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Ecco cosa succede a non guardare più la TV, ti volti un attimo e come niente ti capitano addosso due eventi mediatici di “rilevanza mondiale”! In una sola settimana lo sposalizio del secolo e la beatificazione del Papa. Cos’hanno in comune i due eventi? Oltre al fatto che milioni di persone li hanno seguiti come inebetiti, intendo… sia il principe azzurro che il Papa polacco fanno parte della storia recente. Io mi ricordo benissimo della nascita di William, com’è possibile che già si sposi? Io mi ricordo perfettamente di quando è salito sulla soglia pontificia Wojtyła, com’è possibile che sia già stato consacrato beato? Certo, l’ipotesi che io stia invecchiando non è sicuramente peregrina, ma ho come la sensazione che ci sia qualcosa di forzato in entrambe le celebrazioni; personalmente non ho seguito nessuna delle due, non sono particolarmente interessato né ai fatti della obsoleta aristocrazia inglese, né tanto meno alle vicende della teocrazia pontificia, però, sarà anche dovuto alla fretta con cui si è arrivati a questi eventi, mi viene da pensare che entrambi gli “avvenimenti mondani” siano parte di una strategia per tentare di rilanciare due istituzioni che, per vari e diversi motivi, sono sempre più in decadenza.

L’unica nota, per me, spiacevole di questi due eventi è che non sia stato invitato Berlusconi a fare un brindisi agli sposi o a ricordare di quella volta che andò a donne con Karol…

Sul finire degli anni ’80, Italia 1 in tarda serata, d’estate, cominciava a trasmettere la prima stagione di Star Trek: The Next Generation. Mentre attendevo con trepidante attesa l’inizio del nuovo episodio della saga creata da Gene Roddenberry, però, veniva trasmessa una strana serie TV, una sorta di incrocio fra una sit-com e un telefilm poliziesco, intitolato secondo l’adattamento italiano “Troppo Forte”.

L’idea del telefilm era di prendere il classico piedipiatti delle produzioni americane degli anni ’70 e ’80 ed esasperarne le caratteristiche di misantropia e senso di giustizia fino alle estreme conseguenze creando così Sladge Hammer.

Sledge Hammer è un ispettore di polizia che affiancato dal suo partner, la strafighissima  poliziotta Dori Doreau compie il suo dovere di tutore dell’ordine dando la caccia ai criminali. Fin qui la descrizione di quello che sembrerebbe un classico telefilm poliziesco se non fosse che Sledge è quello che comunemente verrebbe definito uno psicopatico. L’ispettore Hammer ha un solo scopo nella vita fermare i criminali e per farlo non si cura assolutamente dei metodi utilizzati: lui serve la collettività e non il singolo individuo che è sacrificabile rispetto al fine supremo di difendere la giustizia. Sledge è innamorato del suo lavoro che viene in secondo piano soltanto rispetto alla sua amata 44 magnum che chiama per nome e tratta come un’amante (l’episodio in cui gli viene rubata la pistola è da morir dal ridere). Per fermare un criminale, Hammer non si fa scrupolo a  far saltare in aria un palazzo con un bazooka o sparare fra la folla mentre ripete il suo motto: “Fidati di me, io so quel che faccio”.

La partner Dori Doreau cerca di stemperare i toni bruschi di Sledge, ovviamente,  con scarso risultato l’ultimo episodio della prima stagione, infatti,  termina con l’esplosione di un ordigno nucleare.

CREDITS

Titolo Originale: “Sledge Hammer”
Creato da:Leonard B. Stern
Musiche: Don Davis,Danny Elfman, Ron Grant, Lance Rubin
Prodotto da:Robert Ewing,Thomas John Kane, Robert Lovenheim, Alan Spencer
Episodi: Due stagioni per 41 episodi da trenta minuti andati in onda la prima volta dal 1986 al 1988 sulla ABC

CAST

Sledge Hammer – David Rasche
Dori Doreau – Anne-Marie Martin
Captain Trunk – Harrison Page
Agente Majoy – Leslie Morris
Norman Blates – Kurt Paul (1986-1987)
Agente Daley – Patti Tippo (1987-1988)


Da qualche giorno, tutte le mattine, andando a lavoro,  mi capita di sentire in radio uno  spot fra i più insulsi  che abbia mai ascoltato e dire che di radio ne ho ascoltata moltissima. Nelle intenzioni, il messaggio radiofonico dovrebbe servire a far riflettere i ragazzi circa l’uso improprio di sostanze stupefacenti nei fatti, a me personalmente, fa venire voglia di calarmi una mezza dozzina di pasticche di chetamina giusto a scopo antidepressivo.

In pratica, lo spot elenca una serie di attività assolutamente banali e pateticamente insignificanti espresse con tono allegro e spensierato contrapponendole  a una voce depressa che dice “io mi faccio”

Io faccio ingegneria e ho appena superato l’esame d’ammissione
Io faccio il meccanico e vivo in mezzo ai motori

Io mi faccio.

Io faccio l’Erasmus e vado a Parigi
Io faccio progetti con la mia ragazza per vivere insieme

Io mi faccio.

Io faccio il bassista in un gruppo e vado in concerto
Io faccio volontariato e ho un sacco di amici

Io mi faccio.

