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Sono tre giorni che mi suona in testa “Planet O”  la sigla italiana della prima stagione di Le Avventure Lupin III, nel 1979 e del film di animazione La Pietra della Saggezza. Questa canzone non c’entra nulla con le avventure del ladro gentiluomo, penso che RCA avesse altri progetti per questo pezzo; rimane, tuttavia, una delle più belle sigle televisive di tutti i tempi.

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Scritta da: N. Cohen, S. Woods, F. Safi
Cantata da: Daisy Daze and the Bumble Bees
Casa discografica: RCA

Planet O, planet O.
Planet O, planet O.

We are pirates from the planet O,
we’ll enslave you, we will break your soul,
we will chain you, make you fall and bow,
we’ll defile you, satisfy you.

Please don’t touch me, don’t come near me.
We will rock you, we will shock you.
Please don’t touch me, don’t come near me.
Please don’t touch me, do you hear me?
I’m a lady, just a baby.
What’s a lady? What’s a baby?
Call me lazy, call me crazy,
I don’t want to go to planet O.

No, no, no, no, don’t touch me.
No, no, no, don’t come near me.
We’ll surprise, scandalize you.
We’ll surprise, vandalize you.
Mercy, mercy, help me, help me.
Call my mama, call the U.S.O.

Planet O, planet O.
Planet O, planet O.

We will break you, desecrate your soul.
We will shake you, overtake you.
Please don’t touch me, touch me, touch me.
Don’t come near me, near me, near me.

Hypnotize you, neutralize you.
Crazed it made me, serenade me,
wake me, take me to the planet O.

We are pirates from the planet O,
we have come to capture you,
please come peacefully.

We will tie you, sacrifice you.
Tie me, tie me, halleluja.
Catch me, take me to the planet O.

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Buon ascolto

 

Finalmente, in una domenica pomeriggio in cui siamo riusciti a mettere i bimbi a nanna, ho avuto modo di sciropparmi i sei OAV di Toppu wo nerae!  meglio noto come Punta al Top! Gunbuster, un anime di genere robotico per la regia di Hideaki Anno e targato GAINAX (sì come Evangelion).

 

Siamo nel 2015 e una minaccia aliena incombe sulla Terra. L’ammiraglio Takaya si scontra, per la prima volta, con dei mostri sconosciuti, diretti verso  il nostro pianeta, riuscendo a sconfiggerli sia pure a costo della vita. Pochi uomini sopravviveranno alla prima incursione di questi giganti alieni(un misto di piante, insetti e micidiali macchine da guerra),  fra questi, Kouichiro Ohta, la cui missione, da quel giorno, è diventata quella di fermare, per sempre, l’invasione. Otha partecipa, dunque, al progettoper la costruzione  di un micidiale robot da combattimento e si occupa personalmente di addestrare i piloti.

 

Nasce così il Gunbuster, un mecha da combattimento alto oltre 200 metri pronto a sfidare le armate nemiche: il Gunbuster viene affidato a  Noriko Takaya, la figlia dell’ammiraglio Takaya e a  Kazumi Amano, pilota con incredibile talento e determinazione, scelti fra i migliori cadetti di tutte le scuole per piloti di robot da battaglia del mondo.

 

L’attacco alla Terra arriva insapettato, senza una dichiarazione; con gli alieni non si può discutere, essi agiscono come anticorpi della galassia e il loro obiettivo è esclusivamente l’annientamento del genere umano, reo, ai loro occhi, di essere come virus troppo invasivo. All’umanità non resta quindi che cercare di difendersi da sciami di mostri giganteschi che attaccano a milioni, a miliardi e lo fa in tre epiche battaglie nel corso di circa 25 anni, durante i quali la tecnologia terrestre subirà una crescita straordinaria, fino ad arrivare, nell’ultimo epico scontro, ad ingabbiare Giove in una bomba in grado, esplodendo,  di creare un  gigantesco buco nero al centro della galassia con l’obiettivo di sterminare la minaccia extraterrestre.

 

Gunbuster richiama per molti versi Evangelion a partire dall’ineluttabilità della minaccia aliena e proseguendo con lo sviluppo psicologico della piccola Noriko che richiama i drammi interiori di Shinji Hikari; anche qui abbiamo la nostra Asuka nei panni del pilota di mecha sovietico Jung Freud e, come nella miglior tradizione di Anno, i piloti adolescenti, fra l’altro, inspiegabilmente solo femmine.

