Non ho mai amato il kebab (mi ci mettono sempre l’agnello) ma mi tocca andare nel peggiore locale arabo di periferia che riesco a trovare dalle mie parti a mangiare un kebab con pane arabo e mi tocca pure farlo la sera del 25 aprile per ricordare la Liberazione. Sono comunista? Ma va la… non è possibile fare un’ordinanza che vieta di mangiare un cono gelato artigianale passeggiando per strada… e tutto questo, dopo ordinanze dello stesso tenore di Lucca, Brescia e Forli’, per impedire il proliferare delle “kebaberie”. Come se non bastasse, poi, l’ordinanza prevede che non e’ possibile somministrare nei locali “artigianali” bevande se non autoprodotte, come dire che non posso più mangiare un cazzo di trancio di pizza con una Coca Cola. OK l’ordinanza l’han fatta, per ora, in Lombardia e c’e’ da dire che fra una pizza lombarda e un gelato milanese effettivamente preferisco il kebab, ma ovviamente non è questo il punto e poi siamo in banana republic (non c’entrano niente Dalla e De Gregori), non vorrei che si finisse non poter mangiare un buon gelato sul porto di Monopoli.

Se c’e’ una cosa che odio e’ stare a scrivere necrologi su Ucronia, tuttavia io sono cresciuto ascoltando determinata musica, guardando determinati film, cartoni animati e serial TV e leggendo fumetti e, in particolare, alcuni autori letterari. Oggi non posso fare a meno di scrivere di Ballard che purtroppo ci ha lasciati il 19 aprile preda di un male incurabile.

Il mio primo romanzo di Ballard fu il famoso Crash, romanzo del 1973, da cui poi Cronemberg ha tratto un film pessimo nel 1996. Crash non e’ un romanzo per tutti ci vuole una certa dose di stomaco per approfondire fino alla fine il tema della perversione per le vittime degli incidenti stradali e per la fusione della carne con il metallo, pura pornografia (non nel senso di Moana Pozzi). Ballard a torto viene definito scrittore di science fiction; non e’ vero, Ballard e’ uno scrittore postmoderno, surrealista decadente. La pianto qui e lascio a lui la parola con una poesia che ho letto anche prima di Crash:

“Cio’ in cui Credo”

Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verita’ dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.

Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.

Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.

Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva delle sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore; nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.

Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.

Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.

Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.

Credo nella pazzia, nella verita’ dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.

Credo nel nulla.

Credo in Max Ernst, Delvaux, Dali’, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.

Credo nell’impossibilita’ dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdita’ dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudelta’ dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.

Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.

Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con se’ la saggezza di statisti e ostetriche.

Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacita’ dei pianeti, nella nostra ripetitivita’, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo.

Credo nella luce emessa dai televisori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.

Credo nella non esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilita’ del presente.

Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.

Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.

Credo negli odori corporei della principessa Diana.

Credo nei prossimi cinque minuti.

Credo nella storia dei miei piedi.

Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.

Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione.

Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (piu’ belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.

Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.

Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.

Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.

Credo nel dolore.

Credo nella disperazione.

Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto.

Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.

Credo a tutte le allucinazioni.

Credo a tutta la rabbia.

Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce.

