Che giornata di merda. Una tour de force di 8 ore ad un tavolo tecnico-sindacale per qùadrare i conti e spaccare il capello e quando ne esco, distrutto, vengo a sapere che i problemi di un’amica, oggi, sono peggiorati ulteriormente , così penso, ancora:-mavaffanculova-. Certo che non è mai facile (cit.) fra l’altro stasera mi sono pure salito in cattedra per tenere una lezione telefonica, ad un ingegnere, pure in gamba, sui potenziali efetti negativi del mass-mailing mirato sia in termini giuridici che di immagine aziendale e devo dire che subito dopo mi sono sentito idiota come un avvocato che tiene un corso di informatica giuridica cercando di imbastire una discussione tecnica.
Il fatto è che sto pure dormendo poco e male e non credo che sia poi tutta colpa del lavoro. In realtà il 2007 è stato un anno pesante e finora il 2008 sembra peggio. Penso di aver bisogno di una vacanza e di distruggere lo stramaledetto cellullare.

23/10/2010 – In effetti il 2008 è stato maledettamente peggio

Poster choc è stato definito un ritratto di due studenti francesi che, come spiega la didascalia, per mancanza di alloggi si vedono costretti a fare sesso nel letto fra mamma e papà. L’immagine pubblicata dall’UNEF, il sindacato degli studenti francesi vuole ovviamente puntare il dito sulla carenza di posti letto per i fuorisede. Questo mi ha fatto riflettere su un paio di questioni. Da noi in italia non esiste un sindacato degli studenti, o meglio c’è molta attività politica e sindacale all’interno delle università ma saranno ormai venti anni che non ha alcun rilievo al di fuori dei Campus… ricordo come ultimo ad apparire sui giornali il movimento la Pantera contro la riforma universitaria alla fine degli anni ’80. Già questo la dice lunga sullo stato dell’Università italiana. La seconda riflessione riguarda gli alloggi. Qui, almeno negli anni ’90, le “Case degli Studenti” coprivano si e no il 10% del fabbisogno; gli altri studenti affittavano case fatiscienti a prezzo da strozzo per una misera camera doppia ,altro che Parigi e questo mi porta alla terza considertazione. Se i ragazzi francesi sono costretti a rimanere nel lettone con mamma e papà perchè non ci sono alloggi per gli studenti, da noi succede la stessa cosa anche a chi un lavoro ce l’ha ma non riesce a pagare l’affitto ormai pari a 2/3 dello stipendio medio. In tutto ciò la cosa divertente è che mentre in Francia il poster ha portato all’attivazione di una serie di canali per risolvere il problema con uno stanziamento di 620 milioni, da noi sarebbe stato lo spunto per una puntata del solito un talk show.

Cos’è reale e cos’è virtuale, se lo chiedono spesso gli autori cyberpunk degli anni ’90 impegnati a creare storie di persone disintegrate che, indossando guanti e occhiali, si realizzano mediante la realtà virtuale per loro più reale di quella vera.

Le esperienze di coinvolgimento offerte dalla realtà virtuale, che hanno la massima espressione nella sopravalutata Second Life, sono tutt’altro che vicine a quelle ipotizzate dai visionari cyberpunk ma alla carenza di tecnologia da sempre sopperisce la fantasia e il cervello ed oggi sempre più spesso RL e VL si confondono grazie ad internet e alle comunità virtuali veri e propri piccoli mondi con proprie regole. In VL un nick è una vera e propria identità e non sono infrequenti i tentativi di portare in reali tribunali le diffamazioni ad un nick. In effetti quando ti trovi a scrivere su un forum, su Usenet, in un blog, quand’anche lo fai con un nick tutt’altro che vicino alla tua identità, in quel momento sei lì, sei la persona che sta scrivendo e la tua personalità è quella che mostri agli altri in quel momento; in pratica metti in gioco la tua faccia anche se è diversa, di solito più bella, di quella vera. Il rischio è, infatti, che la personalità che riesci a crearti in rete sia più simpatica o apprezzata di quella reale e finisci per passare sempre più tempo in VL mettendo da parte la vita vera, i sogni, gli affetti e realizzandoti nella Rete dove trovi tutto quello di cui hai bisogno e dove puoi rifugiarti per scappare dalla vita piatta, monotona, asfissiante di tutti i giorni. Oggi i social network, in un certo senso, confondono ancora di più le acque portando nella VL la vita reale: webcam, fotografie, motti, in un social network, a meno che non si voglia farlo è sempre più difficile crearsi un’identità diversa da quella in RL, in maniera progressiva, anche se c’è la tendenza ad edulcorare i difetti. Tuttavia, anche se alla lunga porta all’alienazione, quanto è migliore un mondo virtuale di politici onesti e dove l’immondizia viene depositata nei cassonetti per poi sparire nelle discariche o negli inceneritori?

