Venerdi sera, saranno state le otto e qualcosa, ero sul mio balcone col portatile immerso nella lettura di alcuni gruppi su Usenet (in questi giorni it.media.tv è uno spasso) col pupo che ronzava attorno più fastidioso di un moscone, quando con la coda dell’occhio, avverto uno strano bagliore. Mi giro, giusto in tempo per assistere al meraviglioso spettacolo luminoso di una meteora verde-blu che, proveniente da sud-est, si frammenta in quattro pezzi prima di “spegnersi” a qualche centinaio di metri dal suolo.
Oggi, ovviamente, i giornali riportano di diversi avvistamenti UFO nella Puglia e che l’oggetto volante si sarebbe abbattuto dalle parti di Conversano; in effetti la direzione sembrava quella. Dopo decine di telefonate al 112, da parte di cittadini allarmati, alcuni elicotteri si sono alzati in volo per capire il punto di impatto del fenomeno ma, ancora non è stato trovato nulla mentre sui radar delle basi aeree (Gioia del Colle è a due passi) pare non essere comparso nula di anomalo.

Due chiacchiere sui referendum del 21 e 22 giugno. Subito dopo il risultato delle elezioni europee la prima conclusione politica che ne è derivata è stata la volontà della maggioranza (su “suggerimento” della Lega Nord) di far fallire i quesiti referendari puntando sull’astensionismo. A una settimana dal voto, infatti, dei referendum in TV semplicemente non se ne parla e sono in pochi ad avere un’idea, pur vaga, circa cosa si vada a votare. Sarebbe davvero ora di togliere il quorum ai referendum, ormai sono anni (dal referendum sulla caccia?) che il referendum non riesce ad assolvere alla funzione per la quale è stato immaginato dai costituenti, cioè quello di riportare le cose allo stato in cui erano prima dell’entrata in vigore di una legge. Di fatto, oggi, i referendum, abrogando solo qualche articolo di una legge, diventano un modo per cambiare la legge stessa in maniera quasi incomprensibile per chi deve andare a votare; se a ciò aggiungiamo l’uso dell’astensionismo al posto di una campagna per il NO, si capisce perchè ormai il referendum possa essere considerato un istituto svuotato totalmente di ogni suo significato originario.

Veniamo comunque a quello che ho capito io del referendum del 21 giugno.
Abbiamo tre quesiti che è inutile riportare tanto sono incomprensibili, sono per intendersi del tipo “volete voi che sia abrogato tale articolo di tale legge limitatamente alla tale frase”. I tre quesiti sono riportati su schede di colore Viola, marrone e verde.
Tutti e tre i referendum riguardano la legge elettorale, i primi (scheda viola e marrone) riguardano l’abolizione del premio di maggioranza per le coalizioni con il risultato di darlo direttamente ai partiti (una scheda è per la Camera e l’altra è per il Senato).
Oggi alla coalizione che si aggiudica la maggioranza dei voti viene dato un premio di maggioranza con cui si aggiudica il 55% dei seggi mentre per essere rappresentata in parlamento una coalizione deve avere almeno il 4% dei voti alla Camera e l’8% al Senato (qui su base regionale). Dopo il referendum spariscono le coalizioni e quanto detto si riferisce al singolo partito.
Il terzo referendum, scheda verde, riguarda l’abolizione della possibilità per un singolo candidato di presentarsi in più circoscrizioni.

Qualche considerazione personale. Per il terzo quesito non vi è il minimo dubbio. E’ assurdo che un candidato possa presentarsi in più circoscrizioni per poi magari vincere in tutte le sezioni e “ricattare” il secondo delle sezioni in cui si è ritirato.
Qualche dubbio invece sui primi due quesiti. Da un punto di vista strettamente democratico potrebbe avvenire che una coalizione, pur avendo avuto in totale meno voti, ritrovandosi al suo interno un partito che ha avuto complessivamente più voti si ritrovi all’opposizione. Faccio l’esempio del trend delle elezioni europee che hanno visto una crescita notevole di IDV e Comunisti vari. In uno scenario in cui la sinistra riuscisse a rosicare qualche altro punto di consenso al PDL-Lega, con la nuova legge ci troveremmo nella situazione che lo schieramento di Destra pur avendo preso complessivamente meno voti dello schieramento di Sinistra avendo al suo interno il partito di maggioranza relativa, PDL, si trovi comunque al governo. D’altro canto, dal momento che con un altro referendum abbiamo deciso per il bipolarismo abbiamo il dovere di andare fino in fondo ed è necessario, dunque, procedere verso un sistema bi-partitico. Del resto se passasse la legge, quanto meno, i masochisti comunisti la smetterebbero di viaggiare separati per dire sostanzialmente le stesse cose (vedi Europee con Rifondazione&C in un partito e Sinistra e Libertà in un altro). Inoltre questo referendum serve anche a ridimensionare il potere di partiti che pur rappresentando una percentuale infima degli elettori hanno un peso sproporzionato nelle decisioni della coalizione, vedi la Lega con questo stesso referendum.