 

Nell’anime è centrale il concetto di dilatazione temporale; le vicende che si snodano lungo un arco narrativo di 25 anni durano per la giovane Noriko pochi mesi e significheranno per lei la perdita progressiva dei suoi amici, del suo mondo e dopo l’ultima battaglia quando, insieme ad Amano, la sua signorina, si ritroverà proiettata 12000 anni nel futuro, il dire addio a tutto ciò che le era caro.

 

L’anime è pieno di fanservice con tette sballozzolanti e continui richiami sessuali a partire dal perizoma delle uniformi delle cadette. Il Gunbuster è una macchina straordinaria, probabilmente uno dei mecha più potenti mai visti in un anime,  per alcuni aspetti richiama Getter Robot (le Buster Machine, il Buster Beam) peccato che non ci sia stato il tempo, nella serie, per approfondirne le peculiarità.

 

La serie si trova in DVD ma esclusivamente in lingua giapponese coi sottotitoli, pare che GAINAX abbia perso le tracce audio e l’ultimo OAV è quasi completamente in bianco e nero e per molte parti fatto da un susseguirsi di tavole disegnate, esattamente come il finale di Evangelion.

 

In definitiva un bel anime robotico! Esattamente quello che ci vuole per passare degnamente una domenica pomeriggio, peccato per l’ultimo episodio.

Giornali,  TV ma anche romanzi e saggi tendono ad utilizzare come sinonimi  due termini, genericamente derivati dalla letteratura fantascientifica, parlo di “cyborg” e “androide” che oltre ad avere un significato diverso hanno  un differente impatto culturale e antropologico sull’immaginario collettivo.

 

Il cyborg è un organismo cibernetico derivante dalla fusione di elementi artificiali ad un organismo biologico. Il termine che deriva dalla contrazione delle parole cybernetic organism viene coniato in ambito medico, nel 1960, da Manfred E. Clynese Nathan S. Kline in merito ai loro studi sulla sostenibilità della vita umana in ambienti extra-terrestri grazie all’apporto di integrazioni cibernetiche per adattare il corpo umano alle nuove condizioni.

 

L’androide  è un essere artificiale con sembianze umane che può anche integrare elementi biologici esclusivamente finalizzati a renderlo più esteticamente simile all’essere umano (è il caso del Terminator T-800 che è ricoperto da un’epidermide con le stesse caratteristiche di quella umana, compreso l’odore, ma che nonostante questo NON è un cyborg) Il termine androide deriva dal greco ανδρός che significa “uomo” e pare sia in uso dal 1200. Del resto la stessa suggestione di organismi meccanici simili all’uomo può essere fatta risalire alle leggende ebraiche sui Golem.

 

L’idea della possibile esistenza di un organismo artificiale antropomorfo è in un certo senso vecchia come l’uomo. Un androide prima di tutto non è vivo, da un certo punto di vista non ha un’anima e questo lo rende un giocattolo, pericoloso, a volte distruttivo, ma che  rimane un oggetto per il quale è difficile provare dei sentimenti. Certo la fantascienza è piena di racconti su androidi talmente umanizzati da destare un moto di angoscia e un senso pietà, Asimov si è persino inventato la robopsicologia, ma in ultima istanza un robot è una creazione non una creatura, si può averne paura certo, si può soffrire del complesso di Frankenstein, ma non è difficile, non è “immorale” pensare di sterminare una macchina, un mostro animato ma senz’anima.

 

Il mostro non trovava un posto nella società umana e, nella sua disperazione, si rivoltava contro lo scienziato e coloro che gli erano cari. Uno a uno i parenti dello scienziato (inclusa sua moglie) vengono uccisi e alla fine anche lo scienziato muore. Il mostro si allontana verso l’ignoto, presumibilmente per morire nel rimorso. (Isaac Asimov nella prefazione a “Il Secondo Libro dei Robot”)

 