Per fato, scelta e necessità mi ritrovo a vivere due volte in provincia. Sostanzialmente trascorro la mia vita in una piccola città provinciale, senza monumenti di rilievo, disorganizzata, sporca, nessuna attività culturale, microcriminalità dilagante. Io ci sono abituato, la cosa non mi fa grande effetto, qui ci sono nato, salvo quando visito per lavoro o per turismo realtà diverse, città metropolitane, multiculturali, meglio organizzate paradossalmente più vivibili. Due volte in provincia, dicevo, perchè i costi delle case in questa, che, a rigor di logica, dovrebbe essere una città fantasma, complici, l’attaccamento alla terra degli indigeni e le forti speculazioni immobiliari degli ultimi anni, sono tali che acquistare una casa diviene impresa quasi impossibile e comunque tale da richiedere dei sacrifici che, francamente, non sono disposto a fare. La scelta obbligata quindi rimane la provincia della provincia. Un piccolo paese a 20 Km dalla città(come convenzionalmente definita). Uno di quei paesini che, come avviene in molti posti in Italia, ha spostato le proprie attività economiche dall’agricoltura all’indotto di una grande area commerciale, sorta lì negli ultimi 15 anni. Dunque il fato e un po’ le mie scelte mi hanno portato a rimanere ancorato ad una tediosa realtà provinciale altre scelte e la necessità mi hanno portato ad andare a vivere ancora più in provincia. Certo io avrei preferito rimanere nella città e la mia metà ancora di più; tuttavia il gusto per la competizione intellettuale, altrimenti detto spirito di contraddizione, mi porta spesso, nelle discussioni in proposito con la mia compagna, a riflettere molto su cosa sia effettivamente meglio fra la città di provincia e la provincia della città di provincia.

La GENTE
Una prima analisi va fatta sulle persone che popolano i due luoghi. Ovviamente questa è una forte generalizzazione ma vediamo i “cittadini” provinciali. Parliamo sostanzialmente di due categorie di persone. Da una parte gente gretta, tipicamente ignorante, approfittatrice e se non di fatto delinquente almeno potenzialmente secondo la convenienza. Dall’altra parte gente falsa, ipocrita, tendenzialmente ignorante (anche se diversamente dall’altra categoria), delinquente nello stesso senso degli altri ma con più risorse per fare danni. Vediamo ora gli abitanti della provincia della provincia. Da una parte gli autoctoni, mediamente anziani, ignoranti come capre, lenti come bradipi, attaccati a una realtà economica morta da anni che contano ancora in lire; dall’altra gente proveniente da altri posti (tipicamente la città) finita lì per convenienza tendenzialmente menefreghista, scostante, poco incline al dialogo che scappa appena può. Tutto ciò fino a quando si radica nella nuova realtà quandi si impegna nel tessuto sociale, economico e politico con l’obiettivo di ricreare il proprio luogo d’origine finendo per fare più danni di quelli che già ci sono.

GLI SPOSTAMENTI
Su questo non c’è storia. Nel paesino ti puoi muovere a piedi e hai tutto quel che serve a disposizione, se ti devi spostare con la macchina quasi certamente non avrai problemi di parcheggio e se devi andare in città, a patto che ci sia una strada decente di collegamento, impieghi lo stesso tempo che per spostarti da un quartiere all’altro (a meno di blocchi o incidenti di cui bisogna tenere conto). Nellè città, in generale, e in quelle di provincia in particolare, i mezzi pubblici funzionano male, non puoi muoverti a piedi, non c’è parcheggio per l’auto. C’è il vantaggio di potersi spostare in bici o in motorino ma questo va bene dove praticamente non esiste una stagione fredda. Di contro i costi per gli spostamenti sono a svantaggio della provincia. Dover fare 20Km quattro-sei volte al giorno, se pure ci si impiega meno di 10 minuti comporta un costo notevole in termini di carburanti e autovetture da cambiare ogni cinque anni (cedrto per compensare il costo della casa dovrei vivere tre volte).

IL COSTO DELLA VITA
Nel paesino tutto costa meno di almeno un 5% e sopratutto è facile trovare negozietti che hano roba di qualità nemmeno lontanamente confrontabile con quella del centro commerciale (che pure ho a due passi)

LA QUALITA’ DELLA VITA
Se è pur vero che nonostante quanto detto sopra la mentalità della gente di provincia, in molti casi, è troppo arretrata (specie per farci crescere un bambino) e pur vero che qui difficilmente si corre il rischio di essere aggrediti se si gira di sera oltre le nove cosa che capita normalmente in città (se è capitato a me che non sono proprio mingherlino, una donna o un bambino hanno il coprifuoco). Molto spesso, anche se poco pubblicizzate e male organizzate, nei paesini, specie di estate, ci sono molte più attività culturali che in una grigia città di provincia.

Potrei continuare per ore, e forse lo farò, ma per adesso riassumo tutto dicendo che da una breve analisi delle due realtà penso sia meglio vivere a Parigi.

Era più o meno il 1989, avevo circa 16 anni; i miei erano via, mio nonno viveva da noi dopo aver avuto un infarto e l’impianto di un pacemaker, lui come al solito si era addormentato in cucina con la testa sul tavolo guardando in TV pochi minuti del Maurizio Costanzo Show (quando si addormentava gli cadeva sempre la testa sul tavolo sbattendo anche rumorosamente ma non si svegliava, quando è morto pensavamo si fosse addormentato). Io nella mia stanza in penombra, tetra l’atmosfera, ero seduto alla mia scrivania, la stessa da dove scrivo ora, smanettavo davanti al C=64: cercavo, ricordo, di catturare un immagine da un videogioco ma non avevo azzeccato i colori. Stavo ascoltando Ophelia di Guccini dall’album Due Anni Dopo del 1970… poco fa la stavo cantando a mio figlio che rideva.