Ad ogni modo, comunque vada, questa legge elettorale resta un vero schifo.

Finalmente, anche se in ritardo, ho visto l’undicesimo film di Star Trek per la regia di J.J. Abrams e ho giusto voglia di farne una piccola recensione, seguiranno ovviamente spoiler sul film.

Siamo intorno al 2200 e una nave mineraria romulana, la Narada, viene qui sbalzata dal futuro attraverso una singolarità, la U.S.S.Kelvin, nave della Federazione, inviata per indagare viene facilmente sopraffatta dalle armi del futuro, sia pure di una nave “commerciale”. A bordo della Kelvin il comandante George Kirk e sua moglie al nono mese di gravidanza. Morto il capitano, Kirk prende il comando e muore salvando l’equipaggio della sua nave, sua moglie e il suo bambino nato durante la crisi con la Narada, il piccolo James T. Kirk.

Da questo punto un poi la storia della Federazione e della Flotta Stellare non è più la stessa tanto amata dai fan delle varie TOS, TNG, DS9 e VOY. Abrams e la Paramaunt semplicemente hanno fatto un’operazione di reboot dell’intera saga di Star Trek, Ma procediamo con ordine. Kirk cresce, spavaldo come sempre, ma senza padre, una guida che l’aveva indirizzato verso la Flotta Stellare e gli aveva inculcato certi principi etici. Ovviamente il destino lo porta comunque ad arruolarsi nella Flotta e complici le parole del Capitano Pike, il primo capitano, anche in questa linea temporale della U.S.S. Enterprise. Kirk diventa, dunque, un cadetto all’Accademia della Flotta, si diploma in tre anni e, come nell’altra linea temporale, supera, imbrogliando, il test della Kobayashi Maru. Kirk viene sospeso per il suo imbroglio ma nonostante tutto e con l’aiuto di McCoy, anche lui cadetto della Flotta e già suo amico, riesce comunque ad imbarcarsi sull’Enterprise, nuova ammiraglia della Flotta al suo viaggio inaugurale. L’Enterprise, grazie a Kirk, riesce a salvarsi dall’imboscata della Narada di Nero giusto in tempo per assistere alla distruzione di Vulcano. Questo è il momento che più di ogni altro ha fatto storcere il naso al fandom di Star Trek, disposto a riavere indietro Braga pur di sperare in un paradosso temporale che salvasse Vulcano ma questo a mio avviso è davvero il colpo di genio di Abrams e il momento clou del film. La distruzione di Vulcano, il genocidio dei vulcaniani segna una vera e propria rottura con lo spirito trek/pacifista/buonista instillato nella saga a partire da Roddenberry. La fiducia nel futuro degli anni ’70 non è stata scalfita dalla guerra fredda ne dalla spada di Damocle di una Terza Guerra Mondiale ma è stata completamente annientata dal terrore dopo l’Undici Settembre. La distruzione di Vulcano non può fare altro che portare ad una Federazione meno riflessiva e più violenta esattamente come la reazione di Kirk e Spock alle parole di Nero sul finale del film quando, di comune accordo, hanno annientato la Narada, inerme, con i phaser a piena potenza; mai prima d’ora un capitano della flotta stellare d’accordo col suo primo ufficiale si era comportato così, nemmeno di fronte ai Borg, ma qui abbiamo un nuovo Kirk, con meno principi morali e uno Spock diverso, uno Spock distrutto per il genocidio della sua gente, uno Spock pronto a vendicarsi, a odiare e ad amare.

