere insieme

Io mi faccio.

Io faccio il bassista in un gruppo e vado in concerto
Io faccio volontariato e ho un sacco di amici

Io mi faccio.

è ovvio che per qualunque essere umano dotato di raziocinio  farsi di cocaina sia molto più intrigante che vivere le vite squallide descritte nello spot.

Oggi, avendo cinque minuti liberi,  ho deciso di documentarmi su questo obbrobrio radiofonico per scoprire che si tratta di uno spot lanciato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e che, dietro la sua realizzazione, c’è niente meno che Giovanardi (quello dei test anti-droga ai parlamentari prima e ai dipendenti pubblici dopo) e allora tutto appare chiaro; scopro poi che, nella campagna,  c’è anche un terribile spot TV con la colonna sonora interpretata da Nek (sì lo so  non lo caga più nessuno da anni e di certo sarebbe stato meglio Apicella). Ora non voglio rovinare la sorpresa a chi, come me, non guarda la TV e  si è perso questo capolavoro, dico solo che il vampiro dello spot non metterebbe paura nemmeno a Buffy, anzi ad essere onesto è molto più arrapante della tipa scialba che provoca l’impasticcato… Vabbè godetevi l’obbrobrio.

Domani è l’8 marzo, Festa della Donna, e SE NON ORA, QUANDO pubblicare questo articolo?  (Il giorno della Festa della Mamma, ovviamente, ma non potevo aspettare fino a maggio)

Domani ci saranno manifestazioni in tutta italia, le donne torneranno in piazza a rivendicare di essere diverse da quello che la TV vuole far credere, manifesteranno per dimostrare che le donne italiane non sono le “olgettine” non sono disposte a svendere la propria dignità per una poltrona, per quattro soldi o per un pendaglio.

Tutto vero, tutto bello, però quando leggo certe cose… (ANSA del 6 marzo 2011)

Conversando con la mamma, lo scorso 9 gennaio, la ragazza, una delle ospiti alle feste di Arcore, spiega di essere “appena tornata a casa” e dice di essere “preoccupata per la salute di lui”.
La madre, invece, sembra preoccuparsi di altro: “Senti eeee quanto v’ha dato?”.
La figlia: “Cinque più quegli altri mille quindi, quindi sei”.
La madre è contenta: “Dici niente? Capito? eee poi che vi ha detto quando lui vi ripotrà vedere”.
Risposta: “Ce lo dirà lui”. La ragazza racconta di essere stata “una settimana (…) alcune sono arrivate martedì io mercoledì (…) mamma mia una cosa allucinante”. E ora è stanca: “Non ti puoi immaginare in che condizioni sono guarda (…) sono in condizioni pietose, pietose proprio (…) ora mi ci vorrà un mese perrr, ora quei, quei soldi che ho preso mi (…) serviranno per rimettermi a posto dopo questa settimana”.
La mamma fa due conti: “Sono dodici milioni”, di vecchie lire.
E la Toti: “Si ma no, non dire niente eé”.
La signora, quindi, la saluta: “Ti lascio perché ti devi, devi andare a riposare”.

Dalle migliaia di pagine di trascrizioni di intercettazioni telefoniche sul cosidetto Ruby-gate quelle pubblicate ieri sono  forse quelle più forti o almeno quelle che mi hanno più fatto pensare. Ma porca troia (qui c’azzecca davvero eh) va bene tutto e si può anche comprendere che alcune ragazze pensino che, tutto sommato, cercare una scorciatoia non sia poi così sbagliato, visto che siamo l’ultimo paese in Europa come tasso di occupazione femminile e consideranto che  il modello imposto dai media è quello che è. Ma le mamme? Mia nonna diceva di stare attendo perché le  donne sono tutte puttane, a me l’idea non è mai dispiaciuta però forse adesso si esagera.

Buona Festa della Donna.