Nella storia di Mary Shelley viene raccontato il terrore del creatore di essere sopraffatto dalla sua creatura, certo il mostro era di carne e sangue non era un robot di plastica e metallo ma la sua ribellione è uguale a quella di Skynet e dei Terminator di James Cameron, la creatura migliore del creatore, il creatore geloso della creatura alla fine un conflitto e la selezione naturale che fa il resto. Se però la creatura rimane un essere antropologicamente “inferiore”, se pure con una buona dose di sciovinismo, la questione si complica quando la creatura è uno di noi, un cyborg, un post-umano. Oggi la tecnologia  si è imposta in campo medico sia con l’introduzione di protesi per la sostituzione di una componente fisiologica “guasta” che per un utilizzo meramente estetico. Organi artificiali, protesi bioniche, esoscheletri neurali la tecnologia evolve sempre più verso la possibilità di creare un vero e proprio cyborg, verso la possibilità di fondere carne e metallo in un organismo nuovo, “più forte, più veloce”. Fondere carne e metallo, questa stessa espressione restituisce il senso di angoscia di fronte al timore di una nuova specie di post-umani che non sono macchine, non sono creature, ma che sono esseri umani potenziati per essere migliori ma diversi, con tutte le implicazioni che questo essere “diversi” comporta.

 

La letteratura ha affrontato il tema dei cyborg con due diversi approcci. Negli anni ’70-’80  il miglioramento cibernetico dell’uomo non era mai ricercato ma era il risultato di un incidente o di un sacrificio per un bene supremo; negli anni ’80-’90 con l’avvento del filone cyberpunk la trasformazione del corpo, l’introduzione di appendici meccaniche nella carne nasceva dal tentativo di superamento della condizione umana, dall’anelare ad uno stato post-umano. Nel cyberpunk, tuttavia, raramente si trova, negli autori, un compiacimento per la condizione post-umana, anzi quasi sempre l’umanità è più decadente e mai il miglioramento fisico è andato di pari passo col miglioramento sociale. Oggi la condizione post-umana, in un certo filone “transumanista” è, in un certo senso, auspicata ed è usata come trampolino di lancio per innalzare la mente ad un livello spirituale più elevato; come a volersi liberare del problema della vecchiaia, della debolezza, della fragilità dell’essere umano per poter aspirare a trascendere la stessa umana condizione.

 

Le nostre case, intanto, sono piene di ammennicoli sempre più intelligenti, robot per cucinare, per pulire, per lavare, nessun androide, nessuna paura, non ancora, ma certo quando sento parlare di queste robe qui vengo assalito da un certo senso di inquietudine.

 

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L’altro giorno, ad una fiera, Pierpaolo ha “insistito” perché gli comprassi dei pesci rossi. Vuoi che era domenica e la domenica siamo (quasi) tutti più buoni, vuoi che la durata di un pesce rosso comprato in fiera si attesta intorno alle 48 ore gli compro due simpatiche bestiole. Dopo 15 giorni trascorsi a cambiargli l’acqua tutte le mattine e a improvvisarmi “nutrizionista di pesci rossi”, i maledetti animali non ne volevano proprio sapere di tirare le cuoia, anzi erano più vispi e “simpatici” che mai. Allora decido di trasferirli in un mini acquario (due euro di carassius auratus auratus e più di cinquanta fra vasca e ammennicoli vari) , il Getta-Acquario di Pierpaolo.

Che poi in realtà quello che passa più tempo a guardare i pesci è Gabriele che rimane ipnotizzato a vedere scivolare nell’acqua le simpatiche bestiole. Il rischio per me, amante di gadget inutili (è cos’è più inutile di  un acquario?), adesso, è quello di entrare in un tunnel da cui uscirò molto più povero :-)

Il Black Getter si vede in TV, la prima volta, nell’anime Getter Robot: The Last Day.

Ryoma durante il combattimento contro il (perfido in The Last Day) dottor Saotome, dopo un’esplosione a deutoni si ritrova perso nel cosmo e catapultato 13 anni nel futuro. Si risveglia sulla Luna nel cockpit di un Getter 1 abbandonato dopo il primo scontro con gli invasori. Ripresosi dal terribile shock, Ryoma, decide di riparare il Getter 1 e lo potenzia installandogli artigli, una maschera a protezione del pilota e modificandone la forma delle corna. Dopo gli “aggiornamenti” il Getter 1 ne viene fuori più forte che mai anche se non è in più in grado di trasformarsi.

Ryoma torna così sulla Terra per sconfiggere gli Invasori e il perfido Dottor Saotome; durante il rientro nell’atmosfera il Getter 1 perde la sua caratteristica colorazione rossa e diventa nero,  appunto il Black Getter, cattivo e incazzato un po’ come il personaggio di Ryoma in questoo universo Getter alternativo.