Il film scorre veloce fino ai titoli di coda e certo non ci si annoia un attimo, ovviamente qualche nota dolente c’è, una per tutte Uhura. Il suo flirt con Spock è inutile nell’economia del film e totalmente fuori contesto anche nell’ottica di voler presentare uno Spock più “umano”, l’attrice, Zoe Saldana, poi appare totalmente inadatta anche (ma non solo) per la taglia del reggiseno assolutamente non confrontabile con quella della Uhura pre-Nero. La cosa peggiore però è il fatto che non sono stati i Borg, non è stato un Fondatore rinnegato ma a fare tutto questo casino, a cambiare letteralmente la storia della Fondazione è stato Nero, un romulano sfigato, un personaggio piatto, scialbo, squallido, inutile.

P.S. L’Enterprise ha sempre il suo fascino in ogni tempo ed ogni dimensione

Leggo un articolo su Repubblica sui vari modi di risparmiare in tempo di crisi. Secondo uno studio di Greenplanet un bambino italiano consuma in media dai 4500 a 6000 pannolini l’anno (da 12 a 16 al giorno, mah!) per un costo che va dai 1500 ai 2000 euro l’anno (anche fossero 6000, io li pago 0,18, quindi poco più di 1000 euro, ri-mah!). Secondo la ricerca, infine, utilizzando i pannolini lavabili, si avrebbe un risparmio triennale di circa 1000 euro.
Mia madre nel lontano 1973 utilizzava proprio questo sistema “new age”, ma solo perchè non erano poi così diffusi i pannolini usa e getta; certo non c’erano i pannolini di canapa e bambù che fanno tanto fighetta radical chic, ma quando mi vede cambiare il pupo in 30 secondi netti usando creme e salviettine di certo non ricorda con dolcezza i tempi in cui mi dimenavo mentre fra borotalco e panni di stoffa cercava di cambiarmi e di sicuro non è legato all’amore il suo ricordo di quando quei panni SPORCHI doveva lavarli, specie quando mi vede gettare il pacchettino del pannolino usato nell’apposito cestino.
Leggendo l’articolo quindi l’unica cosa che mi viene in mente è “mavaffanculo”, di sicuro se certe mamme avessero altro da fare nella vita oltre che lamentarsi al bar con le amiche di quanta fatica gli costi il pupo, subito dopo averlo accompagnato al nido o, peggio, dalla nonna dietro l’angolo e rigorosamente a bordo del SUV di famiglia, non starebbero a menarsela tanto cercando di salvare l’ambiente dai pericolosi pannolini difficilmente biodegradabili.

David E. Kelley è uno dei più importanti sceneggiatori e produttori di serie di telefilm di Hollywood oltre ad essere un ex studente di legge ed ex-avvocato di Boston; proprio questo suo passato nelle aule di tribunale lo ha spinto a portare sul piccolo schermo le tre serie TV a sfondo legale più innovative degli ultimi dieci anni. Parlo naturalmente di Ally McBeal, The Practice e della meno conosciuta, da noi, Boston Legal, serie legate tra loro attraverso una serie di cross-over. Boston Legal è la serie che fonde la verve comica di Ally McBeal con la visione più drammatica del mestiere di avvocato di The Practice. In Boston Legal ritroviamo i tic di John Cage, la misantropia di Richard Fish nei vari personaggi a volte strampalati che vivono nello studio legale Crane, Poole & Schmidt ma a differenza di Ally McBeal al centro delle storie c’è sempre il tribunale, cosa che in Ally McBeal, specie nelle ultime stagioni, aveva lasciato il posto a ridicole storie d’amore fra i vari soci dello studio legale.
La storia, ambientata in uno studio legale di Boston, ruota attorno all’ambigua amicizia fra Danny Crane, un anziano avvocato di successo ora lontano dalle scene del tribunale e diventato praticamente un vecchio pervertito e Alan Shore che, licenziato dallo studio legale Young, Frutt & Berluti nell’ottava stagione di The Practice, finisce per lavorare insieme a Crane. A Crane e Shore fanno da contorno una serie di personaggi strampalati che rendono il telefilm fra le serie più godibili degli ultimi anni. Un plauso va certamente rivolto a William Shatner, indimenticabile capitno Kirk di Star Trek, che in questa serie interpreta in maniera magistrale Danny Crane, a 75 anni vorrei essere come lui ;-)