Vivo in una città, Bari, dove il problema degli immigrati non è sentito come nelle regioni del centro-nord; sarà perchè qui da noi i clandestini sono solo di passaggio o perchè la criminalità nostrana è ben radicata nel territorio e non vi è spazio per delinquenti d’importazione, a parte la breve parentesi degli sbarchi di massa albanesi di una quindicina di anni fa, io non sento assolutamente il problema degli immigrati. Non che non ce ne siano, ma sicuramente molto meno che in altre città (l’ultima volta che sono stato a Verona avevo la sensazione di essere nel Nord Africa, se pure non avvertivo nessuna sensazione di insicurezza, cosa che, al contrario, mi capita SEMPRE quando vado in giro per le strade di Bari e non certo per colpa degli extracomunitari). Dunque, sarà che io qui non avverto il problema, ma mi sono realmente rotto il cazzo dei mezzi di informazione che devono creare il caso ogni volta che c’è di mezzo un immigrato. Nelle scorse settimane c’è stata la storia, vergognosa, dei rumeni accusati di stupro e scagionati dall’esame del DNA oggi è la volta degli sciacalli del terremoto in Abruzzo. Tutte le agenzie di stampa battono la notizia: – Arrestati quattro rumeni che si erano introdotti in una casa disabitata da dove avevano sottratto dei gioielli – Notizia di stamattina: – Processo per direttissima i rumeni sono stati assolti – Mi chiedo cosa sia successo, il giudice è impazzito e ha assolto degli sciacalli? No, un emulo di Magnum P.I. decide di seguire una badante rumena che si era fatta dare le chiavi della casa dal suo anziano assistito per recuperare i suoi averi e tornare a casa. La badante entra in casa, prende i SUOI gioielli, vengono chiamati i carabinieri, la donna e suoi tre amici che l’aspettavano fuori viene arrestata e processata per direttissima. Assodata la vicenda i quattro vengono assolti e rilasciati con tante scuse. I media dopo l’enfasi data alla notizia dell’arresto dei quattro sciacalli rumeni, pubblicano si la “smentita” ma ovviamente in sordina. Posso capire che in molte parti d’italia sacche di delinquenza, provenienti da realtà disagiate attraverso l’immigrazione, possano realmente creare qualche problema di ordine pubblico, ma dubito che ci sia soluzione in una società globalizzata e dubito pure, fortemente, che questo sia un problema di portata nazionale a parte nella mente malata di xenofobia di certi personaggi ignoranti, dalla mentalità ristretta e con il terrore della propria ombra, essendo nera. Piuttosto sono gli altri stati che dovrebbero ergere un recinto attorno ai nostri confini visto il comportamento dell’italiota all’estero, rappresentato degnamente dal proprio leader che continua imperterrito ad inanellare figure meschine in tutti i consessi internazionali.

P.S. Sono sempre in attesa che Francia, Germania o Inghilterra ci dichiarino guerra per arrendermi.

Mao Dante, Violence Jack, un Jet Scrander demoniaco, Tetsuya, Kenzo Kabuto, The Great Mazinger, un Generale Nero alto 500 metri, la Mazinger Armada, Zeus… psichedelico!!!! Se i prossimi 25 episodi saranno come il primo e se Imagawa riuscirà a sviluppare tutte le tematiche che ha introdotto Shin Mazinger Shogeki! Z-hen sarà la più grande serie nagaiana di tutti i tempi e per quanto mi riguarda Go Nagai potrà anche decidere di fondare una religione.

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Alessandro segnala via Twitter l’esistenza di una roba che proprio non conoscevo CHDK. CHDK, Canon Hacker’s Development Kit e’ un software sviluppato per sfruttare direttamente il processore Digic, in varie versioni, presente su tutte le fotocamere compatte Canon. Una volta verificata la versione del firmware (basta copiare un file chiamato ver.req e all’accensione in modalità visualizzazione premere contemporaneamente i tasti FUNC.SET e DISP) e’ sufficiente scaricarsi il software, se presente, per il modello/firmware della fotocamera e installarlo. L’installazione consiste semplicemente nella copia dei due files scaricati nella root della SD e nell’eseguire l’aggiornamento del firmware. In realtà non viene aggiornato un bel nulla, CHDK non e’ un firmware ma solo un software che usa questo escamotage per essere caricato in memoria, al succesivo riavvio della macchina CHDK sara’ sparito e per essere utilizzato dovra’ essere ricaricato. Per la garanzia, beh Canon la dichiara decaduta se vengono usati firmware non originali e anche se CHDK non e’ un firmware puo’ essere utilizzato per gestire la macchina fuori dai range di funzionamento testati da Canon. Quando dico “puo’ essere utilizzato per…” sto parlando di una delle peculiarita’ piu’ interessanti di CHDK, la possibilita’ di utilizzare script(gia’ disponibili a tonnellate) per far fare una serie di cose alla fotocamera. Altre funzionalita’ interessanti sono la possibilita’ di salvare in RAW, cosa preclusa alle compatte generalmente, la possibilità di prolungare i filmati sfruttando tutti i 2 GB della SD e con una compressione migliore, ma solo il fatto di avere un’indicatore decente del consumo della batteria e’ sufficiente per installare il programma. Tutte le informazioni su CHDK da come scaricarlo a come farlo funzionare sono disponibili a partire da qui