è ovvio che per qualunque essere umano dotato di raziocinio  farsi di cocaina sia molto più intrigante che vivere le vite squallide descritte nello spot.

Oggi, avendo cinque minuti liberi,  ho deciso di documentarmi su questo obbrobrio radiofonico per scoprire che si tratta di uno spot lanciato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri e che, dietro la sua realizzazione, c’è niente meno che Giovanardi (quello dei test anti-droga ai parlamentari prima e ai dipendenti pubblici dopo) e allora tutto appare chiaro; scopro poi che, nella campagna,  c’è anche un terribile spot TV con la colonna sonora interpretata da Nek (sì lo so  non lo caga più nessuno da anni e di certo sarebbe stato meglio Apicella). Ora non voglio rovinare la sorpresa a chi, come me, non guarda la TV e  si è perso questo capolavoro, dico solo che il vampiro dello spot non metterebbe paura nemmeno a Buffy, anzi ad essere onesto è molto più arrapante della tipa scialba che provoca l’impasticcato… Vabbè godetevi l’obbrobrio.

E’ la seconda volta che parlo di Sanremo questa volta per annunciarne il vincitore: Roberto Vecchioni. Sì lo so che arrivo buon ultimo a fornire questa rivelazione, l’han detto persino prima che vincesse, ma voglio parlarne perché Vecchioni che vince Sanremo con quella canzone mi ha personalmente messo tristezza. Chiariamo, io non sono del partito che il cantautore impegnato non possa cimentarsi in una manifestazione nazional-popolare, al contrario ritengo giusto mettere in gioco idee e ideali dandole in pasto a casalinghe e pensionati pur mantenendo sempre un certo snobismo intellettuale. Roberto Vecchioni è stato uno degli autori della mia adolescenza, uno di quelli che mi ha accompagnato per buona parte della mia vita; Vecchioni era il professore che avrei voluto avere a scuola. E’ vero anche che da almeno dieci anni, da “Sogna ragazzo sogna” la sua produzione musicale aveva perso gran parte della sua forza, sopratutto ideologica, e questa canzone, “Chiamami ancora amore”, rientra  nello stesso filone. “Chiamami ancora amore” non è un brutto pezzo, ma non risveglia in me nessuna emozione, in più è troppo accondiscendente, cosa che Vecchioni non è mai stato, verso una certa categoria di persone, quelle di cui parlo, per esempio,  qui e qui a cui Vecchioni toglie qualunque responsabilità per la situazione in cui versano rigettandola integralmente su una società matrigna. Questo pezzo, la stessa vittoria di Vecchioni a Sanremo è il sigillo apposto definitivamente su qualunque possibilità di cambiamento in questo paese, segna la fine di qualunque rivoluzione sociale e culturale che ci permetta di superare questo momento di telecrazia imperante perché finisce per omologare la protesta come funzionale al sistema rendendola di fatto parte di essa; in un certo senso questa canzone è il proseguimento della protesta fatta coi girotondi di qualche anno fa.

Ad ogni modo, visto che ho anche pagato il canone, quest’anno ci ho provato a vedere Sanremo, anche perché oltre a Vecchioni c’erano un paio di autori interessanti, ma non ce l’ho fatta proprio. La trasmissione era francamente inguardabile, i comici non facevano ridere, i presentatori non sapevano presentare e lo stesso momento “alto” con Benigni è stato più noioso del messaggio di fine anno di Napolitano, che almeno è più breve.

Ricordando Vecchioni:

Anno 2517 distrutta la Terra, l’umanità sopravvive colonizzando i pianeti di un nuovo sistema solare. I pianeti centrali, vicini al sole, divengono ricchi e tecnologici e formano l’Alleanza, in quelli più periferici, selvaggi e di frontiera, la legge e l’ordine non esistono. In breve si scatena una guerra per il controllo delle risorse fra l’Alleanza e gli indipendentisti che verranno in breve tempo schiacciati dalla maggiore potenza militare dell’Alleanza. Punto di svolta della guerra la battaglia di Serenity dove conosciamo il protagonista della serie, il sergente Malcolm Raynolds e la sua compagna d’armi Zoe. Terminata la guerra Malcolm e Zoe, diventano commercianti, comprano un’astronave da trasporto di classe Firefly, che chiameranno Serenity, e reclutano un equipaggio. Arriveranno così Wash, incredibile pilota che sposerà Zoe, Kaylee meccanico della Serenity ruolo che contrasta il suo essere una ragazza dolcissima, Jayne avventuriero dai modi rudi sempre a caccia di denaro e Inara, un’accompagnatrice, sorta di geisha futuristica, che affitta una navetta della Serenity per svolgere la sua attività nei mondi visitati dalla nave.

Nel primo episodio si uniscono Book un predicatore con un chiaro passato da combattente, Simon un medico e sua Sorella River cavia di esperimenti scientifici da parte dell’Alleanza. La Serenity vagerà per i pianeti facendo contrabbando e piccoli traffici illeciti cercando di restare lontani dall’Alleanza (che ha emesso un mandato di cattura su Simon e River) e di guadagnare almeno i soldi del carburante passando di avventura in avventura.

La serie chiusa in soli 14 episodi ha avuto un seguito nel bellissimo film Serenity.